Gli ultimi sondaggi lo accreditano del 26,4% dei voti, una percentuale analoga a quella ottenuta alle elezioni politiche del 2013 quando alla Camera il MoVimento 5 Stelle ottenne il 25,5% dei consensi. Eppure, a distanza di cinque anni da quel sorprendente exploit, si fa ancora fatica a identificare chi siano gli elettori pentastellati. Da dove vengono? Quanti anni hanno? Che lavoro fanno? E, soprattutto, è vero che rientrano in larga parte tra coloro che sono comunemente definiti come “gli sconfitti della crisi”?
IL LIBRO
A queste domande ha provato a rispondere il libro “Come cambia il partito di Grillo“, curato dal professore ordinario di Metodologia della ricerca sociale all’Università di Bologna Piergiorgio Corbetta ed edito dal Mulino. Il volume – che ricostruisce in particolare il cammino del movimento dal suo ingresso nelle istituzioni nel marzo del 2013 – contiene un apposito capitolo dedicato all’elettorato a cinquestelle. Dal quale emerge come, in realtà, la questione socio-economica non sia certo l’unica che abbia determinato il successo dei pentastellati. E che, anzi, abbia inciso in tal senso molto meno di quanto non si pensi e affermi comunemente.
L’ASSIOMA DI PARTENZA
Il capitolo – intitolato “Dove pesca la rete del Movimento: le basi sociali del suo voto” e scritto da Andrea Pedrazzani e Luca Pinto – si apre, appunto, con l’esposizione della teoria molto gettonata in base alla quale sarebbe stata quasi esclusivamente la crisi il segreto dei risultati ottenuti in questi anni dai pentastellati. “Numerosi resoconti sostengono che il successo delle formazioni politiche annoverabili nella variegata famiglia dei pariti populisti, M5s incluso, rifletta le trasformazioni economiche e sociali che negli ultimi decenni hanno investito la forza lavoro delle società post-industriali“, scrivono gli autori. Che, però, nelle pagine successive contestano questa impostazione sotto diversi profili.
LA QUESTIONE DEL GENERE
Se questa tesi fosse vera al 100% – riflettono gli autori – il MoVimento 5 Stelle dovrebbe ottenere molti più consensi tra gli uomini visto che “le profonde trasformazioni economico-sociali che hanno modificato la struttura occupazionale delle società post-industriali, con il riassetto del mercato del lavoro il massiccio ingresso di lavoratori stranieri, hanno reso relativamente più vulnerabile la posizione dei lavoratori maschi, soprattutto se poco istruiti e con un lavoro di tipo manuale“. Dati alla mano, però, così non è: i pentastellati “raccolgono 2 punti pecentuali in più tra gli uomini e 2 in meno tra le donne“. Uno scarto che viene definito “troppo basso” per essere probante.
LA QUESTIONE ANAGRAFICA
Alle stesse conclusioni pare condurre l’analisi dell’elettorato a cinquestelle fondata sui dati anagrafici. Se la logica dell’insicurezza economica fosse vera, il movimento dovrebbe mietere consensi quasi esclusivamente tra i più giovani, tra i quali, come noto, il fenomeno della disoccupazione è molto più grave ed accentuato. Anche in questo caso, però, i numeri dicono altro: “I milliennals e coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni hanno una propensione a scegliere il M5s rispettivamente di 6 e 4 punti percentuali più alta rispetto alla media“. Ma valori simili si registrano anche tra gli elettori di età compresa tra i 35 e i 54 anni. E’ solo tra i più grandi che il partito di Grillo registra consensi molto più bassi della media. Dati che – analizzati nel loro complesso – portano gli autori ad affermare come “il Movimento riesca ad attrarre elettori di tutte le classi d’età, salvo i più anziani“. In altre parole, i pentastellati si caratterizzano da questo punto di vista “per non essere un partito per vecchi“.
LA QUESTIONE DELL’ISTRUZIONE
Discorso analago per il livello di istruzione degli elettori pentastellati: “Un altro segmento dell’elettorato in cui i partiti populisti dovrebbero fare maggiormente breccia secondo la tesi economica è costituito da coloro che hanno un basso livello di istruzione“. Tuttavia nel libro si sostiene che “i dati non supportano tale tesi” e che non risulta “alcuna particolare relazione tra titolo di studio e propensione a votare i cinquestelle“. E infatti il movimento di Grillo è solo leggermente sottorappresentato tra coloro che hanno conseguito una laurea – meno 2 punti percentuali rispetto alla media – e pochissimo sovrarappresentato tra i diplomati. Inoltre, “non si registra alcuna deviazione significativa rispetto al dato medio per quanto riguarda coloro che non sono andati oltre la scuola dell’obbligo“.
LA QUESTIONE DEL LAVORO
Un quadro che appare infine confermato dall’analisi della posizione lavorativa degli elettori del movimento. Il quale – stando ai dati citati dagli autori – “attrae pressoché in egual misura i voti dei disoccupati (36%) e degli operai (34%), ma riesce a conquistare anche una porzione consistente delle preferenze di artigiani, impiegati, imprenditori e professionisti, categorie difficilmente assimilabili agli sconfitti della globalizzazione“.