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Vaccini, cosa pensano governo e industria farmaceutica

Daniele Finocchiaro, Marco Simoni e Luc Debruyne

Si è parlato principalmente di vaccini ieri pomeriggio a Roma al Montecitorio Meeting Center (via della Colonna Antonina, 52). Largo spazio anche all’impatto dell’industria farmaceutica in Italia e un accenno alla candidatura del governo italiano ad accogliere a Milano l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco con sede a Londra, in cerca di dimora per effetto della Brexit.
L’evento organizzato da Formiche ha avuto origine da una ricerca del centro studi Cerm (Competitività, Regole, Mercati), dal titolo “Innovazione, reti internazionali e spillover di conoscenza – Industria farmaceutica, la prospettiva internazionale e il caso Gsk in Italia” (leggi qui i principali risultati del report del Cerm).

CHI C’ERA

Lo studio è stato illustrato dal professor Fabio Pammolli, presidente del Cerm e autore della ricerca con Armando Rungi (Imt Alti studi Lucca). Al dibattito hanno preso parte Luc Debruyne, presidente Global Vaccines di Gsk, Daniele Finocchiaro, presidente e amministratore delegato di Gsk Italia, Marco Simoni, consigliere economico di Palazzo Chigi e Federico Gelli, deputato e responsabile Sanità del Pd. In sala anche lo scienziato Rino Rappuoli, amministratore delegato di Gsk Vaccini Italia, noto per i suoi studi sulla prevenzione di malattie pericolose e mortali come la meningite, Annarosa Racca, presidente di Federfarma (Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani) e Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg (Federazione medici di medicina generale).

CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DELLO STUDIO DEL CERM SULL’INDUSTRIA FARMACEUTICA. FOTO PIZZI

COSA STA FACENDO IL GOVERNO

Nel nostro Paese esistono 202 farmaci biotech, che interessano 11 aree terapeutiche. 71 prodotti biotecnologici in commercio sono vaccini, e 30 sono destinati all’uso contro le malattie rare. “L’aggiornamento dei nuovi livelli essenziali di assistenza va a coprire anche queste due aree di intervento, da una parte include quindi il nuovo piano nazionale di vaccinazione, ma inserisce anche nuove 110 malattie rare che fino ad oggi non erano a carico del sistema sanitario nazionale”, ha spiegato Gelli per poi passare ad un ragionamento sull’impatto economico: “Questi interventi devono essere economicamente sostenibili. I prodotti di ultimissima generazione come gli antivirali contro l’epatite C, le immunoterapie per il cancro e le terapie avanzate anche in altri settori, hanno messo a dura prova i soggetti pagatori. Il governo italiano da questo punto di vista ha fatto una scelta che io ho condiviso e sostenuto fermamente, che è quella di destinare un fondo per i farmaci innovativi ed oncologici, che ha messo in salvaguardia gli investimenti in questo settore, e ha dato la possibilità per i pazienti di poter accedere a questo tipo di farmaci gratuitamente”.

IL PUNTO SUI VACCINI

Parlamentare, medico igienista e della prevenzione di professione, Gelli considera la vaccinazione come il cardine fondamentale: “Credo che il nostro Paese non sia ancora sufficientemente maturo nel decidere autonomamente cosa è giusto e cosa non è giusto sul tema della vaccinazione. Purtroppo le campagne di informazione e di comunicazione che hanno un maggiore appeal non sono quelle che fanno le istituzioni o il settore della corretta informazione, ma sono banalmente i social. Il doctor Google o il doctor Facebook, come sono stati definiti, hanno molta più forza di quanto possono avere i colleghi di medicina generale attraverso il loro sforzo continuo nel cercare di spiegare ai genitori di un bambino quanto sia fondamentale vaccinare il proprio figlio”, ha spiegato Gelli.
Intanto un primo obiettivo fondamentale è stato raggiunto: “Tutti i vaccini che sono a disposizione nel nostro Paese sono forniti gratuitamente dal sistema sanitario nazionale, non è scontato e non avviene in tutti i paesi europei”. In questo modo cade anche il deterrente del costo, ha detto Gelli parlando della Toscana, sulla quale c’è in atto una campagna straordinaria di intervento per il problema degli episodi di meningite, a detta di Gelli “molto gonfiato”: “I casi di meningite sono stati superiori rispetto alla media nazionale ma non sono certo da allarme epidemico”, ha detto.

