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Terremoto, i danni della burocrazia e il ruolo dei Comuni. Parla Castelli (sindaco di Ascoli)

Abbiamo vissuto giorni terrificanti, un dolore enorme, indicibile, che resterà scolpito per sempre in ognuno di noi“. Guido Castelli è il sindaco di Ascoli, il comune marchigiano la cui provincia è stata colpita dal terremoto del 24 agosto. Ad Arquata del Tronto le vittime accertate finora sono 49, ma i vigili del fuoco continuano a scavare: si teme che in qualche località remota altre persone possano essere rimaste sotto le macerie. Intanto oggi è il giorno dell’ultimo saluto a chi non c’è più, ai morti della Regione Marche, con i funerali di Stato che si svolgono proprio ad Ascoli, alle 11:30, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella.

Sindaco, con quale stato d’animo ci si prepara a un momento così doloroso per un’intera comunità?

Con la morte nel cuore. Come Comune ci siamo messi a disposizione in ogni modo e abbiamo offerto anche un luogo dignitoso dove collocare i corpi di chi è stato ucciso dalla furia del terremoto. Tutta la comunità si sta stringendo intorno a questi spazi e alle salme delle vittime che riceveranno anche il saluto dello Stato e del sistema Paese. Un sistema che nell’emergenza e nella tragedia ha dimostrato di funzionare.

Lei ha sottolineato quanto sia difficile per i Comuni accedere ai fondi per la messa in sicurezza degli edifici, che pure sono stati stanziati dopo il sisma dell’Aquila. Quali sono le difficoltà?

Spesso la burocrazia e i condizionamenti derivanti da leggi mal fatte non hanno consentito di utilizzare i fondi. Ad esempio, il 70% delle abitazioni di Amatrice sono seconde case, ma le leggi non consentivano di utilizzare quei fondi per abitazioni che non fossero prima casa. Tutto questo ha fatto sì che quei finanziamenti non potessero essere usati in quel Comune, come è accaduto in tantissimi altri.

Nel caso di Ascoli avevate chiesto i fondi per rifare un ponte e ci sono voluti tre anni e mezzo per averli? 

E’ andata proprio così. E’ talmente complicata e intrisa di burocrazia la procedura che io stesso – che pure sono stato solerte nell’andare a cercare questi fondi – ho dovuto aspettare più di tre anni per poterli utilizzare. Se fosse accaduto qualcosa ad Ascoli probabilmente adesso sarei stato additato al pubblico ludibrio.

Ma come si riesce ad amministrare una città con tutte queste responsabilità che spesso esulano anche dagli atti concreti degli stessi sindaci?

La burocrazia fa danni enormi: la subisce anche chi – come i sindaci – deve poi rispondere a 360 gradi di quanto avviene in città. Ad esempio si sta parlando giustamente molto della scuola di Amatrice che è crollata: non conosco i dettagli, ma dico che il sindaco del Comune reatino Sergio Pirozzi non può essere censurato per i collaudi fatti da altri.

Lei amministra un Comune che sorge in una zona altamente sismica. E’ possibile mettere in sicurezza tutti gli edifici, in particolare quelli più vecchi che si trovano nei centri storici?

E’ difficilissimo, si tratta di una lotta contro tutto e tutti: è un dato inequivocabile che – negli ultimi cinque anni in particolare – i comuni abbiano subito tagli che ne hanno fortemente limitato la capacità operativa. Gli investimenti pubblici comunali sono diminuiti del 60%. Tutto questo, certo, non favorisce la riqualificazione dei centri storici e il consolidamento degli edifici.

Che proposte arrivano anche dall’Anci – l’associazione dei Comuni – di cui lei è vicepresidente?

Dobbiamo, innanzitutto, assumere la sicurezza come criterio fondamentale di ogni attività amministrativa. Si tratta soprattutto di stabilire alcune priorità, a partire dagli edifici pubblici come le scuole, gli ospedali, le sedi dello Stato e degli enti locali.

Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha detto no alle cosiddette new town e affermato che i centri storici saranno ricostruiti così com’erano. Che ne pensa?

Parlare di new town per Accumoli, Amatrice e Arquata sarebbe un non senso. Nessuno potrebbe neppure immaginarla una new town in questi luoghi: bisognerà ricostruire in quelle stesse zone tutto ciò che è possibile. A L’Aquila la situazione era ben diversa perché il terremoto colpì un grande centro urbano e, quindi, fu presa la decisione di realizzare la new town con l’obiettivo di dare una nuova casa agli sfollati nel più breve tempo possibile.

Come dovrà essere gestita la ricostruzione? 

Dopo i primi 50 milioni di euro stanziati ieri dal Consiglio dei Ministri, ci vorrà ovviamente un piano chiaro e solido per far ripartire questi territori. Ci aspettiamo soprattutto modelli procedurali che siano in grado di garantire trasparenza e capacità d’intervento. Bisognerà poi che siano indicati precisamente i fabbisogni di sicurezza da colmare. Ciò vuol dire anche – e lo chiediamo formalmente come Anci – un rilevante coinvolgimento dei Comuni nelle verifiche, nelle valutazioni e negli interventi operativi.

Oltre a tutto ciò, ci vorrà però anche grande rapidità. Ci crede?

Sono abbastanza fiducioso, anche perché nella zona colpita da questo terremoto abitano stabilmente molte meno persone rispetto a quante risiedevano, invece, ad esempio a L’Aquila. Ci sono tutte le condizioni per essere più veloci: l’esempio da seguire è quello della ricostruzione del Friuli dopo il terribile sisma del 1976. E’ assolutamente obbligatorio fare presto e fare bene.

Che tipo di contributo pensa possano dare i sindaci per rendere le nostre città più sicure e, per quanto possibile, a prova di terremoto?

Dobbiamo dire: “Noi ci siamo, voi metteteci nella condizione di lavorare“. Ci servono tecnici che facciano verifiche a regole d’arte e poi abbiamo bisogno di tornare ad investire risorse per la cura del nostro territorio. E’ fondamentale, in questo senso, che i sindaci siano liberati dalle maglie troppo strette del patto di stabilità, che ci impediscono di spendere persino gli avanzi di risorse che abbiamo. Noi sindaci faremo la nostra parte, come tragicamente dimostrano gli esempi dei tre primi cittadini di Accumoli, Amatrice e Arquata. Non dobbiamo rinunciare all’Italia dei Comuni.


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