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Ecco come la Logistica 4.0 cambierà l’Aeronautica militare. Parla il generale Fantuzzi

logistica

L’efficientamento dell’Aeronautica militare passa attraverso la rivoluzione digitale. Tra blockchain, realtà aumentata e Internet of Things, la Forza armata si appresta a modificare il proprio paradigma anche nel campo dell’addestramento e manutenzione. Ne abbiamo parlato con il generale Giovanni Fantuzzi, comandante del Comando logistico dell’Arma azzurra, e già vice comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), con all’attivo oltre 4.500 ore di volo su 55 differenti velivoli.

Generale, come si inserisce il progetto di Logistica 4.0 all’interno del piano Aeronautica 4.0 portato avanti dal capo di Stato maggiore Enzo Vecciarelli?

Insediandosi, il Capo di Stato Maggiore ha pensato per similitudine a quella che è la quarta rivoluzione industriale, anche nota come Industria 4.0. Così, ha lanciato la sua visione strategica legata all’innovazione utilizzando l’espressione “Aeronautica 4.0”. Similmente, crediamo fortemente che la vision di un capo di Forza armata debba percolare fino all’ultimo dei nostri uomini e donne (nel senso del più lontano), che devono aver chiaro cosa vogliamo fare e come lo vogliamo fare. Ci è sembrato dunque logico e consequenziale parlare di “Logistica 4.0”, anche perché, dal punto di vista aeronautico, la parte più aderente all’industria siamo sicuramente noi. Difatti, non possiamo certo sottrarci alla rivoluzione in corso, essendo dipendenti e clienti del comparto industriale della difesa. Così, il mio predecessore ed io, con tutti i 13mila uomini e donne del Comando logistico, abbiamo deciso di seguire il capo e dare al Paese una Forza armata che avesse un approccio alla logistica innovativo. Ciò deriva anche dalla legge 244 del 2012, che predispone una riforma delle Forze armate e che vedrà la logistica colpita in maniera importante. La forza manutentiva che si occupa di riparare l’Eurofighter, piuttosto che il 339 o il Predator, diminuirà nei numeri. Abbiamo già scoperto che le risorse finanziarie sono finite, e parallelamente si stanno esaurendo anche le risorse umane. Di conseguenza, nell’esigenza di trovare un paradigma diverso, abbiamo individuato in Logistica 4.0 il mantra che ci guida, anche se il percorso è molto più complesso.

Tra realtà aumentata, block chain e Internet of Things, come possono le nuove tecnologie migliorare la logistica all’interno della Forza armata?

La nostra responsabilità e dare all’Italia un’Aeronautica che vola e che svolge il proprio compito con efficienza, e per fare questo stiamo cercando di procedere in maniera pragmatica. Vogliamo essere possibilmente così bravi da prendere da queste tecnologie la parte che ci aiuta a superare le sfide che abbiamo davanti, al fine di sopperire alla riduzione delle risorse finanziarie e umane. Per concretizzare, si pensi all’addestramento, fondamentale ma anche costoso poiché frutto di un processo scrupoloso e profondamente certificato, complesso e lungo, che richiede strumenti, tempo e istruttori. In tal senso, riteniamo che la realtà virtuale possa permettere di contenere tempi e costi. L’esempio classico è il manutentore che si addestra a fare attività manutentiva non davanti a un costosissimo hardware finto o vero (e quindi “rubato” all’attività operativa), ma con strumenti virtuali che gli permettano poi di trovarsi di fronte all’aeroplano sapendo già cosa fare.

E per quanto riguarda la realtà aumentata?

Anch’essa è una chiave di volta per l’efficientamento di cui parlavo, soprattutto perché può garantire ancora maggiore sicurezza e certificazione. Immaginiamo un manutentore che si avvicina al velivolo indossando un paio di hololens. Su queste gli appare la job guide, cioè la check list delle operazioni da eseguire, e gli suggerisce che la vite A deve essere svitata. Grazie alle hololens, la vite in questione appare di colore rosso fin quando l’azione non viene compiuta; a quel punto sulla lista appare il check. Così, mentre sta realmente agendo su un velivolo, un radar o su qualsiasi altro strumento, il manutentore lo fa con un ausilio certo e certificato, che ha a disposizione immediata, senza dover sfogliare corposi manuali.

