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Che cosa succede davvero al centro fra Alfano, Fitto, Parisi e Verdini

Di Bruno Guarini e Gianluca Roselli
Angelino Alfano

Paradossalmente quello che avverrà al centro dello schieramento politico potrebbe essere il dato più interessante della campagna elettorale che verrà. Alternativa popolare di Angelino Alfano, con la nuova legge elettorale che si appresta a essere approvata entro luglio, sarà costretta a realizzare una lista di centro per superare lo sbarramento del 5% su cui Matteo Renzi è inamovibile. Tra i due ormai è guerra totale, anche se, nonostante i fuochi d’artificio e le minacce, sulla fiducia alla manovrina alla Camera i centristi hanno votato a favore, restando dunque in maggioranza: “Alfano in questi ultimi anni è stato ministro di tutto. Se poi non riesci a prendere nemmeno il 5%, non è che si può bloccare tutto”, gli ha detto con un tono denigratorio Renzi. Tutto ciò, però, rende assai interessante la partita al centro dove, se si vuole superare la soglia di sbarramento, bisognerà costruire un’alleanza che, sulla scheda, diventi una lista.

Ma chi sarà della partita? Gli interlocutori sono diversi. Ci sono Lorenzo Cesa e Pierferdinando Casini che, dopo aver preso strade diverse, potrebbero tornare a convergere, nonostante ancora adesso il primo guardi più a Berlusconi e il secondo a Renzi. C’è Fare!, il movimento messo in piedi dall’ex sindaco di Verona Flavio Tosi. C’è Direzione Italia di Raffaele Fitto, che però al momento si colloca nel centrodestra, ma salvininiani e meloniani – si dice – non sono troppo entusiasti di accogliere i fittiani. Ci sono gli ex di Scelta civica, divisi fra lo zoccolo duro che fa capo a Enrico Zanetti e che punta ancora sul riformismo renziano e quelli rimasti cani sciolti in Parlamento che guardano ai moderati. E c’è anche Energie per l’Italia di Stefano Parisi. E poi ci sarebbe anche Denis Verdini, che però nessuno ha il coraggio di nominare e qualcuno lo considera già terreno berlusconiano (e su Verdini oggi si abbatte il niet di Parisi con un’intervista alla Stampa). E c’è pure Idea di Gaetano Quagliariello, che però con Alfano non si parla da quel dì. Insomma, tanti cespugli, tutti divisi tra loro.

Prendiamo, ad esempio, Fitto. L’ex governatore pugliese alle amministrative di giugno si presenterà con il centrodestra e rivendica la sua azione in Parlamento in opposizione a Renzi e Gentiloni. Per questo la strada principale di Direzione Italia (già Conservatori e Riformisti) sarà quella di lavorare per costruire un’alleanza di centrodestra con Berlusconi, Meloni e Salvini. Se poi questo non sarà possibile, allora magari si valuterà la soluzione centrista. Ma per il momento Fitto non è annoverabile tra i cespugli alfaniani.

“Noi dobbiamo costruire un progetto credibile, un programma serio che possa parlare al ceto medio che non si sente rappresentato da Renzi e Berlusconi. Non possiamo fare la semplice somma dei nostri partiti, perché in politica le somme non funzionano mai. Dobbiamo costruire qualcosa di nuovo, anche come leadership”, spiega il deputato di Ap, Sergio Pizzolante.

Giovedì ci sarà una nuova riunione del vertice del partito alfaniano e sarà interessante vedere se il ministro degli Esteri farà ancora il nome di Stefano Parisi. “Il leader di Energie per l’Italia è interessato, con lui si può dialogare, può essere il leader, che però sarebbe meglio scegliere con le primarie”, osserva Pizzolante. Parisi, dunque, potrebbe essere il volto utile a dare nuova linfa a questo terreno. Lui, per ora, nicchia. E alla Stampa oggi dice: “Inutile unire tanti pezzettini solo per cercare di superare il 5%”. Come dire: meglio costruire un movimento completamente nuovo. Tenendo conto, ha aggiunto, “che è più facile trovare un’alternativa a Renzi nella coalizione di centrodestra”.

Per questo l’identikit preferito di Alfano come uomo di riferimento elettorale, candidato premier, resta quello di Carlo Calenda che però, al momento, si è resto indisponibile, forse sperando di giocare un ruolo come riserva della Repubblica in futuro. E nel frattempo, dopo gli applausi incassati nell’assemblea di Confindustria, ha riallacciato rapporti con l’ex premier Renzi che lo avrebbe chiamato.

Alfano, comunque, ci è rimasto malissimo. Il ministro degli Esteri si può così annoverare come l’ultimo dei fregati da Renzi. Dopo Enrico Letta e Silvio Berlusconi, infatti, è lui quello rimasto con un pugno di mosche in mano, dopo aver avuto più volte assicurazioni dall’ex rottamatore su una legge elettorale non dannosa per i centristi. E questa accelerazione sulle urne ha convinto Alfano del fatto che Renzi si muova solo per sete di rivincita sulla disfatta del 4 dicembre. “Vuole tornare al più presto a Palazzo Chigi e per questo sta sacrificando tutto: legge elettorale e alleanze. Essere tornato segretario del Pd non gli basta”, è il ragionamento che Alfano in queste ore ha fatto ai suoi. “Nelle ultime ore ho ricevuto tante telefonate: c’è un bel pezzo di Paese, a cominciare dagli imprenditori e dalla classe dirigente, che non capisce questa accelerazione e guarda a noi con grande speranza”, ha detto Alfano ai suoi interlocutori. E ora il ministro degli Esteri dovrà mettersi al lavoro: il listone centrista è un’urgenza che, calendario alla mano, non è più rinviabile.


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