Dopo praticamente tre mesi di sforzi, discussioni, contrapposizioni, veti, rinunce e recuperi in extremis, parte ufficialmente oggi alle 16 il governo Conte. Si tratta del primo esecutivo della storia repubblicana il cui baricentro è decisamente spostato a destra; ma anche il primo governo espressione di una nuova maggioranza che fuoriesce quasi miracolosamente da un accordo contrattuale tra opposti e contrari che hanno trovato affinità elettive nel bagno di consenso del 4 marzo.
È questo il governo dell’audacia e della speranza, della vera democrazia ma anche degli infiniti dubbi e dei tracotanti pregiudizi contrari.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è la figura di raccordo tra le due forze politiche più radicali presenti oggi sul territorio, M5Stelle e Lega, le quali, in modo quasi assoluto, rappresentano tutta l’Italia nella sua unità: l’Italia nella sua specificità produttiva, ma anche l’Italia nella sua povertà effettiva, l’Italia delle differenze, delle eterogeneità, dei suoi problemi e delle sue soluzioni.
L’esecutivo contiene al suo interno tutto questo coacervo di opposizioni: vi sono ministri che sono leader di partito, Matteo Salvini agli Interni e Luigi Di Maio al lavoro, entrambi vicepresidenti del Consiglio, ma vi sono anche figure tecniche che con questa maggioranza politica poco e nulla sembrerebbero avere a che fare, come Enzo Moavero Milanesi, agli Affari Esteri.
Quello che tutti gli italiani sanno e pensano è però che nell’Italia di oggi la soluzione generata, permessa non senza riserve meticolose dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è adesso l’unica via politica democraticamente percorribile per gestire i destini pericolanti della nostra complessa nazione.
Ai dicasteri economici spiccano, quasi a suggellare tale ricapitolazione, due figure eterogenee ma potenzialmente complementari, come sono di certo Paolo Savona agli Affari Europei e Giovanni Tria all’Economia.
L’iter che ci ha portati qui conta relativamente, davanti ad un risultato che è ormai l’inizio di un percorso che si apre al buio, nel quale garanzie e rappresentatività convivono persino come una concordia tra dissonanze, che tuttavia potrebbe funzionare persino molto bene se tutto funzionerà all’unisono, se tutto andrà bene.
Indubbiamente il più importante dicastero, il ministero dell’Economia, affidato a Tria è il vero caposaldo, la vera garanzia, probabilmente l’autentico perno di affidabilità di questo governo.
Il neoministro non soltanto può vantare competenze tecniche di impareggiabile valore, esperienze internazionali di indiscutibile qualità e serietà; non esclusivamente cioè una sobrietà che non presenta rischi di sorta, ma soprattutto una coerenza sicura in materia economica, sia in senso stretto e sia in senso lato, verso le prospettive globali, europee ed orientali, nonché verso quelle microeconomiche e congiunturali.
Mitezza personale, ma anche razionalità, precisa percezione del carattere libero e mondiale del mercato, ma anche realismo e senso della comunità e della circostanza, delle peculiarità di casa nostra ma anche delle prospettive comparative di slancio internazionale: tutte attitudini queste che sono presupposti inossidabili che fanno di Tria il punto nevralgico e pacato di un esecutivo che nasce all’insegna di un liberalismo temperato e consapevole.
Si parla molto di una possibile contraddizione tra Tria e Savona, nei due ministeri chiave della nostra politica economica governativa: l’uno moderatamente critico verso l’UE e l’altro aperto ad una uscita dalla moneta unica. In realtà, la soluzione finale, scaturita anche grazie al capo dello Stato, permette di combinare una sorta di tandem tra la morigerata attenzione ai conti e alle coperture, che Tria non perderà di vista, e la necessaria negoziazione a Bruxelles delle prerogative che sono proprie del nostro Paese, che Savona farà rispettare con decisione e autorevolezza, il quale Paese non si merita di subire battute ingiuste e stupide invettive come quelle di Oettinger e Junker.
Davanti ad un mondo che, in definitiva, va verso dazi atlantici e supremazie interne al Continente, la tenacia di Savona e la saggia esperienza di Tria sono sicuramente i fattori di forza e le più potenti garanzie intellettuali di questo governo.
Non ci saranno controfigure, né cattive coabitazioni, ma, auspicabilmente, una gestione intelligente, conservatrice e rivoluzionaria al contempo, della nostra politica nazionale. La spinta verrà dall’attenzione ai confini comunitari senza protezionismo, da una molteplicità di esigenze convergenti senza contraddizione, di cui il governo Conte sarà megafono di dignità e di illuminata razionalità, una perfetta alchimia per adempiere politicamente ciò che realmente i cittadini hanno indicato come necessità alle urne e che perciò costituisce un mandato che non può essere tradito senza deludere lo spirito democratico stesso della nostra fragile e lacerata nazione.