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Mps, Popolare Vicenza e Veneto Banca, ecco come la Cgil applaude a sorpresa governo e banchieri

Non è vero che le banche non pagano il conto della crisi. Non secondo la Fisac-Cgil, il sindacato dei lavoratori del credito che ieri mattina ha riunito attorno a un tavolo presso la sede nazionale della Cgil governo, banche e i vertici della Confederazione di corso Italia. Ovvero, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il presidente dell’Abi Antonio Patuelli e il segretario Cgil, Susanna Camusso (nella foto con Padoan nel corso del seminario). Non è la prima volta che la Fisac denuncia l’impatto della crisi sul credito (qui un focus di qualche mese fa su Formiche.net).  Ma, e qui sta anche una certa sorpresa, anche qualche carezza a governo e banchieri, contenuta in un documento diffuso a margine dell’incontro.

MPS E VENETE, LE PROMOZIONI A PADOAN

Il sindacato del credito ci tiene a precisare una cosa. E cioè che sia su Mps, nazionalizzata per evitarne il crack, e sulle Popolari Venete, salvate a mezzo decreto all’inizio di questa estate, il governo ha fatto bene. “La soluzione dei casi Mps e banche venete sono un esempio positivo dell’operato del ministro Padoan”, si legge nel documento. Ancora, lo stesso Padoan ha un altro merito. Quello di aver spinto in tutti questi mesi per la creazione della bad bank per scaricare i bilanci bancari dalle sofferenze. Non è tutto.

CRISI SENZA DOLORI

La Fisac-Cigl spezza poi una lancia in favore dei banchieri. Per esempio quando si parla del conto della crisi per le banche tra fusioni (Bcc), salvataggi (le due venete), nazionalizzazioni (Mps) e avvento della tecnologia digitale che si va sostituendo allo sportello (Fintech). Non certo i 100 mila paventati dall’ex ceo di Citibank Vikram Pandit, ma poco ci manca. Ma almeno la metà sì. Il documento presentato dalla Fisac e curato da Nicola Cicala e Agostino Megale parla di 67 mila uscite volontarie a fronte di 17 mila entrate, dunque 50 mila posti di lavoro in meno ma pur sempre frutto di scivoli e incentivi. A conti fatti si tratta di crisi “superate senza licenziamenti e con assunzioni”, scrive la Fisac-Cigl.

L’ATTACCO AL CORRIERE

Il sindacato dei bancari targato Cgil ha riservato poi una stilettata al Corriere della Sera, reo secondo la Cgil di dare cifre in libertà sulle filiali da chiudere, ricorrendo alla comparazione tra Paesi e realtà bancarie diverse. I numeri li hanno dati semmai gli stessi esperti della Fisac: tra il 2008 e il 2017 si è passati da 34 a 28 mila filiali, 6 mila in meno, di cui mille nel solo 2017.

TROPPE SOFFERENZE, POCHI INVESTIMENTI

Ci sono un paio di slides del rapporto Fisac-Cgil che evidenziano un altro aspetto. E cioè che a dispetto di quanto detto ieri alla Luiss dallo stesso Padoan, le sofferenze continuano a viaggiare allegramente sui 200 miliardi. A luglio 2017, dice il sindacato dei lavoratori, lo stock degli incagli netti si è attestato a 65,8 miliardi, contro i 36,6 del 2010 ma al di sotto del dato di luglio 2016 (86 miliardi). Il tutto al cospetto di investimenti mancanti (per tutta l’economia non solo per il credito) per 100 miliardi di euro, il 25% in meno del fabbisogno stimato dalla Fisac-Cgil.

LA QUESTIONE TECNOLOGICA

Il presidente dell’Abi Patuelli ha poi sollevato un tema, passato per la verità un po’ sottotraccia nel corso del convegno. Quello relativo all’impatto della rivoluzione tecnologica sul comparto bancario. Patuelli si è scagliato contro chi pensa che le macchine possano sostituire l’uomo. “È sbagliato pensare questo. Le macchine non dovranno mai e poi mai sostituirsi all’uomo. E noi dobbiamo fare di tutto per fare questo”. Appello lanciato per la prima volta nel corso dell’assemblea Abi di due mesi fa. Tema condiviso in modo trasversale, anche dalla leader Cgil Camusso la quale ha apprezzato il passaggio di Patuelli sulla tecnologia applicata al settore bancario.



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