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Terrorismo e radicalizzazione islamica? Ecco la ricetta del Movimento 5 Stelle

terrorismo, Manciulli, Cia

Con un articolo del candidato ministro dell’Interno, Paola Giannetakis, pubblicato sul proprio blog, il Movimento 5 Stelle ha esposto quello che è forse il suo primo “manifesto” sul tema del terrorismo.

ESPULSIONI E RADICALIZZAZIONE

Giannetakis ricorda che gli espulsi per motivi di sicurezza nazionale quest’anno sono 29 per un totale di 266 dal gennaio 2015. Un numero in costante aumento in particolare dal gennaio 2017, dunque “è ragionevole ritenere che il fenomeno sia ancora sommerso” e pertanto, scrive la professoressa, i dispositivi adottati “a breve non riusciranno a rispondere con la stessa efficienza”. Non è chiaro se non si considerano sufficienti le espulsioni né viene indicato un provvedimento che possa incidere maggiormente.

Si cita l’esempio di Elmahdi Halili, l’italo-marocchino arrestato nel Torinese che svolgeva un’intensa campagna di proselitismo sul web. Nel 2015 era stato condannato: Giannetakis ricorda che nell’ordinanza di custodia cautelare il gip lo definì soggetto di “elevate pericolosità e potenzialità criminali” con “posizioni estremamente radicali”. La valutazione del magistrato è definita “lungimirante” visto il nuovo arresto, anche se va ricordato che alla fine ci fu un patteggiamento a due anni e che un altro giudice concesse la sospensione condizionale. Forse è opportuna una diversa presa di coscienza da parte della magistratura. Il punto però è che, secondo il candidato grillino al Viminale, “il percorso che viene definito semplicisticamente radicalizzazione non è di facile trattamento proprio perché non è una patologia, ma ha radici profonde nell’individuo”. E’ vero e quindi speriamo che Giannetakis, che certamente conoscerà la legge sulla deradicalizzazione Dambruoso-Manciulli approvata solo dalla Camera nella scorsa legislatura, s’impegni per il suo varo definitivo.

RUOLO DEL WEB E COOPERAZIONE TRA FORZE DI POLIZIA

La straordinaria campagna mediatica dell’Isis sul web con l’utilizzo di tutti i social network comporta, secondo la professoressa, “la crescente necessità di adeguato impiego dei nuovi strumenti tecnologici investigativi digitali e della social media intelligence”. L’attività di controllo svolta dall’intelligence e dalle forze dell’ordine (a cominciare dalla Polizia postale) è insufficiente oppure s’intende investire denaro per potenziarla?
Da approfondire, invece, è la parte relativa al Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, che dal 2004 riunisce tutte le forze dell’ordine e le agenzie dei servizi segreti per scambiarsi informazioni. Uno strumento che nessuno ha in Europa e che funziona benissimo. Giannetakis ne riconosce la validità, “tuttavia lo stesso dev’essere implementato, arricchito di contributi da parte di tecnici e analisti. Le attività di coordinamento e information sharing fra le varie forze di polizia e gli organi d’intelligence, nonché le attività di cooperazione internazionale, saranno cruciali se realizzate secondo criteri di praticità e pragmaticità e fondate su comuni obiettivi”. Se è lecito nutrire un dubbio, è difficile credere che personale civile magari indicato dai partiti possa essere ammesso a un tavolo dove ci si scambiano informazioni riservatissime. Il confronto con gli analisti di solito avviene in altre sedi e può essere certamente intensificato.
Un passaggio riguarda la pericolosità sociale perché questo strumento va rivisto anche in relazione al fenomeno della radicalizzazione. Il candidato ministro dell’Interno ritiene dunque che chi è a rischio o possa reiterare il reato debba essere soggetto “a misure idonee”.

IMMIGRAZIONE E FOREIGN FIGHTERS

Infine, occorre “governare adeguatamente i flussi migratori” anche per la preoccupazione che foreign fighter provino a infiltrarsi tra i migranti. Ecco quindi la “necessità di utilizzare procedure di identificazione veloci, precise e anche di consentire la raccolta di tutti i dati biometrici rilevati in modo da renderli disponibili con immediatezza a tutte le forze di polizia”, ciò “grazie all’uso massivo delle tecnologie biometriche che consentono il riconoscimento dei soggetti al di là del possesso di un documento di identità. In particolare questo produrrà risultati positivi in presenza di combattenti di ritorno”. Anche qui, rispetto a quanto già non si faccia, forse il M5S intende promuovere investimenti mirati. Le risposte arriveranno dall’attività parlamentare.



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