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Chi ha vinto e chi ha perso al congresso del Partito Radicale

Qualcuno in modo sibillino fa notare che Marco Pannella ha sconfitto Emma Bonino pure da morto. La provocazione non è lontana dalla realtà. Perché lo scontro che è andato in scena al 40.mo congresso, straordinario, del Partito Radicale Non violento, Transnazionale e Transpartito è un po’ la prosecuzione della guerra tra Marco ed Emma con altri mezzi. Una lontananza fatta di silenzi, frecciate sui giornali, incomprensioni, vecchi rancori. Basti dire che Emma a casa di Marco, quando tutti andavano a trovarlo per un ultimo saluto, non si è fatta vedere. Il primo congresso radicale senza Pannella, scomparso il 19 maggio scorso, è la prima assise di partito che si tiene all’interno di un carcere, quello di Rebibbia. E infatti sono tanti i detenuti a prendere la parola, compreso uno dei nuovi iscritti al partito, Marcello Dell’Utri, che qui sta scontando la sua pena.

Il congresso ha visto lo scontro tra i due gruppi che si fronteggiano da almeno tre anni, due fazioni che si sono formate attorno a Marco ed Emma. La prima è quella formata da chi è stato molto vicino a Pannella nell’ultima fase della sua vita: Maurizio Turco, Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Maria Antonietta Coscioni, Elisabetta Zamparutti, ecc.. L’altra è composta dai cosiddetti “quarantenni”: Marco Cappato, Riccardo Magi, Mario Staderini, Filomena Gallo, Valerio Federico, ecc.. Che hanno come faro di riferimento la Bonino e che al congresso hanno trovato la sponda di vecchie glorie radicali redivive come Gianfranco Spadaccia, Roberto Cicciomessere, Lorenzo Strik Lievers.

I primi, i fedelissimi dell’ortodossia pannelliana, accusano i secondi di essere spariti, di essersi allontanati da Marco, di non partecipare alla vita del partito e di succhiare continuamente risorse economiche. Imputandogli inoltre di aver presentato liste Radicali alle amministrative (Cappato a Milano e Magi a Roma) senza avere il via libera da nessuno. “Quelle liste sono state un’imboscata alla storia radicale e a Pannella”, ha detto Turco nella sua durissima relazione iniziale.

I secondi ribattono che gli altri si sono chiusi in posizioni di retroguardia e che non sta scritto da nessuna parte che non possano presentarsi liste alle elezioni, nel segno dell’autonomia che da sempre contraddistingue le galassie radicali: l’associazione Nessuno tocchi Caino, i Radicali italiani (di cui Magi è segretario), l’associazione Luca Coscioni, la Non c’è pace senza giustizia.

Dopo un congresso di tre giorni pieno di tensioni, veleni e accuse incrociate, dove Turco ha accusato gli altri di essere dei “felloni” e Cicciomessere, per tutta risposta, a definirli “truffaldini” per come è stato convocato e costruito il congresso, alla fine come previsto hanno vinto i pannelliani: la mozione Turco ha ottenuto 178 voti contro i 79 della mozione Cappato, 13 gli astenuti. Risultato: il partito viene commissariato, lo statuto sospeso e i poteri assegnati a un quadrumvirato composta da Bernardini, D’Elia, Antonella Casu e lo stesso Turco, che resta pure tesoriere e ha la responsabilità legale. L’obbiettivo è raggiungere seimila iscritti entro il 2018 (non proprio una passeggiata visto che la tessera parte da 200 euro) e l’azzeramento del debito di un milione di euro. Se così non fosse, il partito verrà messo in liquidazione, mentre è già stato disdetto il contratto di affitto (che i radicali pagano alla Lista Pannella) della storica sede romana di Via di Torre Argentina.

La mozione sconfitta, invece, chiedeva una sospensione del congresso e una seconda fase tra otto mesi, tempo che poteva servire a ricomporre le posizioni e trovare un’intesa. Idea lanciata da Benedetto Della Vedova, che fino all’ultimo ha provato a mediare, senza successo. La Bonino, invece, forse fiutando la sconfitta, non si è fatta vedere. Le divergenze politiche, però, appaiono ben poca cosa rispetto a quelle personali, perché la sensazione è quella di persone che sono state troppo tempo insieme sulle barricate e che ora non si sopportano più. Con i primi che accusano i secondi di un peccato ormai irrimediabile: aver voltato le spalle al vecchio leader nell’ultima fase della sua vita. Così sono in tanti gli iscritti, compresi personaggi storici come Paolo Vigevano e Della Vedova, ad esprimere perplessità sui motivi dello scontro. “Davvero non si capisce perché litighiamo, perché sulla linea politica e sulle battaglie da perseguire non c’è alcun disaccordo”, dice Vigevano. E infatti sugli ultimi temi come il diritto alla conoscenza e gli Stati uniti d’Europa non ci sono divisioni. Semmai qualcuno si interroga se ha ancora un senso parlare di partito transnazionale quando qui, a Rebibbia, ci sono solo italiani. Il problema, però, è che prima si litigava, ma c’era Pannella a fare la sintesi, a farsi garante delle divergenze, ora non più.

“Il divieto di presentarci alle elezioni è ridicolo, tanto più se viene da persone che si sono fatte almeno un mandato in Parlamento”, osserva Magi. “E’ stato un congresso di parte, che si è concluso con una chiusura da parte loro. Ora tutto sta nel come Turco e Bernardini useranno il potere che si sono assegnati. Noi, da parte nostra, non ce ne andiamo, ma lavoriamo per andare avanti, rifiutandoci di agire come una corrente o una fazione”, osserva Cappato. Nessuna scissione dunque, rischio che all’inizio non era da escludere (“Noi non andiamo da Renzi col cappello in mano. Se perdiamo andremo altrove”, aveva spiegato Turco il primo giorno). E’ facile supporre, però, che ora lo scontro proseguirà nei congressi dei Radicali italiani e di Nessuno tocchi Caino, in programma tra ottobre e novembre.



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