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Vi racconto tutti gli intrecci fra Sicilia, Ostia e legge elettorale

Matteo Renzi, Draghi

A meno di due mesi dalle elezioni regionali siciliane si moltiplicano i sondaggi anche sulle intenzioni di voto per le politiche della prossima primavera. Nel caso della Sicilia, le previsioni per il 5 novembre danno il centrodestra unito in vantaggio sul M5s mentre il Pd è talmente staccato da far dire a Matteo Renzi che non si tratta di un test nazionale. Invece i sondaggi sulle elezioni politiche, pur con tutti i limiti di rilevazioni fatte ad almeno sei mesi dal voto, presentano differenze che cambiano le carte in tavola. Quello di Demos per la Repubblica indica i 5 Stelle in aumento al 28,5 per cento, il Pd al 26,8 e la somma FI-Lega-FdI al 31,6 per cento; il sondaggio di Ipsos per il Corriere della Sera, invece, indica i grillini in calo al 26,6, il Pd al 26,5 e i tre partiti del centrodestra al 35,6 per cento sommando le singole liste o al 35 nel caso di lista unica. In particolare, Ipsos dà la Lega al 15 e Forza Italia al 15,6 mentre Demos indica rispettivamente il 13,6 e il 13,2. In sostanza, è troppo presto per avere idee chiare e un solo elemento è certo: la risalita del centrodestra dalle amministrative dello scorso giugno a oggi.

Il 5 novembre non si voterà solo in Sicilia, ma anche nel X Municipio di Roma, quello di Ostia, commissariato per mafia nell’agosto del 2015. Sarà un test di grande rilevanza perché per la prima volta gli elettori daranno un voto a Virginia Raggi e alla giunta del Movimento in Campidoglio: Ostia ha 231mila abitanti, un territorio più grande di molti e importanti capoluoghi di provincia, e alle amministrative per il Comune di Roma nel 2016 i 5 Stelle ottennero il 43,6 per centro al primo turno mentre al ballottaggio la Raggi arrivò addirittura al 76,1 contro Roberto Giachetti (Pd). Il 43,6 fu un risultato eclatante considerando che quello complessivo di Roma fu del 35,2 per la Raggi e del 35,3 per il Movimento. Il voto di Ostia offrirà una doppia lettura sui 5 Stelle: un giudizio sul Campidoglio e un paragone con quanto avverrà in Sicilia.

Questi risultati arriveranno quando la legge di Bilancio sarà stata varata da alcune settimane dal Consiglio dei ministri e sarà al centro del dibattito parlamentare. Ciò non dovrebbe impedire di discutere anche di legge elettorale, nonostante gli interessi personali e le differenze siano tali da far temere l’immobilismo. Non dovrebbe impedirlo non solo perché fino all’ultimo dal Quirinale arriveranno inviti più o meno espliciti per definire almeno un’armonizzazione dei sistemi per la Camera e il Senato, ma anche perché ogni giorno dichiarazioni dell’uno o dell’altro rappresentano dei segnali. Da ultimo, Renato Schifani (FI) ha nuovamente attaccato Renzi accusato di tenere in ostaggio il Parlamento, ha rilanciato l’appello di Sergio Mattarella per una nuova legge elettorale e ha ribadito la necessità di una modifica che introduca il premio alla coalizione. Difficile che abbia parlato senza il beneplacito di Silvio Berlusconi.

Dunque, le elezioni del 5 novembre non daranno indicazioni chiare solo su chi governerà la Sicilia, ma anche sullo stato di salute dei partiti (innanzitutto dei 5 Stelle) e, forse, sull’opportunità che i leader tornino a discutere di nuovo e davvero della legge elettorale.



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