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Che cosa lega Parma alla Francia

Parma

Arriva la campagna delle amministrative, gli schieramenti si formano, le suole iniziano a consumarsi per le strade di Parma. È tempo, primavera folle, di tornare a mettersi gli indumenti pesanti, tira vento e freddo per giunta, e non c’è verso di perdere un giorno di cammino per un raffreddore inatteso. Vedere che lo zaino sia pieno, ma non pesante. E partire per l’ignoto, perché il destino, in queste cose degli esseri umani, non è mai quello scritto.

L’aria elettrica è però un presagio, qualcosa sta per succedere. Non bisogna lasciarsi distrarre dalle bizze del clima di giornata, dagli eventi esterni, dalle primarie nazionali, dall’implosione vero o presunta dei 5 Stelle, dai vescovi, da Renzi o da altro. Qui bisogna tenere il passo, uno solo: quello sicuro di chi ha negli occhi il traguardo, anche se sta oltre una collina di incertezze. Che non sono poche, a Parma. A Parma che, con la sua tradizione francese, non potrà poi produrre un risultato tanto diverso da quello registrato nel primo turno d’Oltralpe.

Perché Parma di domani sembra la Francia, con la sua serie di quattro candidati a poca distanza negli alti e bassi d’opinione di qualunque campagna elettorale. Dove in ogni ‘cantone’ ci sono giochi e giochetti. Dove sono quotidianità i tradimenti, di cuore o di calcolo, e le alleanze trasversali. In Emilia c’è infatti chi spera nel PD che vinca Pizzarotti per sbertucciare Grillo e trovare un rinforzo insperato laddove per i Democratici nostrani c’è sempre stato il deserto. C’è chi spera che vinca il centrodestra a guida leghista: gli uni per poter ricostruire dalle macerie del centrosinistra, gli altri per dar seguito a quella riscossa annunciata, e mai realizzata, da Matteo Salvini, da lui che gioca a fare la Le Pen al maschile, incurante della propria sottodotazione di carisma e pathos. C’è anche il Movimento 5 Stelle, che corre contro il suo ex-primo sindaco d’Italia. Che li ha usati e abbandonati o viceversa, a seconda delle versioni.

C’è infine chi punta su un outsider. Il candidato del centro sinistra l’ingegner Paolo Scarpa. Intanto è simpatico, dote rara in politica. Uno che viene poco considerato da quell’establishment politico (e dal mainstreaming culturalmmediatico) che è sempre troppo preso dal quadro nazionale per chinarsi a guardare cosa, fuori dagli schemi, accade in città. Uno che gli industriali e altri mondi (dal Collegio Europeo all’Autority Alimentare Europea o dal teatro Regio al Crêdit Agricole CariParma) scrutano con l’incertezza di chi non ha le lenti giuste per scorgere i contorni di un fenomeno inedito. Perché questo outsider, poi, convince ovunque vada. Un sorriso, un voto, dicono a Parma. Parla una lingua nuova, mette in armonia posizioni e punti di vista che la politica degli steccati ha sempre considerato divergenti. Dalle periferie al centro storico. E ho toccato con mano (altro presagio visto che domenica il Vangelo ha raccontato i dubbi di San Tommaso) che gli basta un incontro per far piovere schede nell’urna, come è successo alle primarie.

Alla fine di una lunga campagna incerta pioveranno anche l’11 di giugno e pioveranno dove lui vorrà? Non lo possiamo dire adesso, ma, se la traccia storica che lega Parma alla Francia fosse più che una reminiscenza sepolta nella storia e il gioco intellettuale di chi scrive, allora quantomeno, come al di là delle Alpi, qui un nuovo paradigma è in arrivo. Un nuovo modello, pronto a lasciare con un palmo di naso chi, nel cercare anche rocambolescamente la rassicurazione aritmetica del già noto, non sarà stato in grado di muovere un semplice passo in avanti. Verso l’ignoto…


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