Il vero nodo di incertezza sull’accordo Fincantieri-Stx sta nel settore militare: quali sono, se ci sono, gli accordi raggiunti? Il problema non sta nella riservatezza e nella sensibilità delle tecnologie, come si legge nelle visioni indotte sulla stampa, ma su quali tecnologie utilizzare sulle navi militari. Ci si riferisce a tutto ciò che è al di fuori dell’acciaio dello scafo e dei motori, il cosiddetto carico pagante, il vero valore aggiunto della costruzione.
Questo aspetto va analizzato da due punti di vista: dal punto di vista finanziario è assolutamente la parte più rilevante di ogni commessa, dal punto di vista politico è uno strumento fondamentale di politica estera. Si sta parlando di sistemi d’arma, elettronica, comunicazioni in genere offerti come sistema. Una commessa di tale natura ha delle implicazioni cruciali nei rapporti fra i Paesi, come tutte le forniture militari in genere. Inducono e suggellano alleanze ed accordi molto estesi in tanti altri campi, energetici, tecnologici, industriali, sulla sicurezza, sul trasferimento di tecnologie e sulla formazione. Accordi che, per la tipologia della fornitura militare, hanno durate pluriannuali, anche decennali.
Da questo punto di vista Francia ed Italia sono ferocemente competitive fra loro: i transalpini con Thales e gli italiani con Leonardo-Finmeccanica che offrono prodotti in forte competizione fra loro. Inoltre si ricordi che la Francia, fra gli Stati europei, ha sempre voluto mantenere una posizione isolata, molto distante da quell’idea di industria europea della difesa di cui ogni tanto si parla. Ne è testimonianza ad esempio il progetto Eurofighter, che coinvolge solo Italia, Germania, Inghilterra e Spagna.
C’è un accordo su questo? E’ legittimo dubitarne: è una grande criticità di questa situazione, in grado di penalizzare pesantemente la visione futura di Fincantieri ma soprattutto di coinvolgere nel problema le potenzialità di Leonardo-Finmeccanica che rischia di essere invischiata con una posizione di debolezza.