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Cosa dice la Guardia Costiera di migranti e Ong

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La valanga di parole e polemiche sul tema del rapporto tra Ong e migranti ha trovato una buona sintesi in pochissimi numeri forniti dal comandante della Guardia costiera, ammiraglio Vincenzo Melone (nella foto), nell’audizione del 4 maggio davanti alla commissione Difesa del Senato: “Noi ormai facciamo operazioni di soccorso in un milione e 100 mila chilometri quadrati di mare, la metà del Mediterraneo, e non più nei 500 mila che ci spettano, perché davanti alla Libia c’è un buco”. Si tratta di uno sforzo “così pesante, per tempo, dimensioni e responsabilità che nessuna Guardia Costiera al mondo si è mai trovata ad affrontare”. Se non si ricorda questo quadro d’insieme, si perdono le dimensioni di “un problema umanitario epocale” e la soluzione può consistere solo in “straordinarie misure di carattere politico”, come ha detto Melone, da sviluppare a terra.

LA CONFERENZA DI LUGLIO

La politica tornerà a occuparsene il 6 luglio a Roma nella conferenza sull’emergenza migratoria annunciata dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano, nell’ambito dell’agenda per la presidenza del G7. Alla riunione parteciperanno rappresentanti della Libia, dell’Ue, dei Paesi di transito dei migranti e delle organizzazioni Oim e Unhcr. Per il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, l’obiettivo “nel breve-medio periodo non può che essere quello di ridurre i volumi dei flussi irregolari e sostituirli con flussi regolari togliendo ai trafficanti il controllo dei flussi migratori”.

LA DECISIONE DEL CSM

Sul fronte interno, invece, sembrano placarsi le polemiche sul procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. Il Csm ha adottato una soluzione salomonica: fornirà a Zuccaro “ogni sostegno possibile (attingendo a tutte le risorse di cui dispone il Csm, compreso il ricorso a eventuali applicazioni), affinché le indagini condotte dalla procura di Catania, così come quelle svolte da altri uffici inquirenti sulle medesime ipotesi investigative, possano svolgersi con la massima efficacia e celerità”. Nello stesso tempo, proprio a seguito delle numerose interviste di Zuccaro, il Consiglio ha deciso di “definire con urgenza linee guida nel rapporto con i media” in modo da poter intervenire con efficacia contro chi non si attiene a “moderazione e continenza”. Sarà interessante vederne l’applicazione pratica.

L’INIZIATIVA DEL PARLAMENTO

Il ciclo di audizioni della commissione Difesa si concluderà giovedì prossimo e il presidente, Nicola Latorre (Pd), ha annunciato di voler ascoltare anche il procuratore di Trapani dopo la notizia pubblicata da Panorama secondo cui una Ong è indagata da quella procura per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Inoltre ripeterà l’invito alle tre Ong tedesche Jugend Rettet, Sea Watch e Sea Eye che hanno rifiutato di essere ascoltate senza neanche rispondere: Latorre proverà di nuovo e in caso negativo “non le faremo più entrare in Italia”, affermazione impegnativa che, se fosse compresa nella relazione conclusiva della commissione, avrebbe un rilevante peso politico.

COME SI MUOVE LA ONG MOAS

L’ammiraglio Melone non poteva che confermare che gli interventi delle Ong sono coordinati dalla sala operativa della Guardia costiera e che, ovviamente, quanto accade al di fuori del soccorso non è controllabile se non per quelle Ong che battono bandiera italiana. La bandiera resta infatti uno degli elementi sospetti per diverse organizzazioni non governative e la risposta dei responsabili dell’Ong Moas (una di quelle nel mirino) al Comitato Schengen della Camera è stata spiazzante: “Non badiamo alla bandiera, ma alle caratteristiche tecniche dell’imbarcazione” e dunque il fatto che le loro navi battano bandiere del Belize e delle Isole Marshall è un dettaglio. Caso vuole che quei Paesi non collaborino facilmente con la giustizia italiana, come ha sottolineato più volte il procuratore Zuccaro.

COME SI DIFENDONO I VERTICI MOAS

Il responsabile delle operazioni della Moas, Ian Ruggier, ha negato contatti con trafficanti e di aver mai svolto attività di intelligence quando era nell’esercito maltese. I finanziamenti, ha detto, arrivano da privati e aziende (6 milioni l’anno scorso) e naturalmente l’ingresso occasionale nelle acque libiche avviene solo su richiesta della Guardia costiera. Una conferma dell’inaccettabile comportamento di Malta è arrivata proprio dalla Moas: nessuna richiesta di intervento da quelle autorità e nessun migrante sbarcato dalla Ong a Malta. Alla Moas non sarebbero mai arrivate neanche telefonate dirette dalla Libia. Su questo ci sono “posizioni articolate”, ha commentato Latorre, mentre Paolo Romani (FI) ha definito deludenti le risposte della Moas, un’organizzazione che ha navi, droni e un aereo. La relazione conclusiva della commissione Difesa sarà probabilmente un punto fermo politico per mettere ordine in una situazione che rischia di andare fuori controllo.



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