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Che cosa succederà a petrolio, gas e rinnovabili secondo il World Energy Outlook 2017

Claudio Descalzi, Fatih Birol

Non è ancora il momento di dire addio al petrolio. Parola di Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), che ha esposto a Roma alcuni dei risultati del World Energy Outlook 2017. Al tavolo con Birol, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e i ministri Carlo Calenda e Gian Luca Galletti.

Dallo studio emergono quattro tendenze. La prima riguarda il ruolo sempre crescente degli Stati Uniti nella produzione petrolifera mondiale in termini di volume. Gli Usa rappresentano infatti l’80% dell’aumento di produzione petrolifera mondiale. “Già esportatori netti di gas, gli Stati Uniti diventano esportatori netti di petrolio alla fine del prossimo decennio”, si legge nel report. Secondo le proiezioni, il Nord America è l’area che fornisce il maggior contributo alla crescita della produzione mondiale. Inoltre, “la resilienza dello shale gas e del tight oil in Usa” consentono inoltre di agire all’interno di un contesto con prezzi relativamente bassi.

La seconda tendenza riguarda l’aumento della diffusione dell’energia pulita e il consistente abbassamento dei costi della stessa. “Dal 2010 i costi delle nuove installazioni di eolico sono scesi del 25% e quelle di solare al 70% – riporta il documento – e le fonti rinnovabili attirano due terzi degli investimenti mondiali in capacità di generazione in quanto diventano, in molti Paesi, la fonte meno costosa per nuove installazioni”.

Il terzo punto guarda invece al ruolo sempre più cruciale di Pechino nel panorama energetico mondiale. “La Cina sta entrando in una nuova fase di sviluppo e la sua politica energetica è incentrata su elettricità, gas naturale e tecnologie più pulite, ad alta efficienza e digitali. Le scelte della Cina avranno un enorme impatto sui trend globali”, scrive la Aie. Ciò, anche in virtù del profondo cambiamento sociale che sta affrontando il Paese con il relativo processo di urbanizzazione e il passaggio verso un’economia prevalentemente terziaria.

Il quarto punto, infine, affronta la questione dell’elettrificazione. “L’elettricità cresce nei consumi energetici finali, arrivando a coprire fino al 40% dell’aumento atteso da qui al 2040”, si legge nel rapporto. Ciononostante, come ha spiegato Birol, è scorretto credere che si sia registrato un arresto nella domanda di petrolio, soprattutto in considerazione del ribasso dei prezzi.

Per quanto concerne la mobilità elettrica, poi, la domanda rimane ampia fino alla metà del prossimo decennio, per poi rallentare prevalentemente nell’ambito del trasporto passeggeri. Inoltre, nonostante si prevedano “280 milioni di veicoli elettrici in circolazione all’orizzonte 2040 rispetto agli attuali di milioni”, c’è da considerare che la crescita coinvolgerà in realtà l’intero parco auto, che raggiungerà, a livello mondiale, due miliardi di veicoli.

Un paragrafo a parte del report viene poi dedicato al gas naturale, importantissimo nella fase di transizione energetica. “A fronte del ripiegamento di petrolio e carbone e dell’aumento massiccio delle rinnovabili, il gas diventa la singola fonte più importante nel mix energetico globale”, si legge. Affinché, pero, all’uso del gas vengano associati chiari benefici ambientali è “fondamentale che le azioni volte a minimizzare i rilasci di metano siano credibili”.

Fondamentali, infine, “gli investimenti guidati dalla politica” che “possono scrivere un futuro diverso”, come titola l’ultimo capitolo del report. “Oltre alla diffusione di iniziative a livello di comunità locali e di settore pubblico e privato, una linea politica ben definita rimane essenziale per il perseguimento di un futuro energetico migliore”.


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