Dopo l’attentato al terminale di Es Sider – il più grande deposito petrolifero libico – il prezzo del barile è volato a record non più raggiunti da due anni e mezzo. La parallela ascesa sia del Brent che del Wti provocherà un nuovo rincaro della nostra bolletta energetica?
Vediamo di fare chiarezza.
Prima di tutto, non sembra che il terminale di Es Sider abbia subito alcun danno. L’esplosione – molto probabilmente un attentato terroristico – si è verificata 130 km a sud del terminale stesso. Secondo le prime stime della Compagnia Nazionale Libica (NOC), sono risultati distrutti 30-35 metri dell’oleodotto da 24 pollici che raccoglie il petrolio estratto nelle profondità del deserto libico per portarlo al terminale sulla costa. Mustafa Sanallah – amministratore della NOC – ha dichiarato che occorrerà circa una settimana per riparare il danno e sostituire il tratto di tubo danneggiato.
La stima non pare azzardata se la confrontiamo con l’attentato alla condotta di gas naturale liquefatto distrutta dalla guerriglia in Yemen (riparata in tre settimane) o all’attentato a un tratto turco dell’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan, che è stato sistemato in poche settimane. Il riallacciamento sarebbe stato più complesso se si fosse trattato di un tratto sottomarino. Ad esempio, sono stati necessari sei mesi alla Shell per riparare un tratto della Trans Forcados Pipeline danneggiato da un attentato in Nigeria nel 2016 perché la condotta si trovava solo sei metri sotto il livello del mare.
La produzione complessiva libica è perciò scesa da 170.000 a circa 100.000 barili al giorno. Se stimiamo che il completo ripristino dell’oleodotto avverrà entro un mese e non entro una sola settimana come previsto, il deficit corrisponderebbe a un impatto annuale equivalente di meno di 7.000 barili di petrolio al giorno.
Infine, secondo Miftah Magariaf – comandante delle forze di protezione del complesso – l’attacco terroristico è avvenuto in un punto preciso: in un settore dove gli operai avevano appena disseppellito un tratto di condotta per effettuare riparazioni. Questi oleodotti, infatti, viaggiano alcuni metri sotto la sabbia del deserto proprio per risultare protetti dagli attentati e dai furti di greggio.
L’aumento di Brent e Wti è stato di poco più di 0,40 $ al barile, mentre i futures sul Wti 2018 e 2019 sono saliti rispettivamente di 1,20 $ e 0,80 $ dollari al barile. Si tratta di un brusco aumento ma di entità comunque contenuta se confrontata alle fluttuazioni quotidiane.
Si tratta quindi di una speculazione che non deve darci serie preoccupazioni sul lungo periodo. Anche gli equilibri internazionali rimarrebbero sostanzialmente inalterati perché l’aumento della produzione di greggio dagli scisti americani si dovrebbe mantenere nel rapporto usuale che vede un aumento dell’1% nella produzione USA per ogni dollaro di aumento nel prezzo del petrolio.
A dettare il valore del greggio – e quindi della nostra bolletta energetica – rimane il recente accordo fra Putin e Opec. Come avevo previsto oltre due anni fa, il prezzo medio sul lungo periodo non verrà fatto salire oltre i valori attuali per evitare che torni in gioco il petrolio estratto dagli scisti bituminosi americani o il Brent estratto dalla Gran Bretagna nel Mare del Nord. Possiamo confidare che Russia e Opec provvederanno volentieri a colmare questo momentaneo calo di produzione proprio a questo scopo.
Ma quello che ci deve realmente preoccupare è che lo Stato Islamico, in rotta su tutti i fronti, abbia rinunciato a farsi Stato e sia tornato invisibile. Gruppi di terroristi non legati fra loro sono tornati alle tattiche della clandestinità che ben conoscono. Agiscono senza alcun controllo nel sud libico e nell’ area del Sahel.
Proprio la risonanza data a questo evento a scopi speculativi può indurre i predoni a portare avanti a ripetizione altri colpi come questo. Il combinato disposto di diverse piccole interruzioni potrebbe portare fuori controllo l’approvvigionamento di idrocarburi nell’intera regione dando mano libera agli speculatori.