Ai lavori dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, che dureranno l’intera settimana, e nelle riunioni a latere l’Italia avrà una preoccupazione su tutte: la Libia. Certo, si discuterà anche di piccoli problemi come i cambiamenti climatici e la Corea del Nord, eppure per il governo italiano resta fondamentale “sistemare” la sponda opposta del Mediterraneo dove sono riprese le partenze e quindi gli sbarchi sulle nostre coste.
L’attività di addestramento della Guardia costiera prosegue come da programma. Dal 17 settembre 87 tra ufficiali e sottufficiali della Guardia costiera e della Marina libica sono alla Scuola sottufficiali della Marina militare a Taranto dove resteranno fino a metà novembre. Anche questa fase di addestramento è curata dalla missione europea Eunavfor Med-Operazione Sophia, comandata dall’ammiraglio Enrico Credendino e prorogata nello scorso luglio fino al 31 dicembre 2018, in collaborazione con alcuni Stati europei e con organizzazioni internazionali. In una prima fase dell’addestramento (otto settimane) s’insegnerà l’attività a bordo delle motovedette, in quella successiva (tre settimane) saranno formati gli addestratori.
Segnali positivi erano emersi anche il 15 settembre durante la riunione al Viminale del Comitato misto che deve attuare il memorandum italo-libico. Oltre al ministro Marco Minniti, c’erano rappresentati di alcuni ministeri libici e italiani, l’ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Perrone, e l’incaricato d’affari presso l’ambasciata libica in Italia. L’Italia invierà aiuti di emergenza alle comunità meridionali anche per rispondere alle ulteriori richieste di aiuto delle autorità libiche che insistono per un maggiore coinvolgimento di Niger, Ciad e Mali pur se è stato registrato un calo di oltre il 35 per cento di migranti provenienti dal Niger. Altri segnali arrivano dall’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), che ha realizzato 7.300 rimpatri volontari assistiti e che punta a una cifra fra i 15mila e i 20mila entro la fine dell’anno, e dall’Onu che in 650 visite nei centri libici ha ottenuto il rilascio di un migliaio di persone che hanno diritto alla protezione internazionale. Sono dati che confermano l’attività delle organizzazioni umanitarie internazionali in Libia nonostante le difficilissime condizioni di sicurezza: a questo proposito il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, a New York ha spiegato che uno degli obiettivi degli incontri all’assemblea Onu è accelerare gli accordi per un ritorno ufficiale dell’Oim e dell’Unhcr in Libia oltre all’impegno del governo per consentire a Ong italiane di operare lì in sicurezza a tutela dei diritti umani.
Resta ancora fumosa la missione italiana ai confini meridionali della Libia: un conto è limitarsi a realizzare una base logistica per la Guardia di confine di quel Paese, un altro è prevedere anche attività di intelligence visto che da quel confine può passare di tutto. Nel frattempo, il Viminale ha precisato che fino al 15 settembre la Guardia costiera libica aveva salvato oltre 13.500 persone, cifra ormai superata visto che domenica 17 la stessa Guardia costiera ha comunicato di averne salvati 3mila nei sette giorni precedenti. Al 18 settembre il ministero dell’Interno indica un calo del 21,44 per cento degli arrivi rispetto all’anno scorso mentre l’Agenzia Frontex (che comunica i dati con un po’ di ritardo) rileva che ad agosto gli arrivi in Italia sono calati del 60 per cento rispetto a luglio. Frontex conferma che stanno aumentando gli sbarchi verso Spagna e Grecia: in agosto in Spagna sono sbarcate illegalmente 2.400 persone, il doppio del 2016, e in Grecia 4.200, quasi il 25 per cento in più di luglio.
In tutta questa vicenda il dualismo al Sarraj-Haftar sembra lontano da una tregua. La visita del generale Khalifa Haftar a Roma il 26 settembre (quando dovrebbe incontrare il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ma né Paolo Gentiloni né Alfano) non piace ad altre componenti di quella frammentata realtà e, secondo La Stampa, la conseguenza starebbe nella partenza di parecchi barconi carichi di migranti negli ultimi giorni. Non c’è dubbio che l’attivismo italiano in Libia, con il tentativo di dialogare con tutti, dia fastidio. Lo aveva rilevato su Formiche.net il vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito, citando l’insoddisfazione britannica sulle iniziative italiane espressa nel corso di incontri con milizie di Sabratha. Tenendo conto anche che il presidente francese, Emmanuel Macron, qualche settimana fa aveva anticipato la nomina di un proprio inviato per il Sahel da annunciare a margine dell’assemblea Onu, l’Italia non deve guardarsi solo dagli egoismi delle tante fazioni libiche, quanto dagli interessi di presunti alleati europei.