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Papa Francesco riceverà il presidente Vladimir Putin il 25 novembre. Dati i legami fra il Cremlino e il Patriarcato Ortodosso, i temi trattati non saranno solo politici. Vaticano e Russia hanno molti interessi e visioni convergenti. Eventuali intese saranno riservate. La Santa Sede deve tener conto della sensibilità dei Paesi preoccupati del colossale riarmo russo e dell’ambizione di Mosca di giocare il ruolo di grande potenza globale.

Dopo secoli di sospetti, recriminazioni e anatemi, i rapporti fra il Vaticano e la Russia sono migliorati. Erano molto tesi durante il pontificato di Giovanni Paolo II, anche per i suoi ottimi rapporti con Reagan e per il sostegno a Solidarnosc. Rimasero pessimi fino all’avvento al potere di Putin. Furono riprese le relazioni diplomatiche. I rapporti migliorarono, parallelamente a quelli fra il Vaticano e il Patriarcato di Mosca.

Putin è consapevole dell’importanza dell’appoggio vaticano in politica estera. Lontani sono i tempi in cui Stalin chiedeva beffardamente di quante divisioni disponesse il Papa. Putin sa quanto conti il soft power della Santa Sede. Conosce bene l’importanza che aveva avuto Giovanni Paolo II nella caduta dell’Urss. Sa anche che il ruolo globale, a cui aspira, non può più essere prodotto dall’hard power. Non dispone delle risorse necessarie. Può solo rallentare il suo declino, derivante dall’incombente disastro demografico. La Russia non è una piccola Urss.

Le critiche del Pontefice all’egoistico liberismo “anglo-sassone” della Thatcher, di Reagan e di Deng Xiaoping, sono certamente condivise da Putin. Forse non ci crede veramente, anche perché è a capo della più grande cleptocrazia del mondo. Ma ciò è marginale. Mosca si sforza di migliorare i rapporti con l’Europa del capitalismo sociale di mercato – soprattutto con la Germania – per modernizzare l’economia russa e rafforzarla nei confronti di quella che considera la principale minaccia: la crescita economica e militare della Cina e della sua influenza in Asia Centrale.

Il rafforzamento della presenza russa in Medio Oriente fa parte di tale strategia. Putin ha capitalizzato le indecisioni e incertezze di Obama. L’opposizione all’intervento americano in Siria gli ha consentito, secondo il PEW Centre, di superarlo nella graduatoria dei leaders più importanti del mondo (il terzo è Xi Jinping e il quarto Papa Francesco, seguito dalla Merkel).

Vaticano e anche la Chiesa Ortodossa sono angosciati per la sorte del Cristianesimo in Medio Oriente. Hanno sempre condannato gli interventi occidentali nella regione, che non hanno tenuto conto degli interessi dei cristiani. Li hanno compromessi agli occhi delle maggioranze sia sunnite che sciite. Entrambe li considerano una “quinta colonna” dell’Occidente. La Russia zarista si era proclamata protettrice dei Cristiani di tutto il Medio Oriente. Il ricordo ne è rimasto nel DNA della cultura politica russa. Putin ne è consapevole. I regimi autoritari filosovietici in Egitto, Siria e Iraq erano tolleranti verso i cristiani e ne hanno sempre avuto l’appoggio. Godevano di una posizione spesso privilegiata. Con la loro caduta e con il risveglio dell’Islam sono discriminati, spesso perseguitati. Fuggono dal Medio Oriente. In Iraq, i cristiani si sono ridotti a meno di un terzo. Lo stesso sta avvenendo in Siria e in Egitto.

Nello scrivere la lettera a Putin, nella sua qualità di presidente del G-20, e nel digiuno per la pace in Siria, cioè contro l’ipotesi di un intervento USA a sostegno degli insorti, Papa Francesco ha fornito al presidente russo un’ottima carta, magistralmente giocata. Non è escluso che il tema centrale dell’udienza del 25 prossimo riguardi proprio un’ulteriore cooperazione. Con essa Putin prenderebbe due piccioni con una fava. Otterrebbe il sostegno sia degli Ortodossi che dei Cattolici.

Un accordo potrebbe essere facilitato da concessioni sul piano religioso, quale il riconoscimento legale del Cattolicesimo in Russia – con l’Ortodossia, l’Ebraismo e il Buddismo – e la restituzione di beni espropriati alle Chiese Cattolica e Uniate. Per Putin, la questione assume carattere di urgenza. La possibilità di un accordo fra gli USA e l’Iran rischia di arrestare i progressi russi in Medio Oriente. L’apertura all’Egitto e all’Arabia Saudita sono una montatura. L’assunzione, con la benedizione del Vaticano, del ruolo di protettore dei cristiani della regione potrebbe costituire per Putin una carta interessante. Vi è da chiedersi quali riflessi la cosa avrebbe per l’Italia.

Effetti ed interessi della visita di Putin a Papa Francesco

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