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Cosa penso del dibattito sul referendum costituzionale

Il dibattito che si sta sviluppando in ordine al voto referendario del prossimo autunno sulle riforme della Costituzione si sta rivelando asfittico, inconcludente, inutile, vista l’incapacità dei partiti e di esponenti delle istituzioni di spiegare la legge licenziata, nonostante il faticoso impegno posto da tanti nel corso dell’iter parlamentare per l’approvazione.

A parte gli interventi ragionati di diversi costituzionalisti, che stanno aiutando i cittadini a capire tramite contributi esplicativi, la sostanza del disegno riformatore risulta incomprensibile agli stessi partiti, di maggioranza e di opposizione. Infatti, non pochi sono gli addetti ai lavori che tuttora non hanno chiara l’essenza della legge per illustrarne logica e sostanza. Si ascoltano solo monotoni e ripetitivi argomenti attinenti alla velocizzazione del processo legislativo, ai risparmi economici in ordine alla diminuzione del numero dei senatori, alla riduzione del potere delle Regioni. Con il centrodestra a trazione leghista si ebbe lo scimmiottamento dello “stato federale”, con le riforme attuali si ritornerebbe, invece, allo stato centralista. Chi verrà dopo cosa proporrà? Aspettare per capire!

I media e diversi esponenti politici favorevoli alle riforme approvate, come arma di persuasione elettorale utilizzano lontane e improbabili dichiarazioni di antichi leader di partiti storici. Per recuperare pezzi di dichiarazioni di leader del passato, più o meno in linea con l’attuale disegno riformatore, si va a cercare nei polverosi archivi. A sinistra non è difficile sentire che Togliatti, Berlinguer avrebbero votato SI al referendum sulle modifiche costituzionali, perché la loro idea ben si concilia con quanto approvato dal governo Renzi-PD. Centristi di risulta, con pressapochismo e superficialità, per legittimare il proprio consenso, non hanno remore a condividere dichiarazioni iperboliche di cosiddetti esperti, che tirano in ballo addirittura Sturzo, De Gasperi, Dossetti, Moro ideatori occulti, a loro insaputa, delle riforme attuali.

Non essendoci logica lineare costituzionale e istituzionale in ciò che è stato varato dal parlamento, si ricorre a queste grossolane trovate.

La sostanza della questione, nonostante le affannose ricerche mistificatorie di interessati supporter, è chiara: i leader politici del passato quando trattavano di riforme, costituzionali e non, avevano come riferimento imprescindibile il principio di partecipazione. Da qui si partiva per organizzare o riformare, secondo le regole consolidate di una vera democrazia parlamentare, le istituzioni. Il dato che, invece, emerge oggi dalle leggi approvate e che saranno oggetto di referendum è semplice: la partecipazione sarà mutilata pesantemente, gli spazi di democrazia verranno compressi, considerato che il senato non sarà del tutto elettivo, che i consigli provinciali saranno eliminati, che le regioni perderanno molti dei poteri attuali, che la legge elettorale per la Camera dei Deputati sarà modificata di poco rispetto all’attuale porcellum. Allora, prima di evocare la memoria di esponenti storici della nostra storia democratica e repubblicana, si abbia almeno la decenza di approfondire la loro lezione giuridica, politica e istituzionale.


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