La Commissione lavoro del Senato ha approvato all’unanimità dei votanti, con alcuni limitati e motivati dissensi, il Rapporto conclusivo dell’indagine conoscitiva sui cambiamenti indotti dal salto tecnologico noto come 4.0.
Il documento contiene le grandi sfide che attendono soprattutto la responsabilità dei decisori pubblici e che riguardano il nuovo diritto del lavoro, il rapporto tra legge e contratto, il differenziale tra velocità dell’innovazione e dell’apprendimento, l’occupabilità nel nuovo mercato transizionale del lavoro, la prevenzione degli infortuni nel lavoro agile, la tutela dei tempi per gli affetti e il riposo nella connessione continua, i processi di urbanizzazione digitale, l’anticipo delle scelte di vita per la vitalità demografica, il nuovo welfare al tempo della discontinuità lavorativa. Abbiamo cosi offerto, a pochi mesi dal voto, una piattaforma largamente condivisa sulla quale potranno appoggiarsi le diverse proposte politiche secondo una dialettica non più conflittuale, e talora persino violenta, come in passato è accaduto nella materia del lavoro.
Per questa ragione è stato dedicato alle molte vittime del terrorismo per causa del lavoro, da Rossa a Taliercio, da Tarantelli a D’Antona, Biagi e molti altri. Forse siamo davvero usciti dal Novecento industriale e dalle ideologie che ne sono state figlie sovraccaricando di significati il rapporto di lavoro. Unanime è oggi la consapevolezza delle opportunità e dei pericoli impliciti nelle nuove tecnologie e la convinzione che la prevalenza delle prime dipenderà dalla azione dei decisori istituzionali e dalla capacità contrattuale delle organizzazioni sociali. “Meno legge, più contratto” si dice nel documento in ragione della velocità del cambiamento.
Lo stesso fondamentale diritto all’apprendimento non può che avere caratteri promozionali ovvero rendersi effettivo nelle concrete circostanze di azienda, di filiera o di territorio, anche sulla base dello stimolo di rinnovati fondi interprofessionali per la formazione continua. Tocca alla legge garantire diritti fondamentali come l’equo compenso del lavoro, tanto dipendente quanto indipendente, o il diritto alla disconnessione. Istituzioni e parti sociali hanno il dovere di offrire opportunità affinché ciascuna persona si faccia “solida nella dimensione liquida” del nuovo mercato del lavoro.