La blockchain come si inserirà in questo processo?

Potrebbe rivelarsi il vero game changer. Non rivolta a transazioni finanziarie, per le quali forse è stata sviluppata, ma piuttosto come utilizzo di un paradigma a blocchi certificato e immutabile, e quindi criptato per ogni blocco, il quale permette di avere certezza che l’azione manutentiva è stata fatta seguendo una determinata procedura e che nessuno ne può mutare la certificazione. Questo è un cambio di paradigma totale. Oggi, infatti, ricorriamo a manutentori e poi a un altro team di esperti che si occupa del controllo qualità sull’azione manutentiva certificando che sia fatta da dovere. In altre parole, la blockchain permette un’elevata riduzione di ore-uomo e la garanzia assoluta e distribuita che il lavoro sia stato fatto a regola d’arte.

Ma quando sarà operativo tutto questo, anche considerando il recente Airathon, il primo hackathon in campo aeronautico?

Da quella esperienza, a cui hanno partecipato sedici start up, stiamo procedendo rapidamente. Oltre ai due team che sono stati premiati, stiamo portando avanti cinque applicazioni prototipiche: due sull’efficienza delle linee di volo; due sull’efficienza di radar e sistemi di comunicazione, comando e controllo; e una sull’Atoc (Air terminal operations centre), la struttura che usiamo a Pisa e Pratica di Mare per confezionare carichi che i nostri airlift portano in teatro per il sostegno logistico alla missioni. Si tratta di cinque progetti pilota con i quali vogliamo essere molto concreti e questo lo abbiamo detto ai partecipanti all’Airathon ma anche alle grandi industrie, come Leonardo e Vitrociset, da cui non possiamo prescindere. L’obiettivo è verificare in maniera sinergica e intelligentemente distribuita se ciò di cui ho parlato prima è vero, cioè se queste tecnologie riescono a contrarre lo sforzo che impieghiamo per addestrarci e manutenere.

Dunque, ritiene che in questo sforzo la collaborazione con l’industria sia centrale?

Assolutamente sì. Logistica 4.0 vuole attribuire la giusta rilevanza alla parte industriale, dalle grandi aziende alle piccole e medie imprese, start up comprese. Si tratta della condivisione di un pensiero fresco e della possibilità di portare velocemente a fruizione le idee che vengono dalle start up. È singolare, in tal senso, che molte delle realtà che hanno partecipato al “Airathon” provengano dall’industria dei giochi. Ho avuto modo di vedere, in passato, la difesa all’avanguardia nello sviluppo di nuove tecnologie che venivano poi impiegate anche per usi civili. Ora si capovolge il paradigma: l’industria dei giochi mette a disposizione tecnologie e conoscenze per il mondo della difesa.

In questo sforzo collaborativo come si inserisce l’Università?

È l’altro pezzo fondamentale. L’Aeronautica militare ha un accordo quadro con il congresso de rettori delle università italiane e poi una serie di accordi con molti atenei. Noi, ad esempio, lavoriamo molto con Roma Tre e con La Sapienza, cercando di stimolare il mondo universitario così che ci aiuti dal punto di vista dalla ricerca. Un esempio chiarificatore è quello che stiamo facendo nel campo dell’additive manufacturing con il professor Paolo Gaudenzi del dipartimento di Ingegneria aerospaziale della Sapienza. Abbiamo selezionato delle parti di un velivolo T-339 e le abbiamo date all’università che ne ha fatto un file cad/cam con cui le produrrà grazie alla macchina che la facoltà di ingegneria aerospaziale ha acquisito per la ricerca. Qui però c’è uno step molto importante. Come Aeronautica, insieme alla Direzione degli armamenti aeronautici e per l’aeronavigabilità (Armaereo) certificheremo quella parte, cioè andremo a verificare che risponde ed è uguale a quella fatta da pieno. In questo modo nasce quello che io chiamo “il mio sogno”.

