C’era una volta la proposta del M5S della moneta fiscale alternativa all’euro. Poi, per ragioni ancora da chiarire, è scomparsa dai radar grillini. Eppure rappresentava uno dei cardini del programma pentastellato di politica estera, indicato dagli attivisti sulla piattaforma Rousseau nella “top 3”. Nel sunto dell’esito della votazione online (lo trovate sul sito dl M5S a questo link) e che costituisce un capitolo del programma con cui i grillini si presenteranno alle politiche, è sparito ogni riferimento esplicito alla moneta fiscale.
LE PROPOSTE DEL M5S SULLA POLITICA MONETARIA
Non è la prima volta che, nell’ambito della discussione interna al Movimento, una proposta si eclissa. Era già capitato con quella, assai più dirompente, di uscire dall’euro. Lo scorso gennaio Beppe Grillo proclamava la necessità di un referendum, per “scegliere se vivere o morire”, e lanciava banchetti di raccolta firme in tutta Italia. Una posizione, quella anti-euro, che però poi è stata largamente smussata da molti esponenti del M5S, come Carla Ruocco, che l’ha definita “il piano B”, nell’ambito di una trattativa con l’Unione Europea, per ammorbidire i vincoli imposti da Bruxelles. Non a caso, della questione ormai si parla pochissimo, anche se sul sito di Beppe Grillo è tuttora reperibile il sistema di ricerca del “banchetto più vicino a te” e Alessandro Di Battista in settimana ha nuovamente accennato a un referendum consultivo sul tema.
Qualche analista ha spiegato questo accantonamento come una scelta strategica del Movimento, ormai accreditato a forza di governo e, pertanto, più cauto nel promuovere soluzioni così drastiche.
Sulla moneta fiscale che di certo, almeno sul piano simbolico, ha un impatto minore, sembra stia capitando una cosa simile: con l’aggravante che, a differenza dell’uscita dall’euro, era una soluzione votata ed evidentemente apprezzata dagli attivisti.
COS’È LA MONETA FISCALE?
Ma cos’è la moneta fiscale? Lo ha spiegato qualche mese fa l’economista Gennaro Zezza proprio sul blog di Grillo, in uno dei post illustrativi del programma sottoposto agli attivisti tramite Rousseau. Si tratta di una “scappatoia” che consentirebbe – in teoria – un piano di rilancio dell’economia senza violare i trattati internazionali. Consiste nell’introduzione di una moneta che non avrebbe corso legale, “uno strumento finanziario che viene emesso e accettato dal governo in pagamento delle tasse, ma il governo non emana nessun provvedimento per obbligare i privati ad utilizzarla come strumento di pagamento”. Servirebbe a “pagare una parte degli stipendi di disoccupati a cui viene dato il posto di lavoro o una parte aggiuntiva delle pensioni, e poiché è accettata uno a uno con l’euro dal Governo come pagamento delle tasse non si vede perché non debba essere accettata anche dai privati”.
Chiaramente, però, avrebbe delle controindicazioni, non ultimo la creazione di un “debito parallelo”, calcolato non in euro ma in moneta alternativa.
CHE FINE HA FATTO LA MONETA FISCALE?
Il punto “Un’Europa senza austerità”, che aveva come parte integrante proprio la moneta fiscale, su Rousseau ha ottenuto 8.529 voti online. Non sono pochi: rappresenta la terza priorità (su dieci) per gli attivisti del M5S, dietro a “Revisione dei trattati internazionali” (Ttip e Ceta) e “Sovranità e indipendenza”. Però nel volantino riassuntivo del programma esteri, redatto il 13 aprile, di moneta fiscale non si parla. Si trova invece un discorso molto più vago. La sintesi si limita a sottolineare come la situazione italiana e dei paesi dell’Europa del sud, “succubi di una unica moneta che rappresenta solo un vincolo”, sia “insostenibile”. L’auspicio è una generica “revisione radicale dei trattati concordando soluzioni alternative all’euro”.
Nel punto programmatico si annuncia poi che “il M5S si farà promotore di un’alleanza dei paesi dell’Europa del Sud per superare le politiche di austerità legate alla moneta unica per ottenere una profonda riforma dell’Ue”.
Che la moneta fiscale possa far parte di queste riforme è possibile, ma certamente è significativa la scelta di non farvi alcun esplicito riferimento. Una circostanza che porta a chiedersi: ma quanto è “condiviso”, nella realtà dei fatti, il programma elaborato tramite Rousseau?