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Tutte le baruffe a sinistra fra gli anti Renzi

Tutto fermo. Quasi congelato. In attesa che a togliere le castagne dal fuoco giunga il referendum. Comunque vada – che prevalga il Sì oppure che vinca il No – l’esito della consultazione referendaria sarà fondamentale per capire cosa succederà a sinistra del Pd. Un’area politica che oggi si potrebbe definire alla finestra, nella quale si guarda al 4 dicembre per sapere cosa succederà nel governo e dentro il Partito democratico e in cui nel frattempo si procede, a rilento, al processo di archiviazione di Sel e al varo ufficiale di Sinistra Italiana.

IL LIMBO DELLA SINISTRA SINISTRA

Un clima sospeso che però negli ultimi mesi ha fatto precipitare questa forza politica in una sorta di cono d’ombra mediatico al quale stanno contribuendo anche i mal di pancia della minoranza Pd. Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e gli altri – con il loro No al referendum e la loro ormai aperta ostilità nei confronti Matteo Renzi – sono andati in fondo ad occupare la posizione politica della cosiddetta sinistra sinistra. Che, di conseguenza – anche per l’assenza di una linea politica chiara e uniforme – ha finito con l’uscire un po’ dai radar del dibattito pubblico.

IL LENTO ADDIO A SEL

L’iter per l’archiviazione di Sel è cominciato ormai da oltre un anno – da quando Stefano Fassina e Alfredo D’Attore annunciarono il loro addio al Pd renziano – ma finora è andato avanti a passo di lumaca. A questo punto, però, il percorso appare tracciato: il congresso fondativo della nuova Sinistra Italiana si dovrebbe tenere nel nuovo anno, tra il 10 e il 12 febbraio. Rigorosamente dopo il referendum che – a seconda del risultato finale – potrebbe produrre risultati diversi sul governo e non solo. Ed è sulle strategie da mettere in campo nel post 4 dicembre che i dirigenti nazionali e locali di Sel si stanno dividendo.

IL PIANO A

Da quanto riferiscono in molti – tolto il gruppo dei sindaci o degli ex tali che, seppure a certe condizioni, sarebbe ancora disponibile a interloquire con Renzi – in Sel i ragionamenti principali, con le relative divisioni, si stanno concentrando sull’ipotesi di una vittoria del No al referendum confermativo. In quel caso – ovviamente nient’affatto scontato – c’è chi vorrebbe riprendere le fila del dialogo con il Pd e chi, invece, si è ormai attestato su una linea di totale rottura. Tra i primi – che alcuni chiamano “dialoganti” – rientrano, in particolare, il capogruppo alla Camera Arturo Scotto, il deputato Ciccio Ferrara e il giovane toscano Marco Furfaro, due anni fa a un soffio dall’elezione al Parlamento europeo con la lista Tsipras. Tra i secondi, invece, compaiono i nomi di Fassina – che nel suo ruolo di consigliere comunale a Roma si sta spesso caratterizzando per un posizionamento più vicino ai cinquestelle che non al gruppo del Pd – e il deputato Nicola Fratoianni.

IL PIANO B

L’altra ipotesi – che in questo momento a sinistra non vogliono neppur prendere in considerazione – è che al referendum costituzionale prevalga il Sì, con un notevole rafforzamento di Renzi nel suo ruolo sia di presidente del Consiglio che di segretario del Pd. Se la riforma passasse, in Sel sono convinti che il Partito democratico finirebbe con lo spaccarsi: fuori D’Alema, Bersani, Speranza e tutti coloro che in questi mesi si sono scontrati così aspramente con l’ex sindaco di Firenze. D’altronde – spiega a “microfoni spenti” un dirigente che chiede di mantenere l’anonimato – “sarebbe impossibile per questi esponenti rimanere all’interno di un partito ormai completamente renzizzato. Prenderebbe dunque di nuovo corpo l’ipotesi di un grande soggetto unitario della sinistra“.  Nel quale potrebbe decidere di entrare anche Pippo Civati oggi ancora isolato nella sua Possibile.

