Non era mai accaduto che i due Capitani Reggenti, la più elevata carica istituzionale della Repubblica di San Marino – equivale alla figura del Capo dello Stato – fossero entrambe donne. Elette dal Consiglio grande e generale (Parlamento) Mimma Zavoli e Vanessa D’Ambrosio sono entrate in carica il primo aprile suscitando favorevoli commenti, oltre che per i requisiti delle due personalità, per questa svolta “storica”.
La Zavoli è stata attivista dal 1977 al 1989 nel Movimento giovanile del Partito democratico cristiano sammarinese e membro di giunta per lo stesso partito nel Castello di Città. All’inizio del 2012 partecipa alle fasi costitutive del Movimento Civico 10, di cui è co-fondatrice. È entrata per la prima volta in Consiglio grande e generale con le elezioni del 2012, aderendo al gruppo consiliare del Movimento Civico 10. È stata presidente della I° Commissione consiliare permanente Affari interni, nonché membro della Commissione affari di giustizia, del Consiglio dei XII e del Gruppo nazionale presso l’Unione interparlamentare.
Vanessa D’Ambrosio, ventottenne, dal 2015 è coordinatore della formazione politica Sinistra unita. Da dicembre è stata capo delegazione per San Marino al Consiglio d’Europa. Alla plenaria di gennaio, a Strasburgo, ha firmato una mozione per la protezione dei minori migranti attraverso l’istruzione. Ha attivamente lavorato a un questionario inviato dalla Commissione affari sociali e sviluppo sostenibile del Consiglio d’Europa per la Carta sociale europea, atto riguardante una serie di norme per ridurre le tensioni e affermare la rilevanza dei diritti sociali nelle fasi di crisi.
Durante la solenne e suggestiva cerimonia di insediamento la nuova Reggenza “femminile” non ha mancato di richiamarsi nel suo discorso ai valori fondanti dell’antico Stato ribadendo “l’interesse prioritario del nostro Paese a rafforzare un fronte comune che condanni ogni forma di aggressione di natura terroristica e promuova una cultura sempre più forte di pace e di solidarietà verso le troppe vittime dei conflitti in corso e delle più aberranti violazioni dei diritti umani”. Per poi aggiungere: “Abbiamo bisogno di trasferire fiducia e sicurezza nelle Istituzioni, che devono continuare a rappresentare, tra l’altro, una roccaforte della legalità e del contrasto ad ogni forma di corruzione e di criminalità su vasta scala. Conveniamo nel ritenere una priorità assoluta l’impegno a garantire una corretta applicazione delle regole. In questa direzione incoraggiamo l’azione della magistratura, che oggi, in totale autonomia, esplica la piena perseguibilità delle condotte illecite, favorendo, allo stesso tempo, una positiva rappresentazione di una realtà statuale pienamente aderente ai più avanzati standard internazionali”.
Dunque, oltre che l’affermazione di un lodevole indirizzo cui la Repubblica intende attenersi, anche una opportuna stoccata a certi mendaci luoghi comuni su San Marino che perdurano per deplorevole ignoranza o per meschine strumentalizzazioni. E una indiretta risposta anche a Roberto Saviano che in questi giorni aveva definito San Marino “buco nero dell’Italia”, la quale certo non ne è priva ma che trovano allocazione altrove. Chissà se il maldestro insulto – fortemente stigmatizzato dai segretari di Stato per gli affari esteri Renzi e per gli affari interni Zanotti – ha richiamato l’attenzione delle autorità diplomatiche italiane tenendo conto degli apprezzamenti rivolti a San Marino dal presidente Napolitano in visita alla Repubblica nel 2014; o dell’ampio riconoscimento a San Marino “per la forte azione intrapresa” da parte di Gafi, Moneyval e Fondo monetario internazionale, come riferisce l’ambasciatore Daniela Rotondaro in una relazione sui “rapporti economico-commerciali tra Italia e la Repubblica del Titano”; o del comunicato del Mef italiano a conclusione dell’incontro (22 aprile 2016) tra le amministrazioni fiscali italiane e sammarinesi in cui si affermava:”Il percorso di trasparenza e di allineamento alla normativa internazionale compiuto in questi anni rendono la Repubblica di San Marino un partner affidabile”.
