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La Prima Repubblica (1945-1992) era caratterizzata dalla cosiddetta “conventio ad escludendum” che impediva, di fatto, l’alternanza, a causa della profonda frattura  della guerra fredda; ragione per cui si parlava di un “bipartitismo imperfetto”.

Era una frattura che, tuttavia, non impediva una sostanziale integrazione dei diversi blocchi sociali, culturali, economici e politici attorno alle culture prevalenti: quella cattolica nella sua traduzione politica democristiana, la marxista comunista, quella laica socialista, liberale e repubblicana, con una persistente residua componente di destra ex fascista.

Una frattura che era ricomposta dal sostanziale equilibrio garantito, da un lato, dalla presenza di  aree politico amministrative territoriali sostanzialmente governate e organizzate attorno ai due grandi poli di attrazione democratico cristiano e comunista e, dall’altro, dal perdurante sistema  di  un’antica tradizione trasformistica a livello parlamentare dove, al di là della forte dialettica politica, si instaurò la pratica permanente del compromesso, garantito da leadership autorevoli tanto sul fronte della  DC che su quello del PCI.

La Seconda Repubblica (1994-2013) nasce in una situazione di squilibrio tra i poteri causato dall’annullamento dell’art 68 della Costituzione per opera di un voto plebiscitario di un Parlamento sotto schiaffo, che, votando il superamento dell’immunità parlamentare, ha garantito all’ordine giudiziario un potere incontrollato e incontrollabile in grado di dettare legge sui poteri legittimi e rappresentativi della volontà popolare, quali quelli del legislativo e dell’esecutivo.

Con il voto sulla decadenza di Berlusconi si è aperta una fase nuova e ancor più complessa della vicenda politica italiana. Con tre leader fuori del Parlamento, Berlusconi, Grillo e Renzi alla guida dei tre più importanti partiti in esso rappresentati, siamo alla dimostrazione palese di una situazione anomala e mai vista prima nella storia della Repubblica.

Ogni giorno che passa il Cavaliere assume toni sempre più forti contro il sistema e, tramite l’ambasciatore del comico genovese, l’ideologo Paolo Becchi, allaccia un rapporto sempre più stretto con il movimento Cinque Stelle di Grillo sul piano strategico e tattico.

L’obiettivo politico che si propone è quello di impedire l’avvento al potere di una sinistra che Magistratura Democratica, da sempre braccio giudiziario della gauche, continua a perseguire con ferrea volontà giacobina, propria di chi si sente espressione di una moralità superiore  e del ruolo sacerdotale di fedele custode di una Costituzione perfetta e immutabile.

Sul tempo breve, l’obiettivo  di Berlusconi è quello di  far cadere il governo Letta e, dopo la sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale, andare quanto prima a elezioni anticipate. Persa ogni residua fiducia su un atto di clemenza di Napolitano, il leader di Forza Italia sembra ormai pronto a sostenere la messa in stato di accusa del Presidente richiesta da Grillo.

L’editoriale di Sallusti su Il Giornale di Lunedì 25 novembre, un vero e proprio j’accuse contro il presidente Napolitano era l’annuncio di una discesa in piazza contro la magistratura, la sinistra e il presidente, e quello di un duro scontro politico e sociale.

Come da qualche tempo temiamo, si rischia di collegare lo scontro politico con la rabbia sociale diffusa di un Paese sull’orlo del baratro economico e finanziario, in grado di rendere ancor più cruenta e irrimediabile quella frattura verticale del corpo sociale, privo di riferimenti politico culturali e di autentica rappresentanza politica,  sino al limite della rottura del patto su cui si fonda la stessa unità nazionale.

Servirebbero leadership politiche all’altezza della drammatica situazione, ma al tempo dei nominati, dei nani e delle ballerine, il convento  cosa passa?  A sinistra, un rampante  giovane sindaco fiorentino che propone rottamazioni senza progetto; a destra, il costituirsi  di un pericoloso fronte radical populista a rischio di collusione con un movimento senza storia e cultura come quello dei grillini, divisi tra le tricoteuses di periferia e i sans culottes de noantri, mentre al  centro si è in presenza di una  miscela ancora confusa in attesa di coagularsi su posizioni unitarie attorno a una leadership condivisa.

Il caos istituzionale che la sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale ha reso esplicito con un Parlamento politicamente, anche se non ancora giuridicamente, delegittimato, aggiunge ulteriore benzina al fuoco che cova sotto le ceneri. Il rischio di una deriva autoritaria è molto forte sotto il cielo d’Italia.

Spetterà ancora una volta a ciò che resta delle culture politiche che hanno fatto grande l’Italia tentare di opporsi a questo tragico destino.

Ettore Bonalberti

www.lademocraziacristiana.it
www.insiemeweb.net

I rischi del fronte Berlusconi-Grillo

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