OBBLIGO Sì, OBBLIGO NO

Ma è giusto o non è giusto rendere obbligatorie alcune campagne di vaccinazione? “Io voglio ricordarvi che se nel nostro Paese e nel resto del mondo non fossero state rese obbligatorie alcune campagne di vaccinazione, probabilmente in Italia oggi si morirebbe per le complicazioni del morbillo. Sono convinto che la campagna di informazione, comunicazione, coinvolgimento ed educazione alla salute e alla bontà delle campagne di vaccinazione non sia in contrapposizione all’obbligatorietà che a mio avviso nel nostro Paese dovrebbe essere introdotta per alcune delle tipologie di vaccinazione”, ha detto Gelli.
Ma le campagne di vaccinazione devono fare i conti con la confusione creata dalle singole regioni: “Abbiamo il Veneto che fa come vuole e decide che non sono più obbligatorie le vaccinazioni, Emilia Romagna e Toscana che decidono di vaccinare obbligatoriamente. Vi sembra una cosa normale? Credo che dobbiamo fare chiarezza sulle competenze del legislatore nazionale in questa materia e su quelle delle regioni che hanno competenze di natura organizzativa, ma non sui diritti, che siano alla salute o all’istruzione”, ha sottolineato il responsabile Sanità del Pd.

Il dibattito su questo argomento è molto acceso. “Ci sono quelli che dicono che non è possibile limitare il diritto all’istruzione attraverso l’obbligatorietà ai vaccini. È un argomento che corre sul filo del diritto costituzionale, tra i due diritti, quello alla salute e quello all’istruzione, ma sono convinto – ha proseguito Gelli – che se alcune malattie sono state debellate è perché in stagioni particolari del nostro Paese sono state fatte delle scelte da parte del legislatore nazionale particolarmente coraggiose. Credo che lo Stato e le istituzioni pubbliche non debbano apparire confusionari e caotici nel dare un messaggio, che deve essere univoco su tutto il territorio nazionale e in tutte le regioni”.

“Non va inteso come un obbligo”, ha commentato Finocchiaro di Gsk. “Quando saliamo in macchina non percepiamo l’assicurazione come un obbligo, lo facciamo per preservare qualcun altro che non vorremmo investire. C’è una responsabilità che va al di là dell’obbligo”.

CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DELLO STUDIO DEL CERM SULL’INDUSTRIA FARMACEUTICA. FOTO PIZZI

RISORSE E COMPETENZE IN ITALIA

“Non devo convincervi che dopo l’acqua pulita l’utilizzazione dei vaccini abbia allungato la speranza di vita nella popolazione”, ha detto Luc Debruyne, presidente della divisione vaccini di Gsk.
Quando parla dei vaccini Debruyne ricorre sempre a quattro parole: “Innovazione, il 90% dei progetti che noi abbiamo sui vaccini sono progetti di collaborazione con università e centri di eccellenza. Ed è l’eccellenza la ragione del perché lavoriamo insieme. Il fatto che siamo qui concentrati a Siena con scienziati come Rino Rappuoli e Giovanni Della Cioppa, vuol dire che la connettività con il tessuto universitario è importantissima. Il secondo elemento è l’accesso: non serve innovazione se non c’è l’accesso ai vaccini e in questo devo complimentarmi con il governo italiano per il recente Piano nazionale sui vaccini che è un esempio in Europa e a livello mondiale. “Sull’accesso il piano nazionale vaccini è un grande esempio di civiltà – ha aggiunto Finocchiaro -. Purtroppo il fatto che sia uscito in Gazzetta ufficiale due giorni fa non è sufficiente a far sì che tutte le regioni lo applichino allo stesso modo. Le regioni non hanno le strutture per far sì che questo accada. Sarebbe opportuno che ci si aprisse ad altri soggetti della sanità in modo tale che le vaccinazioni siano più diffuse su tutto il territorio”, ha osservato l’amministratore delegato di Gsk Italia.
Terzo: “Qualità, non solo nella produzione, ma anche nella ricerca, e qui ritorna fondamentale l’ecosistema che si è creato qui in Italia con il centro di eccellenza di Siena, il Toscany life sciences, e a livello mondiale in Belgio e negli Stati Uniti. Ma senza la collaborazione, questi tre primi elementi non sono possibili. Si chiama ‘social innovation’, innovazione sociale, ovvero mettere settori insieme, come università, centri di eccellenza e industria”, ha detto Debruyne aggiungendo che “tutti gli elementi essenziali per investire in Italia ci sono” e inviando un messaggio al governo sulla sostenibilità dell’investimento.
“Gsk investe nel territorio italiano nei vaccini molto più di quello che fattura, oltre tre volte tanto, tutta ricchezza netta che cade sul territorio italiano”, ha specificato il presidente e amministratore delegato di Gsk Italia.

LA SCOMMESSA ITALIANA PER L’EMA

Impegnato a Palazzo Chigi in veste di consigliere economico, Marco Simoni ha portato all’attenzione un tema all’ordine del giorno nel governo, ovvero lo scommessa italiana per l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. “Verosimilmente nel mese di marzo il governo inglese invocherà l’articolo 50 rinunciando formalmente all’Unione europea. Da quel momento in poi bisognerà trovare una nuova sede per le agenzie europee che sono fisicamente in Gran Bretagna, tra cui l’Ema”, ha detto Simoni.
Per una serie di ragioni legate all’industria farmaceutica e alla ricaduta che questa agenzia può avere sul territorio italiano il governo è particolarmente interessato a proporre la candidatura di Milano come sede per l’Ema: “Pensiamo che la ragione fondamentale per sostenerne la candidatura non sia tanto questa, ma l’importanza per tutti i Paesi europei, e quindi anche per l’Italia, che l’Ema posso continuare a svolgere l’ottimo lavoro che svolge. Questo è fondamentale sia per i consumatori di medicine, sia per l’industria farmaceutica, perché l’Ema è l’ente fondamentale per la messa in commercio, il controllo di sicurezza delle medicine. L’Europa non può permettersi una discontinuità nella funzionalità di questa agenzia”, ha spiegato Simoni.
Il governo sostiene che Milano sia la città più adeguata a far ciò senza far pesare l’avvenuto trasferimento per una serie di ragioni: “I motivi hanno a che fare con la presenza a Milano di una forte università ed una forte industri, importanti a garantire una continuità di esperti che dovranno lavorare con Ema, è una città con scarsi conflitti di interessi, non ci sono sedi di grosse multinazionali del settore e questa è una garanzia per tutti, è una città piacevole e interessante in cui i funzionari vorranno trasferirsi con piacere, e aspetto fondamentale, è una città in grado di accogliere senza problemi circa mille persone che ogni giorno devono arrivare nelle seda di Ema per ragioni di lavoro”, ha detto il consigliere economico di Gentiloni.

“Attenzione a non far sì che diventi una questione solo infrastrutturale”, ha commentato Finocchiaro. “Noi non dovremmo cercare di portare in Italia l’infrastruttura che oggi è a Londra, dovremmo cercare di portare in l’Italia le conoscenze che oggi sono ad Oxford e a Cambrige, e che non potranno avere sede europea perché non avranno nessun tipo di contatto con l’Europa. Dovremmo prendere la leadership della life science come paese e non l’infrastruttura”, ha sottolineato il presidente di Gsk Italia.


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