Un rafforzamento esterno dell’Europa oggi passa per un suo rafforzamento interno, questo implica che la cessione di un po’ di sovranità nazionale a favore dell’Europa non presuppone la sua perdita. Perché l’interesse nazionale passa per la cessione di sovranità, questo implica anche l’emissione del debito comune, perché non è plausibile che ciascun Paese possa raggiungere da solo obiettivi importanti come quelli attuali. Una cessione di sovranità per una politica industriale comune va nella direzione dell’interesse nazionale.
In ambito europeo, la composizione degli interessi nazionali è più complicata se si parte da una considerazione per cui la costituzione di una maggiore sovranità europea sottrae sovranità nazionale. Ma il processo di unificazione europea non ha sottratto nessuna sovranità nazionale, consente invece un flusso di sovranità che fa la differenza tra vincere e perdere a livello globale. Su questo devono lavorare i conservatori europei.
Ne hanno parlato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, Flavia Giacobbe, direttore della rivista Formiche, Paolo Quercia, docente di Studi strategici presso l’Università di Perugia, Beniamino Quintieri, professore di Economia e finanza presso l’Università Tor Vergata, Bassam Essam Rady A. Rady, ambasciatore della Repubblica araba d’Egitto, Andrea Margelletti presidente del Cesi e Vittorio Emanuele Parsi, professore di relazioni internazionali all’Università Cattolica.
Moderati da Luigi Di Gregorio, direttore scientifico Farefuturo e Mauro Mazza, direttore editoriale Farefuturo. Ha tirato le conclusioni dell’incontro Gabriele Checchia, direttore relazioni internazionali Farefuturo (qui l’articolo completo).
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