George Orwell alla sbarra, ma è innocente. Ieri sera, martedì 21 novembre, si è aperta la stagione romana de “La Storia a Processo!”, il format ideato e curato da Elisa Greco, che ha trasformato il Teatro Parioli in un’aula di tribunale per processare George Orwell tra autoritarismo digitale e visione profetica.
“Un confronto acceso – commenta Greco – che ha posto al centro, il dilemma tra quanto lo sviluppo della tecnologia possa, in prospettiva, diventare dominante rispetto alle azioni umane come sostenuto dall’accusa e dall’atro quanto l’individuo sappia padroneggiarla e non esserne succube come propugnato dalla difesa”.
A rendere plasticamente la possibile evoluzione anche l’imputato è diventato un avatar: la sedia dell’imputato era vuota, mentre sullo schermo appariva un George Orwell impersonato da Gianni Riotta.
Se nel ruolo del pubblico ministero Eugenio Albamonte si è battuto per la condanna di George Orwell, coadiuvato da due testimoni d’eccezione: Giancarlo Leone e Ginevra Cerrina Feroni, l’avvocato Alfonso Celotto ha dal canto suo sostenuto fortemente la tesi difensiva, supportato dalle testimonianze di Elisa Anzaldo e Paolo Benanti.
Una platea partecipe e molto coinvolta in un teatro sold out e con una presenza di giovani studenti proiettati nel futuro ha emesso il verdetto di innocenza. Come sottolineato dalla presidente della Corte Paola Severino, nella motivazione del verdetto, quello di Orwell sia un “invito a non soggiacere alla schiavitù del pensiero indotto”, esortando a imparare a governare l’Intelligenza Artificiale per non averne paura.
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