Il reddito di cittadinanza, le banche, il fisco ed altro ancora. In queste settimane Formiche.net ha iniziato un viaggio nell’economia a 5 Stelle per capire quali siano le proposte avanzate dal MoVimento guidato da Beppe Grillo e Luigi Di Maio. Idee sulle quali in questa conversazione si pronuncia l’economista liberista Mario Seminerio, curatore del blog Phastidio.net.
IL REDDITO DI CITTADINANZA
“E’ un sogno, una fiaba che fa leva sulle difficoltà in cui si trovano costretti ampi strati della popolazione“. E’ un giudizio nient’affatto positivo quello che Seminerio riserva alla principale proposta economica pentastellata. Idea definita anche condivisibile da un punto di vista meramente astratto, ma assolutamente irrealizzabile nella pratica: “Le coperture reali semplicemente non esistono“. Quello che si dovrebbe fare – argomenta invece Seminerio – è la “riorganizzazione generale del welfare assistenziale. Ripetono continuamente che una misura del genere manca solo da noi, ma si dimenticano di dire che abbiamo altre forme di reddito di cittadinanza, come ad esempio un sistema pensionistico che negli anni passati è stato eccessivamente generoso“.
LE MISURE CONTRO L’IMPOVERIMENTO
Ciò non vuol dire, però, che non si debba dare un contributo in termini di lotta alla povertà. Il problema, semmai – osserva Seminerio – risiede nelle soluzioni proposte e nella disponibilità a fare qualche sacrificio. “In questo senso è chiaro che sarebbe necessario ridisegnare complessivamente il modo con cui i soldi pubblici vengono spesi. Parlando più direttamente, si dovrebbe per forza togliere qualcosa a qualcuno“. Interventi di razionalizzazione della spesa che, però, quasi automaticamente in Italia producono mal di pancia e rimostranze, con la conseguenza di bloccare tutto. “E’ troppo facile dire introduciamo il reddito di cittadinanza e finanziamolo con il taglio degli F35 o delle autoblu. Per sostenere chi è in difficoltà servono molte più risorse, che si possono ottenere solo attraverso una ridefinizione complessiva del nostro sistema di spesa“.
LE PRIVATIZZAZIONI SECONDO I CINQUESTELLE
No alle privatizzazioni, i cui proventi, in ogni caso, dovrebbero essere destinati agli investimenti e non alla riduzione del debito. Una posizione – quella del MoVimento 5 stelle – che non trova la condivisione di Seminerio, nonostante il suo punto di partenza, in fondo, non sia così diverso da quello dei pentastellati: “Anche io sono molto critico su queste cosiddette privatizzazioni. Non stiamo privatizzando alcunchè, ma solo cedendo sul mercato quote di minoranza di aziende come Poste Italiane, per portare a casa quattro spiccioli“. L’esito del suo ragionamento, però, è completamente diverso: “Questo non è un buon motivo per proporre che il ricavato non sia destinato a risanare i conti pubblici. La storia italiana evidenzia come gli investimenti pubblici – in questo caso non si capisce neppure su che cosa – altro non siano che soldi buttati nello sciacquone. Per questa ragione meglio utilizzare quei fondi per ridurre – anche solo di un’unghia – il debito pubblico“.
IL TAGLIO DELL’IRAP PER LE START-UP
Un’altra delle proposte a cinquestelle riguarda l’abolizione dell’Irap – l’imposta regionale sulle attività produttive – per le microimprese e le start-up. “Pur nella genericità, è l’idea più concreta e condivisibile dei cinquestelle, anche perchè nella sua fase di avvio potrebbe avere un costo abbastanza contenuto“, commenta Seminerio. “Tuttavia ,molto dipenderà da come la si declina“, aggiunge l’economista: “E’ una proposta che definirei quasi tautologica: è difficile sia confutarla che essere in disaccordo. Dipende tutto da come verrebbe concretamente attuata“.
LA BATTAGLIA CONTRO EQUITALIA
Chiudere Equitalia è un altro dei principali refrain dei pentastellati, che su questo punto sembra siano riusciti a convincere anche Matteo Renzi. Una battaglia dai forti tratti demagogici secondo Seminerio: “Se non la fa Equitalia, qualcun altro della riscossione si dovrà pur occupare. Come spesso succede ai cinquestelle, si guarda il dito anziché la luna. Il problema di questo Paese è la vessazione da parte del fisco, nel quale l’Agenzia delle Entrate opera come signora incontrastata“. L’economista, dunque, è convinto che il problema non sia tanto Equitalia, quanto l’Agenzia delle Entrate: “I pentastellati se la prendono con il braccio operativo e non con la mente che c’è dietro“.
IL M5S E LE BANCHE
Come sottolineato in questo articolo di Formiche.net, i cinquestelle propongono anche l’introduzione dell’obbligo di separare l’attività delle banche d’affari da quelle commerciali. “Non mi risulta che i problemi del sistema creditizio italiano siano attribuibili al fatto che da noi c’erano delle investment bank che hanno distrutto la componente della banca commerciale“, commenta Seminerio: “Anche in questo caso prevale la logica dello slogan a tutti i costi che nel caso di specie punta il dito contro i banchieri“. Una proposta dunque che andrebbe bene per altri Paesi, nel quale le banche d’affari hanno molto più peso come gli Stati Uniti? “Negli Usa le banche ad un certo punto si sono allargate un po’ troppo, anche se poi la situazione è migliorata con la legge Dodd Frank che ha limitato in maniera significativa i margini di manovra delle banche“. E in Italia, invece, qual è stato l’errore principale del sistema bancario? “Hanno prestato male e non hanno considerato correttamente il livello di rischio implicito nelle operazioni. In un numero non limitato di casi ci sono state politiche creditizie dissennate. Cosa c’entri questo con la banca universale – che agisce come investement bank e banca commerciale – non riesco a coglierlo“.
LA VALUTAZIONE COMPLESSIVA
Complessivamente, quindi, – almeno per il momento – è molto dura la valutazione che Seminero dà delle idee economiche dei pentastellati. Tuttavia – ed è lo stesso economista a dirlo – bisognerà aspettare ancora per esprimere giudizi definitivi: “Come dicono gli inglesi, la prova del budino consiste nel mangiarlo. Se arriverannno nella stanza dei bottoni, vedremo cosa saranno in grado di fare. Personalmente ho fortissimi dubbi che siano in grado di gestire il governo del Paese. Ma se arrivasssero a Palazzo Chigi e si dimostrassero all’altezza del ruolo – che impone di mettere da parte le proposte per lasciar inevitabilmente spazio al realismo – sarei pronto a fare ammenda e a chiedere scusa per essere stato così sospettoso e cinico nei loro confronti“.