Su come stanno andando le cose nella vicenda Ilva rimaniamo perplessi. Come sindacato continuiamo a ripetere che il negoziato tra le parti deve andare avanti ad ogni costo affinchè ci possa essere un futuro industriale ed ambientale per il più grande gruppo siderurgico presente nel Paese. Ma più di qualcosa non quadra.
LA RIUNIONE DEL 20 PV CON LE ISTITUZIONI LOCALI
Il ministro Carlo Calenda ha convocato un tavolo a cui siederà anche il Comune di Taranto che, insieme alla Presidenza della Regione Puglia, aveva presentato un ricorso al Tar di Lecce chiedento la sospensiva del Decreto della Presidenza del Consiglio del 29 settembre scorso inerente alla vicenda dell’Ilva stessa ed in particolar modo sul piano ambientale proposto da Am Investco. Il primo cittadino della città ionica, Rinaldo Melucci, ha assicurato il responsabile del dicastero allo Sviluppo economico che quel ricorso sarà ritirato una volta avviato quel tavolo costituzionale. Ecco perché il ministro Calenda ha confermato la convocazione al Mise per il 20 dicembre prossimo a cui, oltre agli enti locali, parteciperanno i rappresentanti dei ministeri dell’Ambiente, della Salute e del Mezzogiorno, insieme a sindacati e al management dell’Am Investco stessa. Ma il governatore della Puglia, Michele Emiliano, sta mandando segnali in netto contrasto dalle posizioni finora espresse dal sindaco tarantino. “Il ricorso resta in piedi – ha detto Emiliano – fin quando non saranno discusse le osservazioni. Calenda ha fatto il blitz a Taranto (il ministro era volato a Taranto per incontrare il primo cittadino) perché era disperato. L’azienda non gli dava più ascolto, perché aveva capito che il Governo non era l’interlocutore, e quindi aveva bisogno di tornare indietro rispetto a una sciocchezza che aveva combinato, ossia l’esclusione di Regione e Comune dalla trattativa. Se farà saltare il tavolo se ne assumerà le responsabilità”. Parole che a nostro giudizio lasciano presagire come il Presidente della Regione Puglia rimanga restio a rinunciare all’impugnativa presentata al Tar. Una dichiarazione che, di fatto, continua a mettere a rischio l’investimento di Arcelor Mittal in Am Investco e nell’Ilva. Insomma, sindaco e governatore ora si trovano accomunati dal proposito di ritirare il ricorso solo dopo che quel tavolo a cui dovranno sedersi produrrà dei risultati.
I DATI SVIMEZ SULLA CRISI DELL’ILVA
Il tavolo che, invece, vedrà riuniti sindacati metalmeccanici, governo e direzione di Arcelor Mittal, al momento congelato, si riunirà nelle ore immediatamente successive a quelle utili al succitato tavolo predisposto con gli enti locali. E non si può perdere altro tempo. Fanno tremare i polsi i dati diffusi dallo Svimez secondo cui la crisi dell’Ilva è costata all’economia italiana ben 15 miliardi e 800 milioni di euro, proprio a causa della minore produzione dell’impianto di Taranto. Si tratta di circa 16 miliardi di euro di Pil persi tra il 2013 ed il 2017, dato che la produzione è scesa dai 9 milioni di tonnellate d’acciaio toccate nella gestione Riva ai 5 milioni di tonnellate attuali. Ha ragione Giuseppe Berta, storico dell’Industria, quando si chiede perché l’Italia non riesca ad uscire dai circoli viziosi che la imprigionano nemmeno quando l’urgenza dovrebbe dominare l’agenda pubblica, sollecitando istituzioni e rappresentanze a spezzare l’inerzia. “Che cosa fa sì –scrive Berta- che si blocchi un processo decisionale con l’effetto di determinare un impoverimento irrecuperabile per il territorio in cui è ospitato quel grande impianto siderurgico e anche per il Paese?”.
FAR PROSEGUIRE IL NEGOZIATO
Occorre far progredire il negoziato su Ilva per evitare colpi mortali alla siderurgia nazionale e in modo particolare al distretto produttivo di Taranto. Senza acciaio prodotto in Italia crolla la produzione manifatturiera dell’intero Paese con possibili ricadute negative sull’intera economia italiana. Quindi, occorre prodigarsi a favore di un confronto costruttivo per assicurare investimenti industriali per 1,2 miliardi di euro, ambientali per 2,3 miliardi e la tutela di circa 20mila posti diretti ed indiretti nel gruppo in questione. Occorre tener presente che se il Tar dovesse accogliere il ricorso dei due esponenti delle istituzioni locali della Puglia, il ministro Calenda ha già fatto sapere che i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria, dovranno procedere allo spegnimento degli impianti. Se questa eventualità dovesse verificarsi costituirebbe la fine del sito di Taranto che non sarebbe più in condizione di essere rilanciato produttivamente e riqualificato dal punto di vista ambientale. Il confronto che era in corso presso il MiSE tra le parti sociali ed il ‘management’ aziendale si propone di coniugare gli investimenti di un grande gruppo internazionale con occupazione, produzione ed ambientalizzazione crescenti. L’iniziativa delle istituzioni locali di Puglia e di Taranto è proprio da stigmatizzare. Si tratta di una scelta a cui il sindacato si opporrà con tutta la forza, perché è davvero ingiusto usare le urgenze umane ed economiche del Paese per strumentalizzazioni di carattere politico, o personalistico. Quando incontreremo il ministro dello Sviluppo economico gli ribadiremo tutta la nostra disponibilità a ricercare responsabilmente un accordo che tuteli occupazione, produzione e salvaguardia ambientale per il bene del Paese. Il sindacato metalmeccanico in questa vicenda sta esercitando un ruolo lungimirante che punta a determinare prospettive per il futuro utili all’intera industria nazionale, Siamo fermamente convinti di riuscire in questo intento in modo condiviso ed unitario.