Per conoscere il nome del nuovo amministratore delegato di Unicredit, Jean-Pierre Mustier, è stato necessario attendere oltre un mese dalle dimissioni di Federico Ghizzoni (comunque rimasto formalmente alla guida della banca) ma meno di quanto era stato paventato dal presidente Giuseppe Vita, che aveva invitato ad attendere fino alla fine di luglio in una intervista al Sole 24 Ore che fece indispettire molti soci per i tempi lunghi che si prefiguravano. Tra l’altro Vita pare uscire indebolito da tutta la vicenda, perché sembrava sostenesse anche la candidature dei due banchieri interni Gianni Franco Papa e Carlo Vivaldi, scartati tuttavia per la richiesta di discontinuità con la passata gestione arrivata dagli azionisti: anche per questo è stato scelto Mustier.
CHI E’ IL NUOVO CAPO AZIENDA
Il nome del nuovo ad è, così, arrivato l’ultimo giorno di giugno, con i soci di Unicredit che probabilmente hanno cercato di accelerare il dossier per le forti turbolenze sui mercati provocate dalla decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione Europea. E anche le parole del premier Matteo Renzi, che di recente aveva invitato a fare presto con la nomina anche nella conferenza stampa successiva al vertice europeo post Brexit, devono avere giocato un ruolo fondamentale, oltre a un forcing della Bce. Il nuovo timoniere della seconda banca italiana per capitalizzazione e prima per presenza internazionale si chiama Jean-Pierre Mustier, ha 55 anni e ha già lavorato in Unicredit tra il 2011 e il 2014, chiamato ironia della sorte proprio da Ghizzoni alla guida della divisione banca d’investimento del gruppo. Nel 2014, però, Mustier lascia perché, si dice, già allora aveva individuato per l’istituto di credito la necessità di una iniezione di capitale. E questo è un nodo cruciale di tutta la faccenda, perché il nuovo ad di Unicredit dovrà “chiamare” un aumento di capitale da almeno 5 miliardi (a detta degli analisti), operazione che Ghizzoni – si dice – non potesse attuare perché il mercato (e gli azionisti) avevano perso la fiducia in lui, e forse anche perché egli stesso non lo voleva. Soprattutto, però, Mustier è noto perché, all’epoca in cui lavorava in Société Générale, era il capo del trader Jerome Kerviel, noto per avere provocato un buco da 5 miliardi di euro per investimenti in derivati. Non proprio, dunque, un banchiere retail, come invece aveva auspicato pubblicato l’azionista di Unicredit, Francesco Gaetano Caltagirone. (Qui la biografia completa di Mustier in un articolo di Formiche.net)
CHI LO HA VOLUTO (E CHI NO)
Ma, poiché fino a pochi giorni fa per la guida di Unicredit circolava una ridda di nomi che dava l’idea di una certa confusione e di una mancanza di accordo tra gli azionisti, chi ha voluto Mustier? Secondo Giovanni Pons di Repubblica, la scelta è il frutto di un’alleanza tra le due fondazioni socie di Unicredit, Crt e Cariverona. Scrive Pons: “Il colpo di reni sembra l’abbia avuto Palenzona (Fabrizio, vice presidente di Unicredit e uomo forte della Fondazione Crt, nella foto, ndr), che si è incamminato sulla strada di Verona per ricucire i vecchi strappi con il collega fondatore Biasi (Paolo, ex presidente dell’ente veronese ancora molto influente, ndr). E la ricongiunzione ha prodotto i suoi effetti tanto che la scelta di Mustier può essere a buon titolo considerata una medaglia al petto delle fondazioni azioniste”. Il tutto mentre, sembra, i soci italiani e arabi non abbiano gradito. Sempre secondo Pons, Alessandro Caltagirone (figlio di Francesco Gaetano, azionista di Unicredit con circa l’1%) si è astenuto e Luca Montezemolo ha dato il suo sì a denti stretti nel comitato nomine di mercoledì sera che ha trovato la quadra su Mustier, perché quest’ultimo non era il loro candidato preferito. “L’ultima convergenza non risolutiva – aggiunge Pons – ha visto andare a braccetto Caltagirone e Montezemolo per sponsorizzare il gran rientro nell’arena bancaria di Corrado Passera (ex numero uno di Intesa prima di approdare nel governo Monti come ministro dello Sviluppo, ndr) dopo i passi a vuoto sul terreno della politica”.
