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I mondi di Almerigo Grilz

malgieri, francia, marine le pen

Ci sono tanti modi per fare il giornalista, professione oggi pericolosamente in disarmo. La più affascinante, non priva di rischi, resta quella del reporter di guerra o anche di pace visto che pace non c’è più in nessun lembo di mondo. Trent’anni fa, nel maggio 1987, in uno sperduto angolo del Mozambico, un proiettile vagante colpiva a morte il giovane free lance triestino Almerigo Grilz. Aveva 34 anni. Un esempio per tutti coloro che vorrebbero (e magari non possono) intraprendere questo mestiere per portare dentro case e coscienze gli orrori del mondo.

Grilz agli orrori si era “affezionato”. Non li amava, è ovvio. Ma non poteva starne lontano: brutalità di ogni genere attraevano la sua intelligenza. Voleva vedere per capire e documentare. In Africa e in Afghanistan, in Birmania e in Cambogia, in Iran e in Iraq, in Angola, Eritrea e nel fatale Mozambico. Qui, primo reporter occidentale a documentare la guerra civile che contrapponeva i guerriglieri della resistenza nazionale mozambicana (RENAMO) ai governativi del Fronte di liberazione del Mozambico (Frelimo) , trova la morte, per caso, come quasi sempre accade a tutti coloro che imbracciando telecamere, macchine fotografiche e servendosi di taccuini imbrattati da note e sensazioni, vanno incontro al loro destino. Reporter sans frontières, in Normandia, in una lapide che ricorda tutti i giornalisti caduti nel dopoguerra, vi ha apposto il suo nome. Grilz riposa nella terra che non non gli è stata amica.

Per onorarne la memoria a Trieste è stata allestita una mostra. Due suoi amici, Pietro Comelli e Andrea Vezzà gli hanno dedicato un libro-album suggestivo, commovente e di rara bellezza: I mondi di Almerigo (pp.157, 25,00 euro), nel quale è sintetizzata tutta la vita del giovane giornalista, compresa la sua acerba attività politica accompagnata al suo vagabondare per l’Europa alla maniera degli hippies negli anni Settanta per scoprirne soprattutto nel Nord Europa una dimensione che lo avrebbe indotto a lasciare politica, famiglia, amici e l’amata Trieste per raccontare i suoi “mondi”, quelli che vedeva e che immaginava, con il supporto di un’agenzia da lui stesso fondata, dall’evocativo nome di “Albatros”. I suoi sodali furono Fausto Biloslavo e Gian Micalessin che con Grilz avevano condiviso anche la passione politica nelle file della destra, nel Movimento Sociale Italiano, una militanza che quando non gli bastò più li spinse – anche per un innato senso d’avventura – verso orizzonti più lontani. Ed oggi i due superstiti della pattuglia “Albatros” sono tra i più intraprendenti e coraggiosi reporter di guerra ai quali dobbiamo la conoscenza dell’orrore come si manifesta in uno di quei “mondi” così cari a Grilz.

Per quanto breve, la vita del giornalista triestino è stata straordinariamente densa. Ed i suoi reportage, come i fitti taccuini ed i tanti disegni che Comelli e Vezzà riportano in questo libro che è una memoria oltre che a sua volta un “reportage” nel mondo di Grilz, lo testimoniano ampiamente, senza tralasciare nulla, aggiungendo alle molte fotografie soltanto scarne note che valgono a riannodare i vari fili della vita avventurosa di un ragazzo che l’amava tanto al punto di sfidare consapevolmente la morte.

Il lungo viaggio è finito dove il mondo di oggi comincia. Trent’anni fa Grilz non poteva immaginare che quei popoli sarebbero diventati protagonisti della nostra vita ed avrebbero scritto la storia ed ancor più la scriveranno nel tempo che verrà. Ma intuiva che seguirne le evoluzioni, vedere da vicino che cosa si muoveva lontano da noi, penetrare lo spirito di rivolte, guerre, colpi di Stato, genocidi ci avrebbe consentito di capire ciò che poteva essere importante anche per chi si sentiva estraneo a tutto quello che avveniva oltre il cortile del confortevole Occidente. Il racconto si è interrotto il 19 maggio 1987. Le pagine del suo taccuino sono rimaste bianche. Ma chissà perché, rileggendo le parole che Paolo Frajese pronunciò al Tg1 dando la notizia della tragica morte di Grilz, ho avuto la sensazione che i suoi reportages non sono finiti, continuano nell’opera coraggiosa di tanti che sfidano la viltà ed il terrore per renderci consapevoli di un mondo in allarme. Proprio come faceva quel primo free lance occidentale, europeo, italiano caduto in tempo di pace lontano da casa. Per una nobile causa, per assecondare il vento che lo spingeva verso altri mondi, i suoi mondi. I mondi di Almerigo.

 

libro grilz


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