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Il Guangdong ha fissato il proprio obiettivo di crescita per il 2014 all’8,5 per cento. Il polmone economico della Repubblica popolare ha alzato l’asticella rispetto al’8 per cento fissato per l’anno scorso, alla fine superato di mezzo punto percentuale.

Una scelta in controtendenza rispetto a quella di almeno altre sette province cinesi che hanno visto al ribasso le stime di crescite rispetto al 2013, come fatto ad esempio dall’Hebei, che circonda la municipalità di Pechino, passata dall’obiettivo del 9 a quello dell’8 per cento, conseguenza dei limiti più stringenti su inquinamento e le emissioni.

Stessa scelta al ribasso per Fujian, Gansu, Ningxia. La stessa Pechino passerà dall’8 del 2013 al 7,5 per cento fissato per quest’anno, secondo quanto annunciato il mese scorso dal segretario del Partito comunista locale, Guo Jinlong.

Il piano per istituire una zona di libero scambio che comprenda anche Hong Kong e Macao e la cooperazione con le province limitrofe e la regione del Delta del Fiume delle Perle, al contrario fanno ben sperare Zhu Xiaodan, governatore del Guangdong, convinto che l’8,5 toccato lo scorso anno si possa ripetere. La provincia, ha sottolineato Zhu, sta riuscendo con successo a trasformare la propria economia, con lo sviluppo del terziario ora capace di superare il secondario.

Nella strategia di crescita del Guangdong un ruolo centrale potrebbe essere riservata alla zona di libero scambio con Hong Kong e Macao, ispirata all’area inaugurata lo scorso settembre a Shanghai e per la quale, secondo quanto riporta la stampa cinese, lo scorso dicembre il governo provinciale ha presentato domanda al Consiglio di Stato, l’organo esecutivo della Repubblica popolare.

Il progetto coprirebbe un’area di oltre mille chilometri quadrati, contro i 28 di Shanghai. Oltre alle due ex colonie britannica e portoghese, dovrebbe comprendere la zona di Qianhai a Shenzhen, città simbolo delle aperture economiche cinesi, l’isola di Hengqing al largo di Zhuhai, e Nansha a Guangzhou.

Paragonata a quella nata sul fiume Huangpu, scrive il Global Times, sarà non solo più grande per quanto riguarda le dimensioni, ma anche come obiettivi, in termini di innovazione, riforme finanziarie e apertura agli investimenti esteri. Trascorsi poco più di cento giorno dall’inaugurazione la zona di libero scambio di Shanghai continua tuttavia a essere un oggetto misterioso.

Al momento fa più notizia ciò che non si può fare all’interno rispetto alle decisioni verso le maggiori liberalizzazioni che ci si attende. Il South China Morning Post riprende quanto detto da Gordon Orr. Secondo il presidente per l’Asia di McKinsey, l’unico cambiamento visibile al momento è la possibilità per le imprese di investire senza passare per i processo di approvazione. C’è poi la possibilità per la autorità cittadine di rivede la lista delle limitazioni, ma in questo caso si deve fare conti con il delicato equilibrio tra le decisioni prese a livello locale e quelle prese a Pechino.

Intanto il Global Times, spin-off del governativo Quotidiano del popolo, pur enunciando i benefici che l’istituzione della zona Guangdong-Hong Kong-Macao porterebbe con sé, come l’integrazione della regione del Delta, non manca di sottolineare eventuali rischi. L’area va nella direzione delle riforme economiche decise nel corso del Plenum di novembre del Partito comunista. Tuttavia, scrive il quotidiano, ci si troverà davanti sia alle dimensioni del progetto sia alla necessità di integrare sistemi finanziari e legali diversi, come possono essere quello del Guangdong e quello delle due regioni amministrative speciali. Si attende inoltre di vedere quali risultati darà Shanghai.

Guangdong, ecco gli sfolgoranti obiettivi di crescita per la locomotiva della Cina

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