“Non bastano i giovani talenti e le startup per portare l’Italia nella knowledge economy ed evitare una nuova rincorsa ai Paesi sviluppati”. Lo ha detto il professor Michele Colajanni (nella foto) durante la conferenza L’ecosistema cibernetico al servizio della sicurezza nazionale promossa dalla vice presidente della Commissione Difesa della Camera e componente del Copasir Rosa Villecco Calipari, moderata dal direttore di Cyber Affairs Michele Pierri e conclusa dal ministro dell’Interno Marco Minniti. “Abbiamo perso la sfida per la digital economy e adesso siamo costretti a rincorrere, ma possiamo provare a vincere quella per la knowledge economy”, ha aggiunto il direttore del Cris e della Cyber Academy dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
IL PROBLEMA DELL’ITALIA
Il quadro del professore è severo: “Nel passaggio dal mondo industriale a quello digitale l’Italia è stata letteralmente travolta. Siamo al 25esimo posto su 28 in Europa. Senza le grandi aziende che trainano l’innovazione il nostro Paese è irrilevante in un’Europa che è a sua volta irrilevante nel mondo”. Per Colajanni, nessuno può sentirsi stabile, dalla singola persona che teme per la precarietà del suo posto di lavoro fino ad arrivare ai governi, ma questa instabilità può essere ribaltata in opportunità.
LE IDEE
“Possiamo rapidamente recuperare terreno nei confronti dei Paesi che guidano l’innovazione. Se tecnologicamente possiamo fare tutto, servono idee per fare profitto (nel caso delle aziende) e per migliorare la democrazia (nel caso dei governi)”. Secondo il professore, per trovare le giuste idee è fondamentale coltivare la creatività, il pensiero critico e la capacità di risoluzione dei problemi. Questo significa essere pronti per la knowledge economy. “La sfida del secolo è rappresentata dall’Intelligenza artificiale 2.0, che si traduce nel tentativo di insegnare ai computer ad assumere conoscenza attraverso i dati in modo autonomo”.
LA RACCOLTA DATI
“Raccogliere i dati è la chiave per vincere questa sfida”, ha spiegato il professore. “I campioni mondiali di questa partita sono Stati Uniti e Cina, e per ogni Google c’è un Baidu, per ogni Amazon c’è un Alibaba”. Colajanni ricorda che l’aggregazione delle big companies ha permesso loro di guadagnare sempre più dati: “Pensate alle acquisizioni Google-Youtube, Facebook-Whatsapp”. Per il direttore della Cyber Academy dell’Unimore, i giganti del web vogliono modellare il mondo e la conseguenza evidente è che “gli Stati sono ‘intermediati’ nei loro rapporti con la società”. La soluzione, secondo il professore, è concentrarsi sui software: “Al fianco delle istituzioni servono i migliori matematici e ingegneri in circolazione. Dobbiamo scovarli, ovunque in Italia e nel mondo”.