Skip to main content

Perché i big Usa dell’energia chiedono a Trump di sfilarsi dagli accordi di Parigi

iran, europa, al-sisi Usa trump

L’americana Western Energy Alliance, una delle principali associazioni che rappresenta gli interessi del settore esplorazione e produzione oil&gas negli Stati occidentali, ha un messaggio per il presidente Donald Trump: gli Stati Uniti devono tirarsi fuori dagli accordi sul clima di Parigi. Non si tratta di disinteresse per l’ambiente ma, sostiene la Alliance, le aziende Usa dell’energia hanno già fatto grandi passi in avanti per essere più sostenibili e gli Stati Uniti sono capaci i ridurre da soli le loro emissioni di gas serra senza alcun bisogno di gravose regole e accordi internazionali.

“FINE DELLE REGOLE PUNITIVE”

La presidente della Western Energy Alliance, Kathleen Sgamma, non ha usato mezzi termini per descrivere il punto di vista delle imprese che rappresenta: “Finalmente con Donald Trump non dobbiamo più avere a che fare con un’amministrazione ostile all’industria del petrolio e gas. Il presidente non ha tradito le promesse di incoraggiare lo sviluppo e eliminare le norme ridondanti che ostacolano la crescita economica e dell’occupazione. Oltre le più rosee aspettative, non solo ora siamo certi che le regole punitive avranno fine, ma la nuova amministrazione ha messo tra le priorità l’abolizione delle vessatorie norme dell’amministrazione Obama. Dagli ordini sugli oleodotti Dakota Access e Keystone XL all’Ordine esecutivo sull’indipendenza energetica, il Presidente Trump fa sul serio quando si tratta di creare lavoro e ricchezza”.

Kathleen Sgamma continua: i dati dell’Environmental Protection Agency (Epa) dimostrano che le aziende dell’energia sono rispettose dell’ambiente e, grazie al forte incremento della generazione di elettricità dal gas naturale, gli Stati Uniti hanno potuto ridurre le emissioni di gas serra “più di ogni altro paese avanzato”. I gruppi dell’energia continuano a rispettare il Clean Air Act, il National Environmental Protection Act, le norme sul fracking, e tutte le altre regole: inutile accumularne altre; anzi, bene la semplificazione normativa introdotta da Trump.

E ORA, ADDIO A PARIGI

Adesso c’è un passo ulteriore che Trump può fare: “Riconsiderare le posizioni sul carbone e ritirarsi dagli accordi di Parigi”, dice la presidente della Western Energy Alliance. “Chiediamo anche di abrogare la norma sulle emissioni di metano creata dal Bureau of Land Management” (e introdotta durante la presidenza di Obama per ridurre la pratica di flaring su terreni di proprietà pubblica). In queste considerazioni Kathleen Sgamma si allinea a quanto sostiene da tempo l’industria oil&gas: le emissioni di metano associate al gas naturale sono scese del 18,6% tra il 1990 e il 2015 mentre la produzione di gas naturale è aumentata di oltre il 45% e non occorrono ulteriori paletti che gravano soprattutto per i costi di compliance. Trump non ha bisogno di essere sollecitato: il Senato Usa ci sta già lavorando.

FATTI E CONTRADDIZIONI

L’Epa ha calcolato che, dal 1990 al 2014, le emissioni di gas serra per dollaro di Pil sono scese del 40%; il trend ha subito un’accelerazione negli ultimi dieci anni. Ciò non è accaduto solo grazie alle politiche “verdi” di Obama che hanno limitato lo sviluppo delle fonti fossili, ma anche al fatto che il mercato si è “naturalmente” spostato dal carbone verso il gas naturale e, in misura minore, verso le energie rinnovabili. Chi negli Usa critica gli accordi di Parigi afferma che gli Stati Uniti stanno autonomamente riducendo l’inquinamento prodotto e gli impegni internazionali equivalgono a lacci e lacciuoli che creano freni e comportano oneri legali senza che vi sia alcuna garanzia di una effettiva applicazione delle regole.

La posizione della Western Energy Alliance è tuttavia contraddittoria perché, se da un lato la presidente ha ragione sulla riduzione delle emissioni ottenuta dagli Stati Uniti e sul ruolo del gas naturale in questo risultato, un revival del carbone potrebbe annullare gran parte dei progressi. In più, il 2017 Energy and Employment Report del dipartimento dell’Energia americano riferisce che l’industria dell’energia solare impiega più persone di carbone, petrolio e gas messi insieme, se si considera solo l’attività di generazione di elettricità, mentre uno studio condotto da EDFClimateCorps calcola che l’industria delle rinnovabili (sole e vento) crea nuovi posti di lavoro a ritmi 12 volte più alti degli altri settori economici. Mentre nell’industria dei combustibili fossili la crescita media dell’occupazione è stata negativa (-4,5%) dal 2012 al 2015, nell’industria delle rinnovabili è cresciuta del 6%. Insomma, difficile capire, tra sussidi alle rinnovabili e ordini esecutivi pro-oil&gas, se sono davvero le forze spontanee del mercato a decidere.

BRACCIO DI FERRO ALLA CASA BIANCA

Kathleen Sgamma però è ferma: gli accordi di Parigi sono “un esperimento che non può funzionare”, perché gli Usa non riusciranno mai a rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni del 26% entro il 2025  e in più a Parigi sono stati forniti “numeri e previsioni arbitrari”. “Gli Stati Uniti sono tra i paesi più efficienti nel ridurre le loro emissioni di gas serra, e non per gli accordi di Parigi o di Kyoto o per i sussidi all’energia eolica e solare, ma perché l’industria del gas naturale ha fatto leva sull’innovazione tecnologica e sulle forze di mercato”, ha dichiarato.

Trump intanto ha ottenuto da un tribunale federale lo stop alle cause legali intorno al Clean Power Plan di Obama, primo passo, secondo la stampa Usa, per mettere da parte le politiche di contrasto al cambiamento climatico del predecessore. Trump ha già firmato, lo scorso mese, un ordine esecutivo che indica di riscrivere le regole dell’Epa sui limiti della CO2 emessa dalle centrali elettriche, siano vecchie o di nuova costruzione, anche se la norma di Obama in questo ambito, che tocca solo le centrali nuove o ristrutturate, non quelle esistenti, non sarà toccata.

Sul ritiro dagli accordi di Parigi per ora alla Casa Bianca continua il testa a testa tra oppositori e fautori; negli ultimi giorni il fronte del no ha segnato qualche punto a favore, ma restano molti dubbi sulla reale possibilità di una exit da Parigi. A voler dire addio agli accordi sul clima è soprattutto il capo dell’Epa, Scott Pruitt, mentre il segretario dell’Energia Rick Perry propone una rinegoziazione e il segretario di Stato Rex Tillerson vuole restare. Ovviamente Trump si consulta anche con la figlia Ivanka e suo marito, Jared Kushner: per loro a Parigi bisognerebbe continuare a dire sì.


×

Iscriviti alla newsletter