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Che cosa succede in Europa fra North Stream e TurkStream?

Putin, Tajani

Una lezione che si impara seguendo l’attuale corsa all’accaparramento delle risorse energetiche è che l’analisi di ciò che accade, e la previsione di ciò che accadrà, oltre che affidarsi all’approccio economico, organizzativo globale, deve puntare su una visione geopolitica e anche su una sensibilità mediatica spiccata. E, perché no, sulle indiscrezioni che provengono dall’interno del mondo energetico, le voci di chi conosce cosa sta succedendo. Ascoltare, mettere insieme i dati e tentare una sintesi: questo è l’impegno di House of gas.

È noto che gli equilibri geopolitici legati all’oro azzurro sono cambiati dopo lo scoppio della crisi Ucraina e in coincidenza della riscoperta indipendenza energetica made USA, ottenuta grazie al gas di scisto e sabbie bituminose. Aprendo quella che molti osservatori chiamano la “guerra europea del gas”.

Nonostante le normative comunitarie garantiscano la protezione degli interessi dei paesi membri con il regolamento EUR L.E. 29.11.96 “contro gli effetti dell’applicazione extra territoriale della legislazione adottata da un paese terzo” ancora una volta le divisioni ‘economiche’ tra nord e sud dell’Europa peseranno nel determinare chi potrà effettivamente trovare cavilli normativi per aggirarle e chi dovrà obtorto collo rispettarle.

Si parla e si scrive molto del raddoppio del North Stream e delle decisioni future Ue, ma ci stiamo formando l’opinione che la Commissione Europea dovrà prendere prima una decisione in merito alla seconda linea del gasdotto TurkStream in via di costruzione.

In sostanza, se formalizzassero una joint venture per realizzare questo secondo segmento all’interno dell’UE in maniera formalmente indipendente da Gazprom, le nazioni interessate potrebbero attingere la loro quota di gas russo dalla nuova infrastruttura senza violare alcun regolamento comunitario?

Tra l’altro gli interconnettori previsti o in fase di realizzazione garantirebbero anche il flusso verso gli Stati membri dell’area balcanica e accordi in tal senso sono già stati siglati da Gazprom con Serbia, Ungheria, Bulgaria e Romania.

L’alternativa è che Putin, sempre veloce nelle scelte di geopolitica, caratteristica a cui aggiunge uno spiccato senso mediatico, potrebbe realizzare, senza alcuna garanzia, una pipeline fino al confine dell’UE lasciando che sia lo stesso interesse degli stati limitrofi a scontrarsi con le direttive comunitarie.

Detto ciò, la domanda successiva è: il mercato del gas comincia ad assomigliare al mercato petrolifero dove il prezzo piuttosto che la localizzazione determina il valore delle transazioni?

Come direbbe Gordon Gekko: è tutta una questione di soldi, il resto è conversazione.

Washington ha dato il via, dal terminale di Sabine Pass della compagnia Cheniere Energy, al proprio export aggressivo, con le gasiere Stars&Strips cariche LNG che fanno rotta verso i terminali polacchi e in particolare quello lituano di Klaipeda: in tal modo cercando di limare quote di forniture russe proprio nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Stesso schema sarà proposto prossimamente davanti alle coste dell’isola di Veglia con un progetto garantito UE da oltre 100 milioni di €  per far diventare la Croazia hub energetico per i Balcani.

Ma l’argomento “prezzo” è scivoloso e va manovrato con cura. Infatti il GNL statunitense, qatarino o australiano non ha bisogno di infrastrutture dove scorrere perché può essere consegnato liberamente in qualsiasi luogo del mondo sotto forma di LNG ed essere commercializzato a prezzi competitivi, proprio per la sua flessibilità spot, rispetto a quelli dei supplier regionali che forniscono gas tramite pipeline. Trasporto e logistica rappresentano una voce decisiva nel costo finale del gas.

Conseguentemente, con l’approssimarsi della scadenza dei LTC (long term contracts, dove l’acquirente si impegna a pagare un certo volume di gas indipendentemente da ciò che poi ritirerà) in essere, la prossima mossa di Gazprom, grazie a ribassi mirati, sarà probabilmente di ridurre il ‘delta costo’ per non perdere quote di mercato nei confronti degli aggressivi produttori di gas liquefatto.

Se questo accadrà vi sarà un beneficio per i consumatori europei? Il gioco è appena iniziato.

Gli Usa certo non staranno a guardare e useranno l’unico coniglio che c’è dentro il cilindro: quello di allungare le sanzioni economiche… E qui Gordon Gekko… ma l’abbiamo già scritto.

Seguendo il tubo per non rischiare di non capirci un tubo, scopriamo che sta crescendo una serie di collegamenti diversificati dai vari produttori di gas, quali Russia, Azerbaijan, Libia e Algeria; e aggiungendo anche i rigassificatori che possiede, per l’Italia, quasi senza far nulla, si profila la possibilità di ergersi a garante per la continuità degli approvvigionamenti dell’UE.

Sapremo essere politicamente all’altezza di cogliere una così ghiotta opportunità?

bessi

Qui gli ultimi approfondimenti di Formiche.net sul tema:

Chi si gasa con il Turkstream?

Perché il Nord Stream è stato messo in ghiaccio

 


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