Nel giugno 2016 l’allora ministro degli esteri italiano Gentiloni ha “assicurato il sostegno del governo italiano agli sforzi della Repubblica verso il raggiungimento di sempre più elevati standard in materia di governance e trasparenza della propria amministrazione, anche alla luce della ottima collaborazione esistente tra le amministrazioni tecniche dei due Stati”. Nel settembre 2016, inoltre, ebbe luogo un vertice tra le amministrazioni fiscali italiane e sammarinesi a conclusione del quale il vice ministro della economia italiano Luigi Casero espresse apprezzamenti sulla linea di condotta del Titano. Sono solo alcuni dei dati di fatto evocabili in materia, tra i quali non può mancare comunque anche l’intervista del segretario di Stato agli affari esteri Nicola Renzi rilasciata l’8 marzo scorso nella sede della stampa estera di Roma, dopo un incontro con le autorità italiane a conclusione del quale i rapporti tra i due Paesi sono stati definiti “ottimi”. E non pare quindi che a Renzi sia stato rimproverato di rappresentare un “buco nero per l’Italia”.
Non erano mancate in precedenza donne “capitano reggente”, ma sempre in coppia con un collega maschio. La prima in assoluto fu Maria Lea Pedini, nell’aprile del 1981. Poi nel corso degli anni ne seguirono altre 16. L’accesso delle donne all’Istituto Reggenziale è piuttosto recente. Infatti il diritto di voto attivo alle donne venne introdotto con la legge 23 dicembre 1958, poi concretamente esercitato dal 1964. Il riconoscimento dell’elettorato passivo ebbe invece luogo nel 1973 (la legge n. 29 dettò: “È abolita qualsiasi restrizione che impedisca alla donna di assumere cariche, impieghi e funzioni pubbliche”). E appunto solo nel 1981 una donna assurse alla più alta carica dello Stato.
La “Serenissima Repubblica di San Marino” è uno Stato che fa parte di numerose organizzazioni internazionali tra le quali il Consiglio d’Europa e le Nazioni unite, dove il suo voto conta come quello di tutti gli altri componenti. E così, ad esempio, la Germania che punta a entrare nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha recentemente effettuato una visita ufficiale nella Repubblica per sensibilizzarla alla sua aspirazione. A partire dal 2008 San Marino, Repubblica indipendente per tanti secoli, è stato riconosciuto dall’Unesco “patrimonio dell’umanità” in quanto “testimonianza della continuità di una Repubblica libera fin dal XIII secolo” e dei valori di libertà e solidarietà cui nel tempo essa si è attenuta.
Il primo documento in cui figura l’esistenza di due capitani reggenti, a suo tempo chiamati “consules”, è del 12 dicembre 1243. Erano “consoli” allora Filippo da Sterpeto e Oddone di Scarito. Per essere nominati capitani reggenti occorre essere cittadini sammarinesi originari e aver compiuto 25 anni. Il requisito dell’età è fissato fin dagli Statuti del ‘600. Inoltre non è possibile essere rieletti se non dopo tre anni dallo scadere del mandato. Al termine dell’incarico i reggenti sono sottoposti al “sindacato”, procedura che ha il compito di giudicarli “sia per quanto fatto, sia per quanto non fatto” sulla base di eventuali ricorsi presentati da qualsiasi cittadino. La Reggenza è la massima espressione dello Stato e della democrazia sammarinese: al termine del semestre, con grande semplicità, il “capitano” torna ad essere un cittadino qualunque, senza alcun privilegio.