Dopo l’incontro con Papa Francesco, Donald Trump si è precipitato a cambiare le immagini delle intestazioni dei suoi due profili twitter. Sia su quello ufficiale da presidente Usa @potus che su quello privato @realDonaldTrump campeggia adesso la foto dei due al tavolo della biblioteca privata del pontefice. Donald si è coinvolto nelle vie di Roma? Presto per dirlo. Massimo Faggioli, teologo italiano che insegna negli Usa, molto critico verso Trump, a Tv2000 confida che l’aria del Vaticano e l’aura di Francesco qualche effetto possano esercitarlo.
COSA DICONO OSSERVATORE ROMANO E RADIO VATICANA
A diversi analisti non è sfuggita la scelta dell’Osservatore Romano di dedicare all’udienza del Papa al presidente statunitense solo un trafiletto. Lo rileva, ad esempio, Cindy Wooden, corrispondente da Roma del Catholic News Service, l’agenzia di stampa della conferenza episcopale Usa. Il quotidiano del Vaticano sceglie di aprire la sua prima pagina con l’udienza generale del mercoledì, mentre all’incontro del presidente Usa è riservato un taglio basso con foto, dove viene riportato il testo dell’asciutto comunicato stampa della Santa Sede. E nulla c’è nelle sette pagine interne dell’edizione uscita nel tardo pomeriggio di mercoledì. Oltretevere si sminuisce la portata dell’appuntamento? La scelta dell’Osservatore non è così inconsueta: è la linea normalmente tenuta per ogni udienza papale a un capo di Stato. Di certo più ampio spazio ha dato l’altro media ufficiale della Santa Sede, la Radio Vaticana, che all’incontro ha dedicato servizi e la top story del portale web, sottolineando nel titolo “l’impegno comune per la vita e la pace”.
OBAMA E TRUMP, COMUNICATI DELLA SANTA SEDE A CONFRONTO
Dopo l’udienza del 2014 all’allora presidente Usa Barack Obama, la stampa internazionale enfatizzò i punti di contatto tra quella amministrazione e il Papa argentino. A leggere i comunicati rilasciati dalla Santa Sede oggi e allora, non si possono però notare toni differenti. Entrambi gli appuntamenti vengono definiti “cordiali colloqui”. Ma nel 2014 il fraseggio è più asciutto. Quasi freddo. Sulla parte internazionale si metteva l’accento su rispetto del diritto umanitario nelle aree di conflitto. Quanto alle vicende interne agli Usa, si richiamavano “questioni di speciale rilevanza per la Chiesa come l’esercizio dei diritti alla libertà religiosa, alla vita e all’obiezione di coscienza”. Trump in Vaticano ci è arrivato dopo avere smantellato i finanziamenti pubblici alle ong che praticano aborto, nominato un giudice prolife alla Corte suprema, e avere firmato un ordine esecutivo sulla libertà religiosa e di coscienza che se a qualcuno è parso insufficiente l’episcopato Usa ha mostrato di apprezzare come primo passo. Nel comunicato della Santa Sede di ieri, si esprime “compiacimento” (sostantivo che mai compare nel comunicato 2014) per le “buone” relazioni bilaterali tra i due Stati (aggettivo che non compariva dopo l’udienza con Obama). Il “comune impegno” che piace alla Santa Sede è quello “a favore della vita e della libertà religiosa e di coscienza”. Non mancano i richiami a tre punti critici, quando si auspica “serena collaborazione” su salute, educazione e assistenza ai migranti. Tutti campi su cui l’episcopato Usa si è espresso chiaramente in divergenza con le scelte della Casa Bianca. Dalle preoccupazioni per lo smantellamento dell’assistenza sanitaria per i più poveri, al recente taglio delle risorse federali alle scuole per i meno abbienti (a favore della spesa per armi e difesa), così come alle ben note divergenti posizioni in tema di immigrazione. Il comunicato vaticano sottolinea poi gli altri temi dei colloqui di Trump con il Papa e il successivo con il segretario di stato, Pietro Parolin, calcando sulla “promozione della pace nel mondo tramite il negoziato politico e il dialogo interreligioso, con particolare riferimento alla situazione e alla tutela delle comunità cristiane”.
CAMBIAMENTI CLIMATICI NON AL CENTRO
Stando ai comunicati ufficiali, l’ambiente – tema in agenda al G7 di Taormina – non viene mai citato come tema degli incontri in Vaticano. Eppure in Italia alcuni osservatori proprio su questo hanno insistito, come Federico Rampini, che ha incentrato la sua lettura sul dono di Francesco di una copia rilegata dell’enciclica sulla custodia del creato Laudato si’. Sostiene Repubblica: “Bergoglio anticipa le pressioni del G7 sul presidente Usa sugli accordi di Parigi, che Trump ha criticato ed è pronto a rinnegare”. C’è da dire che il Papa dona a tutti i capi di stato in visita, insieme agli altri suoi documenti più importanti, anche la sua enciclica “green”. Certo che il Vaticano non ha cambiato la sua posizione. Se non è dato sapere se Bergoglio nei 29 minuti di colloquio privato si sia soffermato sul clima, lo ha fatto invece il suo segretario di Stato. Lo ha riferito Rex Tillerson che ai giornalisti ha riferito che Parolin aveva parlato al presidente Usa anche di ambiente. “Penso – ha riferito Tillerson – che il cardinale ci incoraggiasse a continuare ad aderire agli accordi di Parigi. Ma abbiamo comunque avuto uno scambio buono su come coniugare una risposta ai cambiamenti climatici e garantire una fiorente economia”.
