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Migranti, cosa succede a Idomei tra Grecia e Macedonia

L’accordo con la Turchia non è ancora stato firmato, ma le frontiere dei Paesi che compongono la rotta balcanica sono state già sbarrate, anticipando quanto previsto dal piano di gestione dei migranti di Ankara e Bruxelles. A pagarne le conseguenze, nell’immediato, sono i migranti stessi, intrappolati tra uno Stato e l’altro. Nel confine tra Grecia e Macedonia, a Idomeni, sono tra i 35 e i 40 mila i migranti in attesa di capire se potranno restare in Europa e proseguire il loro viaggio o se saranno trasferiti in Turchia.

REAZIONE A CATENA

La Macedonia ha deciso, nella nottata di oggi, di chiudere gli ingressi ai migranti provenienti dalla Grecia. La decisione, ha spiegato il governo di Skopje, è una conseguenza della chiusura dei confini da parte della Slovenia a cui hanno subito fatto seguito anche Croazia e Serbia. Ma le persone continuano ad arrivare in Grecia dalla Turchia – il governo greco dice che stanno diminuendo da 2000 a 700 al giorno – e al momento sarebbero circa 40 mila i migranti fermi nel paese ellenico.

L’ATTESA A IDOMENI

Durante l’anno appena trascorso – si legge sul sito della BBC – sono stati migliaia gli uomini e le donne ad aver attraversato il confine tra Grecia e Macedonia per proseguire verso nord. Poi Skopje ha iniziato a limitare gli accessi: prima ai soli siriani, afghani e iracheni fino a limitarsi a far passare solo i siriani provenienti da zone di conflitto. Così, nell’attesa di poter passare, circa 15 mila migranti si sono stabilizzati a Idomeni, paesino posto al confine greco-macedone che ne potrebbe ospitare al massimo 1.200, in cui scarseggiano beni di prima necessità, luoghi in cui dormire o aspettare e in cui le condizioni igienico-sanitarie sono disastrose.

CONDIZIONI DISUMANE

Nel campo di Idomeni piove da giorni. Un campo che nessuno si è preso la briga di organizzare, si legge in un reportage dell’Osservatorio Balcani e Caucaso, in cui migliaia di persone aspettano ammassate. Le tende da campeggio vengono piantate anche nella stazione dei treni e vicino ai binari e gli addetti fanno fatica a convincere le persone ad accamparsi a una distanza di sicurezza sufficiente. Nella notte tra il 7 e l’8 marzo dal campo sono stati ricoverati 14 bambini nel vicino ospedale di Kirkis a causa del freddo e del gelo. Condizioni disumane denunciate anche dal medico Xand van Tulleken sul Guardian. Van Tulleken ha percorso la rotta che dalla Grecia porta fino alla Francia e, malgrado abbia lavorato come volontario in Darfur durante il genocidio, in Uganda e Congo, in Europa ha visto la situazione più spaventosa, in cui la mancanza di organizzazione dei campi mette a repentaglio la salute di donne, uomini e bambini che restano per mesi in condizioni precarie.

LA DENUNCIA DI MEDICI SENZA FRONTIERE

Una situazione, quella di Idomeni, denunciato anche da Medici Senza Frontiere che, scrive in una nota pubblicata sul sito, sta spendendo”50.000 euro al giorno per fornire ripari, sacchi a pelo, tende e assistenza di base”. La situazione a Idomeni si è aggravata con la chiusura totale delle frontiere, ma prima non era certo rosea: “Il 29 febbraio – si legge ancora – una protesta è degenerata rapidamente quando la polizia macedone ha iniziato a lanciare gas lacrimogeni sui rifugiati” che cercavano di attraversare il confine, esasperati per le condizioni del campo e per le prospettive future sempre meno rosee. Inoltre, una fonte dall’organizzazione Medici Senza Frontiere ha detto al canale televisivo albanese Top Channel, che presto si apriranno tre punti di primo soccorso per i profughi al confine con l’Albania, nella zona di Qaf Bota, Kakavija e Kapshtica.

NUOVI HOTSPOT

La decisione della Macedonia, come si è detto, ha avuto una ricaduta terrificante in Grecia. Il campo profughi di Idomeni è quasi al collasso ed è per questo che la Grecia sta cercando di indirizzare il flusso verso la Bulgaria e l’Albania per alleggerire la pressione nel territorio. Lo afferma il canale televisivo albanese Top Channel, citando fonti del ministero estero greco, secondo cui “ci sono colloqui in corso per organizzare il passaggio di 10.000 rifugiati in Albania”. Elona Gjebrea, il vice ministro degli Interni, ha confermato che i colloqui sono nella loro fase iniziale. “Non vi è alcun accordo con la Grecia, ma ci sono colloqui in un livello di Unione europea”, ha detto Gjebrea. Intanto, alcune migliaia di rifugiati e migranti saranno messi nelle città di Follorina, Kastoria e Ioannina, vicino al confine albanese. Le autorità hanno iniziato a lavorare alla creazione di strutture con capacità fino a 5.000 persone. Quattro centri di “hot spot” saranno allestiti in Filipiadha, Igoumenitsa e alle due basi militari in Ioannina. (Ha collaborato Lavdrim Lita)

IL DIALOGO ITALIA-ALBANIA

Per questo la settimana scorsa il ministro dell’Interno albanese Saimir Tahiri si è recato al Viminale per discutere con il ministro Angelino Alfano le modalità di un ingaggio della polizia italiana e di esperti di anti-terrorismo per far fonte al possibile flusso di rifugiati e migranti in territorio albanese. Negli ultimi giorni circa 500 agenti di polizia albanesi sono stati dispiegati alle frontiere orientali per operazioni di pattugliamento. Lunedì il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi e mercoledì il capo di stato maggiore della Difesa Claudio Graziano sono stati a Tirana per discutere dell’impegno comune con Albania su immigrazione e sicurezza. (Ha collaborato Lavdrim Lita)

(Foto: Freedom House/Flickr, settembre 2015)



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