“Grande coalizione? Siamo bloccati. Il punto è che il rischio di implosione del Pd ora, nel centrodestra, non può che riavvicinare Berlusconi ai suoi alleati Salvini e Meloni, accarezzando magari il sogno di rendere di nuovo vincente un centrodestra guidato da Forza Italia”. Così, con Formiche.net, un parlamentare di area centrista, alleata del Pd, fotografa la situazione di stallo determinata dalle minacce di scissione (esplicite da parte di Massimo D’Alema; un po’ meno dichiarate, ma più che mai reali, da parte del nocciolo duro della minoranza capitanata da Bersani) nel Pd, che, secondo i sondaggi, farebbe crollare il partito di maggioranza al venti per cento.
Se dalle parti di Ncd e dintorni si fa questo ragionamento, la stessa cosa viene detta dentro Forza Italia, in ambienti berlusconiani doc: “Renzi rischia di non tenere più niente. Il partito della Nazione è naufragato. E Il Pd sta per implodere. Giustamente il presidente Berlusconi se il leader del Pd perde il nocciolo duro del suo partito, perché dovrebbe emularlo perdendo anche lui la sua parte alleata più radicale ovvero Lega e Fratelli d’Italia?”. Paradossalmente, quindi, il rischio di scissione del Pd può determinare una nuova unione alla parte opposta. Insomma, un nuovo bipolarismo di fatto, o di attesa, seppur non più sostenuto neppure dalla legge elettorale uscita dalla sentenza della Corte costituzionale, che è proporzionale di fatto. Ma, si ragionerebbe dalle parti di Arcore, anche volendo, sono i numeri a non rendere possibile la grande coalizione, se il Pd crolla al 20 per cento. Da qui la smentita secca fatta al quotidiano la Repubblica, secondo il quale Berlusconi avrebbe definito “quattro gatti neri” i manifestanti a sostegno degli alleati “sovranisti” scesi in piazza sabato scorso a Roma.
Certo è che, comunque, il Cav resta più che mai determinato a non finire stritolato nella loro morsa. E per questo, dicono dentro FI, niente listoni unici, ma alleanze. De resto, lo stesso capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta, tra i pochi forzisti presenti sabato scorso dai “sovranisti”, che con Il Corriere della sera di ieri, ha suonato la grancassa della riscossa del centrodestra unito che può (“raggiungere il 40 per cento”, la magica asticella dell’Italicum lasciata intatta dalla Consulta, altrimenti scatta il proporzionale) non parla affatto di listone unico. Ma, appunto, di alleanza del centrodestra.
L’ideale, dicono a Formiche.net fonti azzurre di rango, sarebbe fare ritocchi alla legge elettorale inserendo collegi piccoli anche al Senato e un piccolo premio di maggioranza. Ma che questo Parlamento possa riuscire a trovare un qualsiasi accordo per “armonizzare” le regole elettorali per Camera e Senato è cosa alla quale sembrano credere ormai in pochi. Tutto questo alla fine può favorire il voto a giugno, come Renzi vorrebbe? Può darsi. Ma potrebbe valere anche il contrario. E certamente se Berlusconi era e resta intenzionato, come sembra, ad aspettare il verdetto di Strasburgo dal quale dipende la sua eleggibilità, certamente le manovre scissionistiche del Pd ora gli danno un motivo in più per non volere il voto a breve.