IL CASO ZEDDA

Dibattiti interni che, però, devono fare i conti con quanto avviene sul territorio, dove in molti casi Sel è al governo di città e regioni insieme con il Pd. L’esempio più emblematico è quello di Cagliari dove Massimo Zedda – alle scorse amministrative – è stato rieletto sindaco al primo turno in tandem con il partito di Renzi. Lo stesso Zedda, subito dopo la sua vittoria, in questa intervista a Formiche.net aveva definito l’isolamento a sinistra “un esperimento che non ha dato i frutti sperati“. Qualche tempo dopo, a luglio, aveva vergato un documento politico al vetriolo nel quale aveva chiesto un passo indietro ai vertici del partito e sottolineato la necessità d archiviare definitivamente “la riduttiva idea di sinistra rappresentata dal processo costitutivo di SI“. Una linea confermata dal suo attivismo politico delle ultime settimane: sabato, ad esempio – mentre andrà in scena alla Leopolda l’epopea del renzismo – Zedda ospiterà il primo cittadino di Parma, l’ex pentastellato Federico Pizzarotti in un appuntamento che secondo alcuni potrebbe preludere alla nascita “di un partito dei sindaci”. A suffragare quest’idea anche la presenza all’incontro di Antonio Decaro, sindaco di Bari, neo presidente dell’Anci e, soprattutto, renziano di ferro.

GLI AMMINISTRATORI LOCALI

Posizione non limitata solamente a Zedda verrebbe da dire, considerato che il primo atto di quello che potrebbe essere definito un processo di riavvicinamento a Renzi il sindaco di Cagliari lo fece ormai quasi un anno fa. Era il dicembre del 2015 quando lo stessa Zedda, l’allora sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il primo cittadino di Genova Marco Doria firmarono una lettera-appello al presidente del Consiglio per chiedergli di riannodare i fili del rapporto tra Pd e Sel. Che qualcosa si muova tra gli amministratori locali di Sel, d’altronde, è confermato pure dalle iniziative che sta mettendo in campo il vice di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio Massimiliano Smeriglio. Qualche giorno fa ha partecipato a Roma alla presentazione del libro di Enrico Rossi, governatore della Toscana e sfidante di Renzi alla segreteria Pd, mentre la prossima settimana organizzerà, sempre nella Capitale, una tre giorni di incontri e dibattiti cui parteciperanno alcuni degli esponenti più dialoganti di Sel e un pezzo della minoranza Pd, tra cui, pare, anche D’Alema.

LA QUESTIONE DELLA LEADERSHIP

Posizionamenti e riposizionamenti che non fanno i conti, però, con un argomento chiave, alla base anche della scarsa presenza della sinistra sinistra nel dibattito pubblico e mediatico: la scelta del leader del futuro, chiamato a prendere il testimone lasciato da Nichi Vendola, creatore e capo del partito dal 2008 – quando decise di rompere con Rifondazione comunista di Paolo Ferrero dopo la debacle delle elezioni politiche – a quest’anno, con l’annuncio di volersi disimpegnare per dedicarsi alla vita privata. Da quel momento, però, il suo posto è rimasto vacante. L’idea di Fassina leader è tramontata con la non brillantissima performance delle ultime amministrative romane e con le polemiche interne che ne sono scaturite. Oggi, le piste al momento più accreditate per la sua sostituzione portano ad altri due nomi: Nicola Fratoianni – dell’ala più intransigente del partito – e il 36 enne Marco Furfaro più disponibile a ragionare su un centrosinistra in stile Ulivo.

Tutto, però, al momento rimane sospeso. Ovviamente, in attesa di capire cosa accadrà al referendum. E, quindi, a Renzi, al governo e al Pd.



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