La vittoria del centrodestra è tanto certa quanto la mancanza di una sua maggioranza alla Camera e al Senato. Se volessimo utilizzare un’espressione altisonante, potremmo dire che è stata una “vittoria umiliata”, o comunque un successo a metà.
Adesso, non soltanto a causa del suddetto gap numerico, per il centrodestra si apre una fase nuova e delicata, nella quale sarà indispensabile gestire e conservare il consenso raggiunto, capendo bene che tipo di progetto politico possa emergere nel riequilibrio interno dei rapporti di forza tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni.
In effetti, nella scorsa legislatura dopo la scissione interna al Popolo delle Libertà, i legami tra la rinata Forza Italia e la Lega sono andati sempre più assottigliandosi, specialmente per il ruolo di opposizione al Partito Democratico e il connesso sfibrarsi del cosiddetto Patto del Nazareno.
Mentre cioè la Lega e Fratelli d’Italia inizialmente rappresentavano la destra nazionale e Forza Italia il centro moderato, la logica della situazione è andata nella direzione di approssimare in un unico campo di centrodestra queste diverse formazioni.
È vero che la campagna elettorale ha visto competere le due linee politiche su temi chiavi, quali l’Europa e l’immigrazione, ma è anche assodato che l’alleanza moderata ha tenuto, e, dopo le elezioni, Meloni e Berlusconi hanno riconosciuto la leadership di Salvini. Berlusconi stesso, inoltre, ha ribadito oggi sul Corriere della Sera di essere il garante dell’unità politica della coalizione, per l’appunto a guida salviniana.
In effetti le ragioni di un’unità non si vede perché dovrebbero essere messe in discussione proprio adesso, fermo restando ovviamente le diverse specifiche identità, dato e concesso che in un contesto tripolare come l’attuale nessuno peserebbe abbastanza da solo come invece possono fare tutti insieme sinfonicamente.
Il momento concreto per valutare la portata sintetica di questo polo maggioritario sarà la creazione dei gruppi parlamentari. Se il centrodestra riuscisse ad unirsi in uno solo, sicuramente la forza parlamentare ne beneficerebbe e pure l’interlocuzione con il capo dello Stato, a partire dalle prossime consultazioni, sarebbe molto più incisiva, efficace e credibile.
Ovviamente un gruppo parlamentare unico comporta dei fastidi, anche se non richiede necessariamente un partito unico ma unicamente un coordinamento maggiore dei lavori parlamentari nelle iniziative legislative. Certamente, cosa assai rilevante, devono esistere dei riferimenti ideali e progettuali uniformi che diano senso ad un raccordo tra forze politiche diverse che intendono far convergere tra loro le volontà.
Il primo principio che sembra favorire l’unità del centrodestra è la storia. Dal 1994, sia pure con strappi e difficoltà, Forza Italia e le destre sono sempre stati alleati. In tal senso Meloni è stata ministro giovanissimo del governo Berlusconi e Salvini, con il suo rinnovamento in senso nazionale della Lega, avrebbe ancora meno ragioni di Umberto Bossi per non sentirsi erede di questa tradizionale concordia positiva. Tanto più che il peso dei centristi è minimo e i cosiddetti eretici che sono confluiti nel Ncd nella scorsa legislatura o sono ora con il Pd, come Pierferdinando Casini, o sono in alleanza stretta con il Pd, come Beatrice Lorenzin, oppure non fano più politica attiva, come Angelino Alfano.
L’unità del centrodestra risponde pienamente ad un paradigma liberal-conservatore, nel quale la centralità della nazione (FdI) si combina con la sicurezza territoriale della comunità (Lega) e con l’idea liberale di uno Stato-minimo (FI).
La forza del centrodestra è la virtù che oggi possiede di essere idealmente e concretamente un blocco alternativo al movimentismo assistenzialistico grillino e al progressismo riformista del Pd.
Perdere questa eredità sarebbe un male. Diminuire questa precisa soggettività politica significherebbe avvantaggiare i competitori e disperdere il consenso acquisito.
Per la prima volta l’Italia ha un centrodestra unito, con tre leader diversi e alleati tra loro, guidati da un dinamismo unitario stimolante e intergenerazionale. Il centrodestra unito è, insomma, la nuova casa naturale del conservatorismo nazionale, nonché una risorsa politica specifica per chi non è, e mai sarà, né grillino né di sinistra.