I soci di Chiantibanca si spaccano in nome della spartizione del credito cooperativo. E così, come anticipato nelle settimane scorse da Formiche.net, la guerra in atto tra Iccrea e Cassa centrale arriva fin dentro le stanze della banca di Monteriggioni, la maggiore Bcc toscana. Solo che stavolta la frattura apertasi a maggio in seguito alla decisione, poi clamorosamente riveduta, di seguire Trento, è più profonda. Il segnale del malessere è tutto nella scelta di alcuni importanti soci di fondare un’associazione pro-Cassa, in aperta contestazione con l’improvviso cambio di bandiera deciso dal nuovo board lo scorso 16 ottobre, che ha invece optato per il progetto romano targato Iccrea.
CAPRIOLE TOSCANE
La bomba è esplosa a metà ottobre, quando la banca guidata da Cristiano Iacobozzi, ottava Bcc italiana per total asset, ha diffuso una nota in cui annunciava la decisione del board di sottoporre ai soci l’adesione a Iccrea. Tutto il contrario di quanto deciso lo scorso maggio da 3.800 soci nel corso di una contestatissima assemblea, convocata dall’allora presidente, poi uscito sconfitto dall’assise, Lorenzo Bini Smaghi (nella foto). Una riunione peraltro impugnata dinnanzi al Tribunale da nove soci di peso pro-Iccrea che accusano l’allora board Chiantibanca di aver perpetrato una sorta di colpo di mano in assemblea pur di abbracciare il progetto trentino.
CHI SI RIBELLA A ICCREA
Il dietrofront di Chiantibanca ha scatenato la ribellione dentro l’istituto, portando alla nascita dell’associazione Per una banca in terra toscana. Uno zoccolo duro formato da alcuni soci storici, nato per opporsi in tutti i modi all’ingresso nel perimetro di Iccrea. Se l’associazione dovesse allargare le sue fila da qui a dicembre, quando è prevista l’assemblea di Chiantibanca (26 mila soci) per esprimersi sulla decisione del board, ci potrebbero essere non pochi problemi nel ratificare il tutto. Basti pensare che a maggio ne bastarono meno di 4 mila per dire di sì a Trento. A guidare la rivolta c’è Luciano Borri, socio dal 1972 ed ex vicedirettore della Banca del Chianti Fiorentino, una delle Bcc che hanno dato vita a Chiantibanca e oggi personaggio di spicco nella variegata compagine sociale della banca (qui il focus di Formiche.net che dà conto delle tante anime della banca). Insieme a Borri, che dell’associazione ribelle è presidente, Alessandro Giannozzi, docente di finanza aziendale all’Università di Firenze.
PERCHE’ ICCREA HA SPACCATO CHIANTIBANCA
Il perché della contestazione è tutto nelle parole di Borri e Giannozzi, i quali temono nella sostanza di esporre la banca a danni patrimoniali “non indifferenti” e al mancato sviluppo, abbracciando Iccrea. “Da soci non possiamo che segnalare il rischio che il valore stesso delle nostre quote sia in pericolo. La sovrapposizione che in Iccrea si creerebbe a livello territoriale con le altre banche di credito cooperativo (il 99% delle Bcc toscane ha scelto Iccrea, ndr) precluderebbe il futuro sviluppo di Chiantibanca”. Andare con Cassa centrale invece “darebbe la possibilità di uno sviluppo territoriale mantenendo i livelli occupazionali, e rafforzando la situazione patrimoniale. In questo gruppo Chiantibanca è l’unica Bcc toscana insieme a Castagneto Carducci, assai più piccola e operante in una zona diversa”. I pratica, dicono i ribelli, Iccrea rischia di essere una presenza troppo ingombrante per la banca toscana, mentre con i trentini ci sarebbe un rapporto meno soffocante e dunque più indicato per salvare parte dell’autonomia.
OBIETTIVO RIBALTONE
Ma come farà la pattuglia di ribelli a ribaltare in assemblea il verdetto del consiglio? L’associazione punto tutto sul fattore partecipazione: meno soci votano più sarà difficile attuare il ribaltone. E allora Borri e Giannozzi hanno chiesto ai vertici di Chiantibanca l’adozione del voto elettronico via Internet per aumentare la partecipazione diretta dei soci alla decisione. Così, chi non potrà recarsi in assemblea, potrà comunque dire la sua da casa. Il tutto corroborato da una robusta opera di dissuasione che, dicono i bene informati, è già partita da due settimane.
TRENTO ALLA FINESTRA MA PRONTA ALLA GUERRA
A Trento nel frattempo hanno preso molto seriamente la questione toscana. Il presidente della Cassa, Giorgio Fracalossi, che in queste ore sta preparando l’assemblea del 9 novembre chiamata a pronunciarsi sul maxi-aumento da 700 milioni propedeutico alla ri-patrimonializzazione della banca, ha più volte minacciato azioni legali in caso di voltafaccia. Al Nord sperano certo in un ribaltone e forse anche per questo pare che per il momento gli avvocati siano stati messi in stand-by.