Alla Casa del Cinema di Roma per l’uscita del numero 592 della più antica rivista di cinema italiana, “Bianco e Nero”, edita dal Centro Sperimentale di Cinematografia, si sono incontrati Carlo Verdone e Walter Veltroni, insieme a Felice Laudadio, per omaggiare il grande attore Alberto Sordi, protagonista della monografia speciale (edita con le Edizioni Sabinae) della rivista.
Un viaggio nel cuore dell’Albertone nazionale segreto grazie al materiale messo a disposizione della Fondazione Sordi che ha Walter Veltroni per presidente onorario.
“Non ha senso – ha ricordato Carlo Verdone – rivolgermi la domanda di sempre circa il fatto che io sia il suo erede: Sordi è stato un protagonista gigantesco, una maschera irrinunciabile degli italiani e come tutte le grandi maschere nella storia dello spettacolo è unico e immortale. Ci siamo frequentati e visti da vicino per più di 15 anni e di lui conservo il regalo di una straordinaria generosità, il desiderio sincero di aiutare un giovane a cui voleva fare spazio, la sobrietà quasi monacale nella vita privata, una dimensione umana che era il contrario dell’irruenza allegra e contagiosa che esibiva in pubblico. Del resto il Sordi della prima parte della carriera – continua Verdone – è stato uno straordinario avanguardista, un rivoluzionario che sovvertiva ogni regola del mestiere, che usava la sua cattiveria esibita nei personaggi per far crescere il suo pubblico, fino a bistrattarlo per generosità appunto. Poi, è vero, con gli anni ha virato verso un conservatorismo più amaro e distaccato, come tutti i grandi che, con l’età, non riescono più a capire il nuovo mondo che li circonda. Una sorte che ha condiviso con tanti altri grandi, da Fellini che mi chiamava al mattino presto per lamentarsi di nuove generazioni che non capiva, o come Balla, il grande futurista che alla fine si ripiegò nella pittura più convenzionale. Ma a uno come Sordi possiamo rimproverare questa straziante tristezza degli ultimi anni? Basta ricordare quell’attore pazzo, inventivo e unico che tanto ha dato al nostro cinema e al nostro essere italiani”.
(Foto: Umberto Pizzi-riproduzione riservata)