Ci spieghi meglio.

Oggi, a Cameri, l’Aeronautica ha un deposito logistico per Eurofighter e Tornado, pieno di milioni di parti di ricambio. È una struttura robotizzata e all’avanguardia, ma difatti già superata. Un domani sarà l’aeroplano in volo, con il suo sistema di prognosi automatica dell’efficienza, a trasmettere a terra un dato secondo cui la componente sostituibile (Lru) numero X sta per avere una failure. In questo modo, il manutentore entrerà nel sistema, chiederà a una macchina di additive manufactuirng di costruire la parte X, la preleverà e la porterà nell’hangar in cui sarà intanto atterrato l’aereo. Attraverso delle hololens certificherà la procedura di sostituzione di quella parte che è stata costruita dieci minuti prima. Questo significa razionalizzare.

Secondo lei quanto ci vorrà prima che tutto questo sia realtà? Vent’anni è un periodo credibile?

Sono convinto e spero che sia molto prima di vent’anni. È chiaro che la vita dei programmi aeronautici è molto lunga, e se la domanda riguarda il sistema d’arma futuro che nascerà con embedded queste tecnologie, posso essere d’accordo sui vent’anni. Ma la nostra fortuna è avere già un sistema d’arma di quinta generazione, l’F-35, il quale porta già a progetto alcune di queste soluzioni, come l’addestramento che ricorre a realtà virtuale o aumentata. Quello che stiamo cercando di fare è proprio portare tutta la Forza armata a livello della quinta generazione, sfruttando il driving factor che essa rappresenta. A mio parere, occorre procedere a macchia di leopardo nell’applicazione di queste tecnologie, adottando step by step un approccio conservativo che certifichi di volta in volta il nostro progresso, partendo con umiltà da operazioni non troppo complesse per portarci poi alla sostituzione del motore o all’ispezione generale, operazioni per cui intravedo centinaia di ore-uomo in meno rispetto ad ora.

Questa sembra un’esigenza rispetto alla razionalizzazione prevista.

Certo. La legge 244 del 2012 mi dice che l’Aeronautica dovrà avere nel 2024 5.700 militari in meno, 1.500 dei quali potrebbero essere manutentori. Su queste cifre oggi devo prendere una decisione e proprio da qui nasce Logistica 4.0, come risposta a una sfida che dobbiamo gestire e non subire. Da qui anche l’importanza della dualità con l’industria e con l’università. Abbiamo bisogno di un’università che ci aiuti e di un’industria che sia molto più al nostro fianco per ovvi motivi. Nei nostri hangar, nel 2025, vedo più gente con la tuta di un’industria rispetto ai miei sottufficiali.

L’Airathon di Pratica di Mare è un esperimento che si ripeterà?

Prima di tutto vogliamo vedere questi cinque progetti piloti diventare realtà. Tornando ai tempi, credo che ci sia la possibilità di utilizzare la realtà aumentata abbastanza presto, perché è semplicemente questione di programmarne e certificarne l’utilizzo, dato che non si va a cambiare nulla di drammatico, né si tratta di acquisire infrastrutture costose. Ad ogni modo, vorremmo costruire a building blocks, procedendo con i piedi per terra, proprio come fatto per l’Airathon, in cui ci siamo dati obiettivi che gli stessi otto team hanno dimostrato di poter raggiungere. Poi, vedrei a cadenza almeno annuale un block importante con in mezzo milestone che permettano di certificare ciò che è stato fatto, capitalizzarlo e poter passare allo step successivo, che sia un semplice convegno o un workshop (modalità che vederei molto meglio) per la condivisione innovativa di idee che porti a risultato. In altre parole, la condivisone bottom up è molto pagante nel nostro mestiere, poiché permette di liberare energia di pensiero e di mettere a disposizione le nostre conoscenza in linea con la logica interforze e interagenzia.



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