Anche Fabrizio Massaro del Corriere della Sera propende per questa tesi: Mustier, scrive, “deve conquistarsi quei soci (vedi Caltagirone) che avrebbero preferito un altro profilo, un banchiere commerciale, e che parlasse italiano”. A ogni buon conto, Massaro riferisce che Mustier si sarebbe già messo al lavoro, prendendo lezioni di italiano. Marco Ferrando, sul Sole 24 ore, aggiunge che a sostenere il neo ad sarebbe stata anche Lucrezia Reichlin, che siede nel cda della banca in rappresentanza dei soci di minoranza. “L’idea Mustier – scrive Ferrando – sarebbe nata da un inedito asse a tre con Biasi e Reichlin, mentre qua e là qualche mugugno si percepisce, soprattutto nell’area soci privati – (Caltagirone in testa): non tanto sulla nomina di Mustier (né in comitato né in consiglio sono arrivati voti contrari), ma sulla svolta che si chiede da tempo e che per ora tarda arrivare”.
I PRIMI DOSSIER
Guardando al futuro, ora l’ad di Unicredit, che si insedierà dal 12 luglio nel grattacielo di Piazza Gae Aulenti, dovrà dedicarsi al necessario aumento di capitale. “Gli obiettivi fondamentali dovranno essere il rafforzamento dei requisiti di capitale e la crescita dei risultati economici”, ha non a caso dichiarato Mustier in una nota. Secondo il Corriere della Sera, “ora si attende un nuovo piano strategico, che Mustier ha già preannunciato ieri, per migliorare margini e profittabilità, e un rinnovamento nella prima linea manageriale che da più parti viene chiesto, innanzitutto dagli stessi azionisti e consiglieri che nella notte tra mercoledì e giovedì, sia pure con qualche mal pancia, lo hanno scelto come capoazienda. Un’unanimità necessaria come segnale per il mercato, soprattutto”.
Stando a un commento di Alessandro Graziani sul Sole 24 ore, “la prima sfida che attende il nuovo chief executive officer di Unicredit riguarda le rassicurazioni da dare al mercato e ai grandi azionisti sull’aumento di capitale, finora escluso dal ceo uscente Federico Ghizzoni. Mustier avrà piena libertà operativa di valutare se, quanto e quando ricapitalizzare per alzare l’asticella dei ratios patrimoniali ben oltre i livelli degli Srep della Bce. Ma per farlo, e recuperare attrattività su un mercato che sta vendendo a piene mani i titoli di UniCredit, dovrà inevitabilmente presentarsi agli investitori globali con un nuovo piano industriale che ridefinisca le attività del gruppo”.
Non solo. Secondo Massaro, “anche la banca sarà rivista. Si torna a parlare della ipotesi di costituire una holding separando dal punto di vista societario le attività bancarie nei vari Paesi, Italia compresa, per la cui guida si vuole individuare una figura forte di banchiere (italiano)”. Una eventualità, quest’ultima, che potrebbe rappresentare un modo per andare incontro a quegli azionisti che avrebbero preferito un altro profilo per il nuovo ad della banca. Resta, inoltre, aperto il cantiere delle cessioni, indispensabili per Unicredit per fare cassa e fare quadrare i conti. Secondo il Corriere della sera, “si parla delle polacca Pekao e della Turchia, ma sono due gioielli della corona per di più difficili da separare dal gruppo. C’è poi sempre pendente l’alleanza con il Santander nel risparmio gestito attraverso Pioneer, che però si trova in un limbo autorizzatorio: Mustier potrebbe voler rivedere l’accordo”. Insomma, si vedrà. Di certo a Mustier il lavoro non manca.