“Ciao segreta’… Mi salutava sempre così, anche quando ero presidente del Consiglio. E così mi ha salutato per l’ultima volta anche ieri sera”. È toccato a un Matteo Renzi commosso e quasi sorpreso, nelle vesti di ultimo segretario dell’ultimo vigilante del “mitico” servizio d’ordine del vecchio Pci, dare alla direzione del Pd l’ultimo saluto a Guido Quaranta. Preceduto dal ricordo del presidente del Pd Matteo Orfini, che invece viene dal Pci.
Una storia tutta in rosso quella del “compagno Guido” che pronunciava quel “segreta’” pensando a quello che per il Pci era il più importante incarico e cioè: il segretario generale del partito. Insomma, il leader, da Enrico Berlinguer ad Achille Occhetto, fino al cambio del nome, a Renzi, che dalla “chiesa” rossa non viene. Ma il filo rosso di “Guido”, morto all’improvviso, ancora sessantenne, senza poter sapere come sarebbe andata a finire non solo la storia della sua sinistra ma la complicata vicenda italiana arrivata a un tornante decisivo, era la sua passione per la politica in senso lato. Quella politica che lui ebbe il privilegio di conoscere e masticare sin da ragazzo quando, dopo una accurata selezione, come ricorda in un bell’articolo, sull’Unità online di Mario Lavia, Gianni Cuperlo, venne “arruolato” nel servizio d’ordine del Pci.
Autista, factotum, vigilante, al seguito di tutti i big rossi, ma soprattutto militante appassionato, “il compagno Guido” viene omaggiato su Twitter da Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore, che a L’Unità è cresciuto, come “uomo gentile e indispensabile”. Da ex giornalista dell’Unità, anche io, posso confermare, con il ricordo di un’immagine indelebile nella mente: Guido, il gigante gentile che in un giorno torrido d’estate correva appresso al direttore dell’Unità (quella ancora organo o comunque giornale del Pci, negli anni ’80) Emanuele Macaluso (nella foto), porgendogli, prima di farlo entrare in macchina, fazzolettini detergenti per alleviare la morsa del caldo.
Via dei Taurini, storica sede allora del quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Un secolo fa. Per i vigilanti Pci il top della “carriera” era seguire il segretario generale e i direttori dell’Unità, ovvero dirigenti di punta anche loro del partito. Da Via dei Taurini e Via delle Botteghe Oscure, al seguito di direttori e big rossi fino a Largo del Nazareno. Guido è stato testimone di primo piano di tutte le più importanti vicende della sinistra, gentile e indispensabile, minuzioso anche nei particolari del suo lavoro, ma sempre con il suo punto di vista di militante-sentinella degli umori dell’elettorato e comunque sempre con un suo autonomo punto di vista, che ovviamente, fedele alle regole come era, non confessava mai.
Ma il motore era la passione per la politica in generale, anche fuori dagli steccati di appartenenza. La scomparsa di Guido fa venire in mente altri personaggi di altri partiti che ricoprivano incarichi simili. Con la sua morte e quella di pochi anni fa di Nicola Manzi, anche lui ancora sessantenne, il militante socialista, autista-factotum di Bettino Craxi, che tirò via dalla tempesta di monetine del Raphael l’ex premier e leader del Garofano, da lui protetto fino agli ultimi giorni di Hammamet, probabilmente scompare una figura speciale di angeli custodi, militanti generosi e appassionati che nell’ombra, con il loro così tanto appassionato disinteresse personale, hanno contribuito al cammino della politica e dei partiti, così oggi tanto deprecati.