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Spionaggio Occhionero, perché Matteo Renzi è imbufalito

Di Pietro Di Michele e Niccolò Mazzarino
MATTEO RENZI

Si racconta nei palazzi di governo e nel Pd che Matteo Renzi sia piuttosto imbufalito. Non tanto perché sente che molti – specie i renitenti alle urne – stiano gongolando per le decisioni della Corte costituzionale sui referendum promossi dalla Cgil – decisioni che secondo molti osservatori procrastinerebbero le elezioni anticipate volute dall’ex premier, ma per la questione dello spionaggio politico e istituzionale emerso dall’arresto dei fratelli Occhionero.

RENZI NERVOSO E PREOCCUPATO

Ad accreditare le voci oggi è anche il Corriere della Sera: nei palazzi romani delle istituzioni, scrive il quotidiano diretto da Luciano Fontana, “si racconta che le reazioni non siano state affatto pacate, compresa quella dell’ex presidente del Consiglio”. D’altronde non è stata un caso la sortita di Marco Carrai, manager e imprenditore amico di Renzi attivo in diversi settori imprenditoriali tra cui anche la sicurezza dei dati. Carrai, che l’ex premier voleva ai vertici di una struttura ad hoc di coordinamento sulla cyber security, ieri in una intervista al quotidiano La Stampa, da un lato ha elogiato il lavoro del Dipartimento informativo della Sicurezza (Dis) e della Polizia Postale, dall’altro non ha esitato a sottolineare: “Ciò non toglie che sia necessario un coordinamento più serrato e un soggetto che faccia prevenzione e sviluppo tecnologico”. Se sul coordinamento c’era unità di vedute ai vari livelli istituzionali e ministeriali, sull’esigenza del nuovo “soggetto” evocato da Carrai ci sono state distonie durante il governo Renzi. Infatti l’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, puntava proprio su una figura esterna come quella di Carrai. Ma la nomina, anche per alcune resistenze interne all’Intelligenze oltre che in altre istituzioni della Repubblica, non è andata in porto.

ACCESSI SOLO TENTATI? 

Ieri comunque è circolata la informazione secondo cui non ci sarebbe stata una vera intrusione informatica ai danni di Renzi, Mario Draghi e Mario Monti. Ma per Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera “l’indiscrezione filtrata ieri sul fatto che contro Renzi, il governatore della Bce Mario Draghi e l’ex premier Mario Monti «c’è stato solo un tentato accesso», appare un tentativo di minimizzare la portata della vicenda e soprattutto di arginare le possibili conseguenze”. In realtà – secondo la cronista che segue la giudiziaria e i servizi – “soltanto quando si riuscirà ad aprire i server che si trovano negli Stati Uniti, sui quali sta già lavorando l’Fbi, si potrà avere la dimensione delle informazioni riservate che i due fratelli sono riusciti a rubare e utilizzare”.

I RISCHI CORSI O SOLO POTENZIALI?

Ma quali sono i rischi davvero corsi dall’ex premier? Quali le informazioni a rischio? Scrive Francesco Grignetti, giornalista del quotidiano La Stampa che si occupa da anni di sicurezza e questioni giudiziarie: “Controllare in maniera occulta lo smartphone del presidente del Consiglio significa avere accesso a tutto il traffico di mail, sms. Perfino i messaggi di Whatsapp, la cronologia delle ricerche via Google, le conversazioni via Skype e la geolocalizzazione venivano clonati da EyePyramid”.

LE OMBRE E LE DOMANDE 

I coni d’ombra sono diversi, dice oggi Carlo Bonini, inviato di lungo corso del quotidiano la Repubblica: “Nessuno, per dire, è in grado di spiegare a Renzi perché, nell’autunno scorso, qualcuno non lo abbia avvisato di evitare di utilizzare l’account mail personale di Apple su cui si era registrato il tentativo di intrusione. Nessuno è in grado di spiegare al direttore dell’Aisi, il nostro controspionaggio, per quale diavolo di motivo, il 5 ottobre scorso, quando le abitazioni di Giulio e Francesca Occhionero vengono perquisite dalla Polizia Postale — e quando dunque l’indagine non è più un segreto neppure per chi ne è oggetto — nessuno ritenga utile coinvolgere l’Intelligence non fosse altro per verificare chi fossero e per conto di chi trafficassero quegli sconosciuti fratello e sorella di mezza età che da sei anni spiavano i gangli dello Stato”.

INCOGNITE E SCENARI 

Inoltre, aggiunge Sarzanini sul Corriere della Sera, “in questo momento nessuno è in grado di sapere quanti e quali file siano stati copiati. Nell’ordinanza di cattura dei due fratelli il giudice evidenzia che «Giulio Occhionero riceveva regolarmente sul suo personal computer tutti i dati carpiti dal maleware (il dispositivo di intrusione) dai personal computer delle vittime»”. In realtà, conclude Sarzanini, “soltanto quando si riuscirà ad aprire i server che si trovano negli Stati Uniti, sui quali sta già lavorando l’Fbi, si potrà avere la dimensione delle informazioni riservate che i due fratelli sono riusciti a rubare e utilizzare”.



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