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Cosa farà il governo per il post terremoto

Il bilancio provvisorio di 247 vittime e 264 feriti comunicato dalla Protezione Civile nella tarda mattinata di oggi traduce in numeri, anche se solo parziali, il disastro cui cittadini, soccorritori e governo devono far fronte dopo la scossa che ha colpito l’Italia centrale nella notte tra martedì 23 e mercoledì 24 agosto. Nell’immediato, si allestiscono tendopoli (3400 posti nei campi già organizzati) e i soccorritori continuano a scavare con la speranza di salvare cittadini ancora in vita, come è avvenuto per Giorgia, la bambina di 10 anni estratta viva dopo 15 ore sotto le macerie a Pescara Del Tronto.

Dal punto di vista operativo, il Consiglio dei ministri si riunisce oggi alle 18: si discuteranno le prossime mosse e saranno stanziate risorse per gestire l’emergenza. Intanto le polemiche sulla quasi totale mancanza di edifici antisismici in zone ad alto rischio riprende corpo, come avvenne dopo i terremoti a l’Aquila (2009) e in Emilia (2012). Per la ricostruzione vera e propria invece, ha spiegato il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, “non è possibile indicare una cifra precisa”.

LE IPOTESI ALLO STUDIO

La strada da percorrere, secondo Mauro Grassi, coordinatore della task force per gli interventi antidissesto idrogeologico della Presidenza del Consiglio (non ha competenze specifiche sui terremoti ma è uno degli uomini in prima linea di Palazzo Chigi sulla prevenzione territoriale, spiega il Sole 24 Ore) dovrebbe essere “un Piano di prevenzione da 4 miliardi l’anno per 20 anni, 2 miliardi per l’idrogeologico e 2 per l’antisismico […] che tenga conto anche di interventi privati incentivati nel settore”, misura che è già allo studio dell’esecutivo, riporta Il Corriere Della Sera. Si dovrebbero “rafforzare gli sconti fiscali per chi fa una ristrutturazione anti sismica. Ci sono già ma risultano inutilizzabili nei condomini dove per far partire i lavori bisogna essere tutti d’accordo – spiega il Corsera -. L’idea è che sia lo Stato a farsi carico delle spese per chi non può permettersele e anche per gli incapienti, chi non paga tasse e con gli sconti fiscali non recuperare nulla”. Allo studio, considerate le risorse sempre più scarse delle finanze pubbliche, anche la possibilità di rendere obbligatoria l’assicurazione sugli immobili nelle zone ad alto rischio sismico.

ADEGUAMENTO SISMICO

L’Italia (insieme con Grecia e Turchia) è tra i Paesi europei con la percentuale di rischio sismico più alta e tutta la superficie del Paese è zona a rischio, seppure suddivisa in zone di rischio differenti, ed è per questo che su tutti il territorio nazionale è (dovrebbe essere) obbligatorio costruire secondo le norme contenute nel decreto ministeriale 14 gennaio 2008, in cui si distinguono le classi d’uso degli edifici (suddivisi in base alla conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso). Inoltre, come ha ricordato il professore Paolo Rocchi, ordinario di consolidamento degli edifici storici alla Sapienza (oggi fuori ruolo), al Sole 24 Ore, un’ordinanza del 2004 “prevedeva verifiche sugli edifici strategici, tra i quali sono stati inclusi anche i beni culturali, come biblioteche o musei. Ma queste verifiche, che avevano anche una scadenza, in realtà non sono state fatte […]. Perché se lei fa queste verifiche, e si accorge che l’edificio non è in regola, che fa, lo chiude? E quindi non le ha fatte nessuno”.

LA SCUOLA DI AMATRICE RISTRUTTURATA NEL 2012

In alcuni casi i lavori di adeguamento antisismico sono stati fatti. La scuola “Romolo Capranica” di Amatrice, infatti, era stata ristrutturata nel 2012, ma non ha ugualmente resistito alla scossa della scorsa notte e la sua facciata si è sbriciolata. Qualcosa, dunque, anche nei lavori di adeguamento, non ha funzionato. Anche per l’ospedale di Amatrice, ora inagibile, erano stati stanziati due milioni di euro dopo il terremoto dell’Aquila per il suo consolidamento, ma – spiega una fonte interna all’ospedale sentita dal Fatto Quotidiano – “sono passati oltre sette anni e non è stato mai fatto nulla”. Eppure, aggiunge, “dal 2014, complice un decreto del commissario ad acta, quello di Amatrice è considerato come ‘ospedale in area disagiata’, visto che il suo bacino di utenza è di circa tredicimila persone e abbraccia tutta la Valle dell’Alto Velino”.



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