“È un capolavoro scritto apparentemente da me, ma io non ho scritto una parola”. Eugenio Scalfari era presente in prima fila al Tempio di Adriano per la presentazione del libro “Grand Hotel Scalfari” di Antonio Gnoli e Francesco Merlo, edito da Marsilio. “Questo libro mi ha fatto capire cose che erano dentro di me e loro le hanno rese esplicite – ha detto riguardo il volume -. È un libro molto speciale. Una specie di Madame Bovary…”. Il sottotitolo è “Confessioni libertine di un secolo di carta”. Libertine non solo filosoficamente. “Sì, sono un libertino – ha detto ancora Scalfari -. Ho cominciato quando avevo 23 anni dirigendo una casa da gioco a Chianciano. L’ho diretta per 4 mesi, appena laureato”.
“Abbiamo cercato il filo rosso che unisce i mille Scalfari – ha detto Francesco Merlo -. Secondo noi questo filo rosso è l’ottimismo, la gioia di vivere che nemmeno il fascismo e la guerra hanno scalfito. Scalfari è lo spartito e noi lo abbiamo suonato”.
“Scalfari come Montanelli e pochissimi altri rappresenta un punto di riferimento esemplare, un maestro – ha aggiunto il direttore di Repubblica, Carlo Verdelli. Quando sono arrivato a Repubblica, da barbaro, volevo fare colpo su di lui e mi ha stupito facendomi un grande regalo. Abbiamo passato un pomeriggio insieme e lo ricordo come un punto di svolta. Da lì, nella mia direzione, ho cercato una ricongiunzione con la sorgente di Repubblica“.
Insieme agli autori ad omaggiare il giornalista e il libro a lui dedicato anche, tra gli altri, Paolo Mieli, Jas Gawronski, Pietrangelo Buttafuoco, Annalisa Chirico, Paolo Guzzanti.
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