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Stress test, ecco i risultati di Mps, Ubi, Banco Popolare, Unicredit e Intesa Sanpaolo

Mps bocciata, con un differenziale di oltre 14 punti percentuali rispetto al valore attuale. Superano il test Unicredit (7,12%), Ubi (8,85%) e Banco Popolare (9,05%) che in caso di crisi finanziaria presentano al 2018 un Cet1 comunque inferiore alla media europea del 9,4%, nel rapporto tra il capitale totale e gli investimenti a rischio. Promossa Intesa Sanpaolo con un Cet1 del 10,24% nel 2018, unica tra le big europee che sotto stress ha un risultato superiore a quello registrato in condizioni normali, pari al 9,4%. E’ questo in sintesi per gli istituti di credito italiano l’esito dello stress test operato dall’Eba e che ha ricevuto critiche di rilievo da esperti come l’economista bocconiano Donato Masciandaro, uno dei massimi esperti di regolamentazione finanziaria (qui l’intervista di Formiche.net).

LA NOTA DELL’EBA

Sul piano continentale l’Eba segnala nella sua nota che il settore bancario europeo «resiste ad uno shock severo». Lo scenario ipotizzato dall’Eba, l’autorità bancaria europea guidata da Andrea Enria (nella foto) è infatti piuttosto drastico: per l’eurozona si ipotizza una contrazione del Pil dell’1% quest’anno e dell’1,3 il prossimo, quando le previsioni indicano una crescita dell’1,8 per il 2016 e dell’1,9 nel 2017.

LA MAPPA IN EUROPA

Il rapporto tra capitale della migliore qualità e impieghi-investimenti delle banche fotografa differenze già note: il Cet1 delle banche tedesche nello scenario avverso è 9,5 per cento, di quelle francesi è 9,7 per cento, mentre l’Italia sta al 7,7 (scontando l’Mps non ancora ricapitalizzato), mentre austriaci e irlandesi stanno tra il 7,3 e il 7,5. La media delle 51 banche europee prese in esame dall’Eba, collocate in 15 paesi europei, che complessivamente rappresentano il 70% degli attivi bancari dell’Unione, è pari al 9,4 per cento.

IL CET1 DELLE ITALIANE

A contribuire al risultato degli stress test, gli esami «sotto sforzo» compiuti dall’Eba, che calcolano il Cet1, cioè il rapporto tra il capitale di miglior qualità della banca e i suoi impieghi, è la «media» delle maggiori banche, Intesa, Unicredit, Banco Popolare e Ubi. La stessa Banca d’Italia, in una nota, ha parlato di «buona tenuta» del sistema italiano se si considera che tra le cinque banche c’è il Monte dei Paschi che, in una situazione di recessione ovvero sotto stress, andrebbe ad un capitale negativo del 2,44%. Situazione tuttavia che sarà evitata, come nota Via Nazionale, grazie alla ricapitalizzazione di 5 miliardi varata ieri (qui l’approfondimento di Formiche.net sul piano approvato ieri dal cda di Mps su sofferenze e ricapitalizzazione).

I NUMERI DI MPS E DELLE ALTRE IN EUROPA

Meno 2,44%, dunque, nel 2018, per la banca guidata dall’ad, Fabrizio Viola. Livello in caso di «scenario avverso», configurabile come il combinato disposto tra un Pil italiano inferiore del 6% nei prossimi tre anni, un deprezzamento generale del valore delle case e un importante peggioramento del rating sui titoli di Stato. Mps è risultata la peggiore in Europa nella prova sotto sforzo dell’Eba che ha monitorato nel complesso 51 istituti, escludendo quelli di Grecia e Portogallo ritenuti Paesi con un sistema bancario ancora piuttosto fragile. Ma la banca toscana era un’osservata speciale, come la spagnola Santander (con un Cet 1 in caso di crisi dell’8,69%), la tedesca Deutsche Bank (7,8%, ma con il peggioramento più marcato rispetto al 2015 a causa della sua esposizione sui derivati), la francese Bnp Paribas (8,59%) e l’inglese Barclays (7,3%) e l’irlandese Allied Irish (7,39%). Queste, a differenza dell’istituto senese, definite sistemiche per i potenziali effetti globali in caso di fallimento secondo la denominazione Sifi. A livello Paese – osservano gli analisti, è proprio l’Italia a soffrire di più con un coefficiente patrimoniale medio del 7,7% in caso di scenario avverso, peggio di Spagna (8,6%), Regno Unito (8,5%), Germania (9,5%) e Francia (9,7%).

I CONFRONTI

Il dato da tenere presente per il confronto – chiosano gli analisti – è quello del Cet1 prodotto dalla Bce nel Srep di fine 2015. Con questo metodo Intesa Sanpaolo è l’unica banca italiana a registrare un livello di Cet1 nello scenario avverso superiore al target Srep attualmente in vigore. Facendo il confronto con l’unico target Srep disponibile, quello in vigore da gennaio 2016, Intesa resterebbe sopra quella soglia (pari al 9,5%) anche nello scenario avverso: la discesa del Cet1 dell’istituto si fermerebbe infatti al 10,24%, 74 punti base sopra il target. Scivolerebbe invece 50 punti base sotto il target il Banco Popolare (9,05% contro 9,55%), anche se l’esercizio Eba non considera l’aumento di capitale da un miliardo realizzato in giugno, che consentirebbe all’istituto, come sottolineano fonti finanziarie, di mantenersi sopra il livello Srep 2016. Per quanto riguarda Ubi Banca, la differenza tra il Cet1 2018 nello scenario avverso (8,85%) e il target Srep 2016 (9,25%) è di 40 punti base, mentre la divaricazione è decisamente più consistente per Unicredit (-288 punti, 7,12% contro 10%) che fa peggio e già annuncia, con una nota serale, di valutare misure sul capitale. Soddisfatta Mediobanca, che vedrebbe nello scenario avverso al 2018 un Cet1 all’11,46%, largamente superiore al requisito Srep oggi pari all’8,75%.



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