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Democratici e progressisti, benvenuti nel nuovo partito pro Gentiloni e anti Renzi di Rossi, Scotto e Speranza

Roberto Speranza

“Il congresso del Pd è come la serie A di calcio, si lotta per il secondo posto. Per questo noi non ci stiamo…”. Alfredo D’Attorre in realtà dal partito renziano era uscito già da un po’, ma ora lascia anche gli ex Sel per confluire nella nuova Cosa Rossa, ovvero il nuovo soggetto politico che vede insieme gli scissionisti del Pd e chi non è entrato in Sinistra Italiana. Movimento dei Democratici e Progressisti il nome della nuova forza (Mdp), che per ora come simbolo ha l’articolo 1 della Costituzione, ma una veste grafica arriverà al più presto, ci si sta ancora lavorando. Come in settimana arriveranno anche i gruppi parlamentari: una ventina di deputati ex Pd più 17 ex Sel guidati da Arturo Scotto, mentre in Senato la quota è sui 12-13. Molti stanno decidendo in queste ore, si sono presi un week end per riflettere e per sondare la propria base sul territorio. “Alla fine puntiamo a essere più di 50 in Parlamento…”, sussurra D’Attorre. I capigruppo saranno un uomo e una donna: Doris Lo Moro a Palazzo Madama, forse lo stesso D’Attorre per Montecitorio. Il segretario, invece, verrà scelto più avanti, forse con le primarie. “Per ora ci dotiamo di una struttura snella, io e Rossi ci teniamo la delega ideologica, torneremo a usare senza timore la parola socialismo”, continua il deputato di Melfi.

Dal palco, intanto, i big – Roberto Speranza, Enrico Rossi, Arturo Scotto – si alternano con semplici militanti e personaggi della società civile. Grande assente, in tutti i sensi, Michele Emiliano, che solo una settimana fa sempre qui a Testaccio, ma al Teatro Vittoria, sembrava dei loro, salvo poi cambiare idea il giorno dopo, restare nel Pd e candidarsi alle primarie contro Renzi.

Si vedono Guglielmo Epifani, elegantissimo, e Miguel Gotor, sorridente. Allegro è anche Peppino Caldarola, mentre come osservatore esterno è venuto Stefano Fassina. “La sinistra si è rimessa in movimento. Era naturale che dopo la frattura – e con questa parola intendo il fatto che una forza di sinistra insegua politiche liberiste – ci fosse una frantumazione e un rimescolamento del quadro. Noi siamo dentro questo processo”, dice l’ex viceministro dell’Economia. Al momento ciò che divide Mdp da Sinistra italiana è l’appoggio al governo. “Noi restiamo convintamente all’opposizione”, spiega Fassina. “Noi sosteniamo Gentiloni, ma il nostro appoggio non è incondizionato: tratteremo su tutto, provvedimento per provvedimento, e vogliamo incidere sulle politiche, specialmente quelle economiche”, dice D’Attorre.

“Oggi nasce un nuovo centrosinistra, questo è un inizio”, afferma al microfono Speranza, sempre più magro. “Che brutta parola scissionisti, non usiamola. Anche perché la scissione non è quella che abbiamo fatto noi, ma quella tra il Pd e il popolo di sinistra. Quello di Renzi ormai è il partito dell’avventura”, osserva Massimiliano Smeriglio, assessore regionale nel Lazio, ex Sel. “Non è il moderatismo che ci potrà salvare. Per questo occorre ricominciare a mettere in campo politiche di sinistra. Più siamo moderati è più le persone non ci seguono”, afferma il governatore toscano Rossi, che da un anno scalda i muscoli per sfidare Renzi e ora, invece, ha scelto l’uscita dal partito. “Riavvicinare la politica al pensiero”, “rispondere con politiche neo keynesiane a quelle neo liberiste”, sono altre sue frasi ad effetto. Intanto, propone Scotto, ripartiamo dai referendum sociali della Cgil: il governo deve indicare subito una data. Ambiente, eguaglianza, diritti, lavoro sono le parole d’ordine della Cosa Rossa. Bersani, per ora, sarà un passo indietro, anche se qualcuno in realtà vorrebbe che avesse un ruolo. D’Alema, invece, sarà defilatissimo. “Purtroppo Massimo ci fa perdere voti”, dice qualcuno dalla platea. I due big oggi assenti, però, sono pienamente della partita. E saranno loro a suggerire idee, iniziative e strategia. La sensazione, però, è che tutto ciò sia solo una parentesi: come ha fatto capire lo stesso D’Alema, se per caso Renzi perde il congresso, allora tutto cambia e si torna a dialogare. Ovvero si torna nel Pd? Chissà…

In settimana, dicevamo, nasceranno i gruppi in Parlamento che peseranno sulla maggioranza. In Senato, per esempio, senza di loro il governo non avrà la maggioranza. Ed è propria su questa forza che Mdp farà sentire il suo peso sul governo. Gentiloni (e Renzi) sono avvisati.


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