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Letta racconta la strana vita di Romano Prodi. Foto di Pizzi

In Galleria Alberto Sordi, il professore Romano Prodi arriva con una mezz’ora di anticipo, ad aspettarlo, prima che lo spazio si riempia, gli amici e i collaboratori che lo hanno accompagnato nel corso di una vita, dal pubblico al privato, da Palazzo Chigi a Bruxelles. Lo saluta Gian Maria Gros Pietro, presidente del CdA di Intesa, ma anche del comitato scientifico di Nomisma, la società di consulenza fondata, tra gli altri, anche dal professor Prodi. Si siede anche l’ex ministro della Giustizia Flick, passa a salutare Graziano Delrio, infine arriva anche il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, e si può cominciare.

Il libro, “Strana vita, la mia” (Solferino), è una biografia dell’accademico ed economista emiliano, ma è anche una ghiotta opportunità per sentire cosa pensa il fondatore de l’Ulivo e padre nobile del Pd sulla situazione attuale; le elezioni amministrative incombenti, l’assetto del governo Draghi, la scadenza di Mattarella al Colle. Prodi, come sempre, risponde pacatamente, aspettando che la domanda sia completata, segno distintivo in un epoca dove l’impazienza è diventato il sintomo di carisma. Prima non perde occasione per lanciare nuovamente un avvertimento a lui caro, il declino dell’industria manifatturiera in Italia, ormai assente dallo scenario internazionale delle grandi aziende privati. Come a dire “al tramontare dell’Iri e dell’industria di stato doveva subentrare una rinascita del privato, così non è stato”.

A chi gli chiede motivo delle “bacchettate” date a Letta e riportate sui giornali, il presidente nega di averne date, dice di far fatica a vedere anche solo la bacchetta, sull’assetto istituzionale non si lascia trascinare sui discorsi relativi alle coalizioni, ma si dice semplicemente soddisfatto del trio Draghi a Palazzo Chigi, Mattarella al Quirinale e Letta al Nazareno. Ma una volta citato il Colle la domanda sorge spontanea: a scadenza del mandato di Mattarella si aprono scenari imprevedibili, si ricandiderà Prodi? La risposta denota un ragionamento maturato nel tempo: “I 101, che poi erano 120, secondo me ci sono ancora e secondo me hanno fatto figli e nipoti”, in altre parole non sono disponibile a farmi impallinare di nuovo.

Ecco tutte le foto della presentazione formate Umberto Pizzi.

(c) Umberto Pizzi – Riproduzione riservata

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