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Cosa ha scoperto la commissione Fioroni sull’omicidio Moro

Terza e ultima puntuta dell’inchiesta di Stefano Vespa su quanto emerge dai lavori della commissione parlamentare. La prima e la seconda puntata si possono leggere rispettivamente qui e qui.

UN CLIMA PARTICOLARE

Nel corso delle audizioni tante volte i commissari hanno avuto conferma di un clima particolare durante il sequestro. Per esempio, il 21 gennaio scorso il prefetto Ansoino Andreassi, oggi in pensione e all’epoca dirigente del commissariato Montesacro, ha detto: “Sono sempre stato convinto che ci fosse qualcuno che ci voleva portare per forza in via Gradoli e noi non ci siamo andati, non perché non volessimo, ma perché non capimmo”. Fioroni ha replicato: “Oppure diciamo che c’era qualcuno che ci voleva mandare per forza in via Gradoli e c’era qualcun altro che ha fatto di tutto perché non capissimo”. “Esatto”, ha risposto Andreassi. Si può citare Gennaro Acquaviva, uno dei più stretti collaboratori di Bettino Craxi, che nell’audizione del 22 giugno ha ricordato la lettera di Moro indirizzata al segretario del Psi e consegnatagli da Sereno Freato (collaboratore di Moro): quando Acquaviva chiamò Spinella per consegnargli la lettera che fece scoppiare in lacrime Craxi, il dirigente della Digos gli “dette la sensazione dell’impotenza assoluta. Mi disse: «Ma che stiamo a perdere tempo?»”. Alla domanda di Fioroni sul fatto che, in sostanza, Spinella desse per scontato che bisognava solo aspettare la morte, Acquaviva ha confermato che il concetto espresso dal dirigente della Digos romana era stato semplicemente che non ci fosse più niente da fare, che “era finita”. Su questo punto, però, è opposta l’opinione di Mario Fabbri, ascoltato il 29 giugno: ha escluso che Spinella abbia mai “mollato” e anzi “ha sempre spinto al massimo tutti”.

Si dà anche molta importanza a un dettaglio rivelato il 9 giugno da Adelmo Saba, all’epoca poliziotto in servizio al commissariato Monte Mario: uno degli uomini della scorta di Moro, del quale non ricorda il nome, era stato messo in licenza all’improvviso per quel 16 marzo e successivamente gli disse: “Adelmo, mi hanno voluto salvare”. I commissari non credono a una mitomania di quell’agente bensì a un episodio reale spiegabile solo con un’oscura trama.

LE TANTE VERITA’ PRIMA DELL’OMICIDIO

Vent’anni dopo, Raffaele Cutolo è tornato a garantire che Moro poteva essere salvato, ma che addirittura sarebbe stato Antonio Gava a far sapere ai camorristi di lasciar perdere. Sul Corriere della Sera del 26 giugno è stato pubblicato il verbale dell’interrogatorio al quale il boss della Nuova camorra organizzata è stato sottoposto nel carcere di Parma il 25 marzo dai pm della procura di Roma, verbale secretato e chiuso in cassaforte dalla commissione d’inchiesta e che da altre fonti è stato dato alla stampa. Una “verità”, quella di Cutolo, già commentata su Formiche.net da Francesco Damato.

Molto si dovrà ancora scoprire sulle modalità e i reali esecutori dell’omicidio del leader dc. Il recente libro del giornalista Paolo Cucchiarelli, “Morte di un Presidente”, con due perizie realizzate ad hoc demolisce le “verità” balistiche ed è probabile che alla stessa conclusione giungeranno le perizie della commissione d’inchiesta. Inoltre, il 4 febbraio scorso la commissione ascoltò monsignor Fabio Fabbri, stretto collaboratore di monsignor Cesare Curioni, ispettore generale dei cappellani carcerari nel 1978 e una delle persone che più si impegnò per la liberazione di Moro. Monsignor Fabbri ha raccontato di aver avuto per primo le foto dell’autopsia di Moro e che monsignor Curioni quando le vide disse: “So chi l’ha ucciso”, riferendosi a una rosa di sei fori di proiettile che non toccavano il muscolo cardiaco. Si riferiva alla tecnica di un giovane che aveva conosciuto nel carcere minorile Beccaria e che era un killer professionista. Non un brigatista, dunque, ma secondo Cucchiarelli lo ‘ndranghetista De Vuono.

E’ certo che dalle prossime audizioni e dalle indagini in corso emergeranno altri tasselli di un puzzle molto diverso da quello conosciuto. Tanto che, fin da ora, dobbiamo sperare che il lavoro della commissione possa continuare anche nella prossima legislatura.

(3/fine)



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