Quattro chiacchiere fra amici che si confrontano sul futuro di uno dei maggiori quotidiani italiani. Da un capo del filo, l’uomo di uno degli azionisti del giornale, dall’altro il direttore del suo maggiore concorrente. Le intercettazioni relative all’inchiesta della procura di Bergamo su Ubi Banca portano allo scoperto, tra l’altro, il rapporto che intercorre tra Giovanni Bazoli, banchiere di lungo corso e presidente emerito di Intesa Sanpaolo – all’epoca presidente del Consiglio di Sorveglianza dell’istituto – ed Ezio Mauro, nel 2014 direttore responsabile di Repubblica. A Via Solferino erano mesi agitati perché all’allora direttore, Ferruccio De Bortoli, era stato dato il foglio di via ed entro aprile 2015 si sarebbe dovuto trovare un sostituto. Questione non da poco anche per Mauro. “Sei di nuovo dentro una bufera, ma se tu lo tieni in mano (il giornale, ndr), io sono tranquillo”, dice a Nanni Bazoli – come lo chiamano gli amici e anche lo stesso Mauro – che commenta: “Adesso la situazione ha ancora un margine di incertezza e ti spiegherò se ci vediamo…” – ipotizzando poi un viaggio a Roma – “perché niente, devo vedere Napolitano… Insomma, devo, tengo rapporti con lui, nonostante lui adesso sia un privato cittadino o meglio un senatore… probabilmente domani lo sento e ci vediamo”.
Il direttore di Repubblica ribadisce il concetto della “presa in carico”: “Però non lavartene le mani, Nanni, perché in passato hai impedito delle porcherie…”. “Eh, lo so“- ribatte – “ma proprio se io non posso farci niente, io non voglio avallare le porcherie. Certamente, guarda, o riesco ancora a fare qualche cosa o altrimenti sottolineerò l’uscita… Capisci? Se esco, non esco alla chetichella”. Parole che fanno crescere l’ansia di Mauro: “Però sarebbe molto più grave se facessero una scelta sciagurata per il Corriere dal punto di vista della democrazia”. “Eh, lo so. Guarda – replica il banchiere -, domani saprò qualcosa di più perché ho fatto un passo proprio oggi e attendo la risposta domani. Tu lo sai, quello che io ho potuto fare è sempre e solo di evitare il peggio. Ecco, se lascia spazio per questo ruolo, bene, altrimenti esco e sottolineerò l’uscita e… niente da fare”.
Mauro conforta l’amico (e forse un po’ anche se stesso): “Non mi pare che Torino (ovvero Fiat, un altro azionista Rcs, ndr) sia in condizioni di imporre”. E qui Bazoli gli spiega come stanno effettivamente le cose. “E invece lo è. Loro hanno dichiaratamente il 6 e mezzo per cento, ma in realtà è il 18 perché io ho saputo che anche Pesenti ha venduto qualcosa a loro, diciamo il 18. E hanno anche un fondo americano vicino a Marchionne che si è già schierato con loro, quindi sono al 26… Ma quando ci vediamo… siamo ancora in tempo a parlarne prima che sia successo l’irrimediabile”.
Ma il direttore di Repubblica incalza ancora l’amico-avversario: “Quindi sarebbero in condizioni di fare amministratore delegato e direttore come vogliono loro?”. “Ti dico che loro sono al circa 26 per cento” – rileva Bazoli – “ma quello che sta accadendo è che Mediobanca non si è schierata con loro ma addirittura sta cercando di realizzare un’intesa tra Elkann e Della Valle, ecco, questa è la situazione, hai capito? Io rimango se ho ancora voce in capitolo, rimango a certe condizioni, altrimenti noi usciamo e dichiareremo che siamo usciti e che non condividiamo le scelte”.
La storia racconta che il 1° maggio 2015 Luciano Fontana, all’epoca dei fatti condirettore, è diventato direttore del Corriere della Sera con una nomina all’unanimità da parte del cda. Ezio Mauro ha invece lasciato il posto a Mario Calabresi che dal 15 gennaio 2016 dirige Repubblica.