Per vent’anni della mia vita è stato eroe, mito, leggenda, maestro. Poi ho capito: era tutto falso. O sbagliato.
Lui è stato uno degli uomini più tragici, spietati, dispotici, violenti e illiberali del Novecento. Un autentico cattivo maestro. Ma avvolgente, romantico, attrattivo.
Una vera trappola umana per la mia generazione. Ora entra nella galleria truce dei dittatori estinti del comunismo: con Stalin, Mao, Tito e Pol Pot.
Il libro nero delle dittature del ‘900 ha chiuso forse l’ultimo capitolo rimasto aperto.
Adesso Cuba diventerà un paese libero dalla miseria e dal dispotismo. Eppure, oggi, non riesco a non sentire un groppo.
Con lui che se ne va, per me, c’è la nostalgia dei miei vent’anni, che ora sono veramente finiti. E le notti magiche del ’78, la sabbia di Varadero, l’amore ai ritmi di Guantanamera e il rum della Bodeguita.
Grazie a lui “confesso che ho vissuto”. Perciò: ciao comunque Fidel.