COME VALUTA L’INCONTRO AVVENIRE
Se l’home page del sito di Famiglia Cristiana dedica all’udienza un articolo “di colore” a Melania e Ivanka su “stile e bellezza all’altezza del cerimoniale” vaticano, maggiore attenzione la riserva Avvenire. Nel giorno in cui diventa ufficiale la nomina del nuovo presidente della Conferenza episcopale, il giornale della Cei sceglie comunque di dare la notizia dedicandogli il taglio alto di apertura in prima dal titolo “Nel segno della pace”, l’editoriale e due pagine interne di approfondimento. Scrive il vaticanista del quotidiano, Mimmo Muolo: nessuno si illudeva che trenta minuti bastassero ad appianare le fin qui evidenti divergenze tra Trump e Bergoglio. Ma dopo il primo incontro si possono accogliere alcuni segnali con “ragionevole ottimismo”. L’editoriale, dal titolo “Suggerire strade”, offre una chiave di lettura: “L’atteggiamento di Francesco si emancipa da ogni tipo di etica hollywoodiana ossessionata dall’impulso di dividere il mondo in buoni e cattivi”. Sono righe di particolare interesse, perché firmate da Stefania Falasca, che di Bergoglio è amica di vecchia data. Osserva la giornalista – alla quale Francesco dedicò una delle sue prime telefonate da Papa, la sera stessa dell’elezione – che “la Santa Sede e il Papa non hanno patenti di legittimità da concedere o da ottenere, agende proprie da rivendicare… Anche la simbolicità dei doni presentati dal Papa, come il Messaggio per la pace, dicono di una delicatezza esercitata senza che tuttavia questa nasconda i temi e le questioni di scottante interesse”.
LA PACE AL CENTRO DEI COLLOQUI E L’IMPEGNO DI TRUMP
Pace. È il punto cruciale dell’incontro. Pace tramite negoziato politico e dialogo interreligioso, con particolare riferimento al Medioriente e alla tutela delle comunità cristiane. E il presidente Usa ha reagito subito. Terminata l’udienza ha twittato: “Lascio il Vaticano più determinato che mai a perseguire la pace per il nostro mondo”. Ha giocato d’anticipo sulla difesa dei cristiani. Riferisce Gianni Valente per Vatican Insider che, praticamente in contemporanea alla visita romana del presidente, a Washington il suo vice, Mike Pence, era impegnato in un summit con i tre patriarchi delle Chiese d’Oriente per un confronto su “come contrastare le sofferenze dei cristiani in Medio Oriente”. E, riferisce un comunicato della Casa Bianca, Trump ha assicurato in Vaticano che gli Stati Uniti stanzieranno 300 milioni di dollari contro la la fame nel mondo, in particolare in Yemen, Sud Sudan, Somalia e Nigeria. E per Francesco la lotta alla povertà è una parola di pace.
DI MURI E DI GUERRE SENZA SCONTRI DI CIVILTÀ
Trump era arrivato a Roma dopo due incontri simbolici con le altre due grandi religioni: islam in Arabia Saudita ed ebraismo in Israele. Ha toccato muri: quello del tempio di Gerusalemme, il luogo più sacro per gli ebrei dove nessun presidente Usa in carica era mai andato. Trasferendosi a Betlemme ha attraversato quello che divide Israele e Cisgiordania sul quale aveva pregato Francesco in silenzio. A Roma ci è arrivato il 24 maggio. Per la Chiesa, festa di Maria Ausiliatrice, titolo di auxilium christianorum promosso da san Pio V a metà del 1500 quando i turchi assediavano l’Europa e ci si preparava alla battaglia di Lepanto. Per gli italiani il 24 maggio è il giorno della Canzone del Piave, che “mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti” dell’esercito italiano che si stava posizionando alla frontiera con l’Austria nel 1915 “per far contro il nemico una barriera”.
PUNTI DI DIVERGENZA E DI CONTATTO
Di muri e pace nel 24 maggio del Vaticano tra Trump e Francesco si è parlato. Con l’uomo che ha sganciato la “madre di tutte le bombe” sull’Afganistan. Ma anche con il presidente che tre giorni prima a Riyad parlando di terrorismo è parso voler chiudere con la narrazione della guerra tra civiltà. Dicendo di un una battaglia “non tra fedi o civiltà” ma tra “barbari criminali che cercano di distruggere la vita”. Espressione che riecheggia quella di Francesco che, riferendosi ai terroristi, li ha definiti “povera gente criminale”. In Vaticano con Trump non c’era Steve Bannon: il “falco” della sua presidenza è volato a Washington subito dopo gli appuntamenti in Israele. Eppure Trump è lo stesso presidente che ha siglato coi sauditi contratti per l’export di armi per 110 miliardi di dollari. Francesco gli ha replicato donandogli il suo Messaggio sulla pace del 2017 tutto incentrato sulla nonviolenza. Dove cita anche Martin Luther King, che al Congresso Usa nel 2015 aveva indicato come rappresentante del popolo americano capace di sognare “libertà nella pluralità e non-esclusione”. Trump ha scelto di regalare a Bergoglio proprio un cofanetto degli scritti di King. Punti di contatto e divergenze. Come scrive Falasca su Avvenire: “Non si può affermare chi da questo incontro esce perdente o vincente, perché la dinamica non è quella di rincorrere vittorie ma di suggerire strade che possono toccare sentieri di umanità condivisi, anche da Donald J. Trump. E questa è la proposta che è stata fatta al capo della Casa Bianca”.