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“Ai Celesti ora la pena
paghi di questa frodolenza, e apprenda
a rispettar la signoria di Giove”
(Kratos, nell’esordio del Prometeo Incatenato di Eschilo).

ALI-Alleanza Liberaldemocratica per l’Italia si presenta domani al pubblico.

Ma ha senso accostare i termini libertà e democrazia? Non si tratta forse di due categorie in netta contrapposizione tra loro?

Effettivamente, con Kratos non si scherza. Figlio di Stige e Pallante, nella tragedia di Eschilo “Prometeo Incatenato” è colui che viene incaricato da Zeus di mettere in catene ad una rupe il povero titano, reo di essere stato troppo amorevole con gli uomini.
Kratos, fin da quando il termine democrazia venne coniato nella Grecia antica, è dunque sinonimo di potere, prevaricazione, subordinazione.

In democrazia Kratos si manifesta come dominio della maggioranza sulla minoranza.
E non potrebbe essere diversamente.
Rendere vincolanti anche per la minoranza le decisioni della maggioranza è una scelta di utilità ed opportunità, volta ad evitare il conflitto.
In assenza di una simile regola, ben potrebbe infatti, la maggioranza, numericamente in vantaggio nello scontro, abbattere la minoranza per far prevalere la propria visione.

E così, di decisione in decisione, di maggioranza in maggioranza (ogni volta rideterminata a seconda della deliberazione da adottare), si potrebbe arrivare al paradosso finale di trovarsi di fronte a due soli individui in disputa. La vittoria del più forte, ultimo uomo sulla terra, determinerebbe anche l’estinzione della stessa umanità.

Se la regola della maggioranza evita il conflitto e le sue conseguenze paradossali, essa non impedisce altre forme di prevaricazione e subordinazione in danno della minoranza.

Benjamin Franklin vedeva la democrazia come “due lupi e un agnello che votano su cosa mangiare a colazione”.
Ma cosa consente a quell’agnello di non essere designato come la vittima sacrificale?
La libertà.
Benjamin Franklin inserì la libertà nella sua riflessione definendola come “un agnello bene armato” che contesta quel voto sulla colazione.
La libertà, tradotta in leggi valevoli per tutti che riconoscono diritti non comprimibili, è quell’arma. E’ l’unica cosa che consente alla minoranza di non soccombere definitivamente rispetto alle scelte della maggioranza.
E qual è, allora, il rapporto fra democrazia e libertà?
Si tratta forse di un ossimoro? No, si tratta del connubio maggiormente auspicabile.
La democrazia è una teoria del potere, mentre la libertà è una teoria dei suo limiti.
Nella Socialdemocrazia, invece, la democrazia resta una teoria del potere, mentre il socialismo una teoria dei suoi fini.
E qui sta il punto.
La libertà ed i diritti superiori ed incomprimibili che dalla stessa discendono, con valenza tanto per la maggioranza, quanto per la minoranza, costituiscono l’unica opzione in grado di rendere la democrazia la “peggiore forma di governo conosciuta, fatta eccezione per tutte le altre sino ad oggi sperimentate.
La democrazia liberale è l’unica forma in grado di limitare la violenza prevaricatrice della maggioranza. L’unica forma in grado di evitare che Kratos possa incatenare arbitrariamente Prometeo alla rupe.
Dissociate l’aggettivo liberale dal sostantivo democrazia e quello che otterrete potrebbe non essere bello.
Se invece aggiungete l’aggettivo socialista al sostantivo democrazia dovrete sperare di avere la stessa visione del fine ultimo della società della maggioranza.

Ma c’è spazio oggi, in Italia, per la Liberaldemocrazia?

ALI dichiara di volersi battere proprio per una visione della democrazia che rimetta al centro l’individuo, al quale va restituita piena libertà di agire, “per affermare le libertà civili, l’autodeterminazione degli individui e la convivenza delle opinioni e delle scelte di ognuno”, rimettendo “al centro la persona e le sue libertà e limitando l’intervento pubblico nell’economia“, intervento che si è rivelato in gran parte campo di spartizione ed usurpazione del nostro benessere.

C’è uno spazio immenso per la Liberaldemocrazia. Anzi, ce n’è un bisogno immenso.

Se pensiamo per un  attimo a dove si trova l’Italia oggi, non sarà difficile realizzare che la Liberaldemocrazia è oggi la giusta via di mezzo, quella medietà che per Aristotele rappresentava la virtù politica maggiormente auspicabile.

Perché c’è bisogno di medietà (che non equivale alla fuorviante moderazione di cui sentiamo tanto parlare oggi)?
Perché l’Italia è preda da 150 anni di due visioni estreme, entrambe sbagliate e rivelatesi devastanti: quella giacobina pedagogica ed ortopedica, nel senso che mira, con la presunzione di essere depositaria della verità, a raddrizzare ed educare il popolo, e quella dorotea, che intende la politica in modo gattopardesco e mira a detenere vischiosamente il potere per il potere in sé, in un compromesso continuo funzionale solo a mantenere lo status quo.

Queste due visioni hanno impedito negli ultimi 150 anni alla verità, alle leggi ed alle istituzioni di legittimarsi da sé, a prescindere da e prima della politica dei partiti.

Verità, leggi ed istituzioni sono sempre state in Italia subordinate al partitismo, incatenate alla rupe e trattate di volta in volta in modo funzionale alla élite di turno, divenendo così mutevoli ed incerte.

Ha ragione chi dice che in America la democrazia è arrivata prima di ogni altra cosa, prima del mercato, prima del capitalismo e prima delle commistioni pericolose fra pubblico e interessi particolari e che ciò ha fatto probabilmente la fortuna della democrazia statunitense.
Ciò ha infatti permesso alla verità rappresentata dalle leggi e dalle istituzioni di legittimarsi a prescindere dai colori politici e per questo le istituzioni americane sono più forti ed impermeabili.

In Italia sappiamo che non è così, la democrazia dell’Italia unita si è innestata a fatica e forse in maniera forzata su un paese reale che scontava ancora una notevole arretratezza culturale e che per questo, fra l’altro, non comprese appieno l’opportunità ed i vantaggi di un disegno unitario di identità e benessere nazionale.
Da allora, le élite modernizzanti non hanno fatto altro che accrescere il divario fra popolo e partiti.

Oggi c’è pertanto un disperato bisogno di medietà virtuosa, da non confondere con la moderazione che sta andando in scena con costumi che assomigliano tanto a quelli dorotei.

Qualcuno qualche tempo fa ha impiegato il felice termine “immoderazione”.
Per come sta messa l’Italia oggi, ancora relegata ai due estremi figli della rivoluzione francese e della politica della Dc degli anni sessanta e settanta, medietà, virtù e Liberaldemocrazia oggi non potranno che presentarsi sotto spoglie immoderate.

Diffidate di tutte le altre.

Benvenuta ALI.

Nasce ALI. Ma liberaldemocrazia è un ossimoro?

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